Le aspettative di inflazione negli Stati Uniti sono in calo: il mercato ritiene che gli interventi della banca centrale Usa riusciranno a spingere al ribasso i prezzi al consumo.
Il mercato si fida della Federal Reserve. Anche se le ultime indicazioni in arrivo dai prezzi al consumo e da quelli alla produzione hanno fatto storcere il naso agli operatori (in entrambi i casi il rallentamento è risultato inferiore rispetto alle stime), a livello generale l’azione della banca centrale guidata da Jerome Powell, confermato alla guida per altri 4 anni, sembrerebbe in grado di fermare la corsa dell’inflazione Usa.
Ai massimi da 40 anni all’8,3% ad aprile (era l’8,5% a marzo), l’inflazione rappresenta il primo dei pensieri della Federal Reserve: dopo l’incremento del tasso benchmark dello 0,5% messo in campo la scorsa settimana, a cui si aggiunge la riduzione del bilancio (prima -47,5 miliardi al mese, poi -95 miliardi), anche nelle prossime due riunioni la stretta è vista a 50 punti base.
Per quanto riguarda il meeting del 15 giugno, il CME FedWatch Tool valuta l’opzione +50pb all’87,2% mentre il dato si attesta all’84,9% nel caso della riunione in calendario il 27 luglio. E, alla luce di un’inflazione che sembrerebbe fare più fatica del previsto a scendere, è probabile che anche a settembre la stretta superi i canonici 25 punti base.
Gli operatori si attendono un calo dell’inflazione Usa
Oltre il 3% il 21 aprile (3,02%), le aspettative di inflazione a 10 anni misurate dal “10-Year Breakeven Inflation Rate” (T10YIE) ora si attestano al 2,59%.
Fonte: Federal Reserve Bank of St. Louis
Basato sullo “spread” tra i rendimenti nominali dei Treasury e quelli dei titoli indicizzati, si tratta di un indice che ci segnala le aspettative del mercato sull’andamento dei prezzi: questa contrazione è sinonimo di fiducia del mercato in un progressivo rientro dell’allarme-prezzi.
Il decennale Usa tende a registrare un andamento analogo: dopo esser salito al 3,2% ad inizio settimana, ora il titolo simbolo del mercato dei bond quota sotto il 2,9%.
«Probabilmente ci stiamo avvicinando al picco in termini di rendimenti», ha detto John Madziyire, senior portfolio manager di Vanguard.
“I rendimenti -ha proseguito l’esperto- possono ancora aumentare a causa dell’elevata volatilità, ma probabilmente ci stiamo avvicinando a un punto in cui i massimi in termini di rendimenti sono già stati prezzati".
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