Entra in vigore la Global minimum tax, per le piattaforme italiane entro il 31 gennaio c’è l’obbligo di comunicare i dati sulle vendite online. Tra i consumatori c’è l’allarme prezzi in aumento.
Aumentano i prezzi delle vendite online a gennaio? Questo potrebbe essere l’effetto dell’entrata in vigore delle nuove norme sugli e-commerce.
È entrata in vigore il 1° gennaio 2024 la Global minimum tax, la tassazione sulle piattaforme online con un fatturato annuo complessivo di almeno 750 milioni di dollari e sulle multinazionali. L’obiettivo è contrastare gli effetti sulla concorrenza con i “negozi” fisici ed evitare la corsa al ribasso verso aliquote basse. L’aliquota concordata tra le parti è al 15% e naturalmente la stessa si rifletterà sui prezzi di vendita dei beni.
L’Unione Europea è tra i primi firmatari che applica effettivamente la Global minimum tax, solo quando sarà a pieno regime si vedranno gli effetti sulle entrate fiscali.
Tra le prime conseguenze che potrebbero esservi per i cittadini UE e soprattutto italiani, c’è l’aumento dei prezzi praticati dagli e-commerce che tenderanno a scaricare sui consumatori la maggiore imposizione fiscale.
Vediamo quale potrebbe essere il futuro delle vendite online con l’entrata in vigore delle nuove norme.
Global minimum tax
Con l’avvento delle vendite online c’è un problema di concorrenza, infatti i prezzi praticati online sono generalmente più convenienti in quanto le multinazionali tendono a collocare la sede fiscale in Paesi in cui viene applicata una tassazione bassa. Naturalmente questo va a incidere sui prezzi e quindi aumenta di fatto il volume delle vendite. Un esempio di scelta fiscale vantaggiosa è quella di Amazon che in Europa ha la sua sede principale in Lussemburgo, Stato considerato una sorta di paradiso fiscale. Questo è solo un esempio.
La principale difficoltà per contrastare questo fenomeno è data dal fatto che un accordo fiscale per essere efficace deve essere in grado di coinvolgere molti Paesi e in effetti l’accordo sulla Global minimum tax è stato sottoscritto da 130 Paesi, è frutto di compromesso e fissa l’aliquota al 15%.
Oltre ad aver aderito l’Italia, hanno aderito tutti i Paesi dell’Unione Europea e la Gran Bretagna, sebbene uscita dall’UE.
Per l’Unione Europea si tratta di una norma rientrante nel secondo pilastro che mira a evitare la «corsa al ribasso» nell’imposizione fiscale.
In Italia, e in tutta l’Unione Europea, l’atto formale che consente l’entrata in vigore è la Direttiva Ue del 14 dicembre 2022. Segue per l’Italia, il 19 dicembre 2023, il decreto di attuazione della delega che recepisce la direttiva Ue da parte del Consiglio dei ministri.
Per l’Italia maggiori entrate fiscali
L’accordo che entra in vigore il 1° gennaio 2024, è stato sottoscritto nel 2021, secondo le stime dovrebbe generare a livello mondiale un introito fiscale di 220 miliardi di dollari, stime del New York Times.
Per l’Italia le stime sono state fatte dalla Cgia di Mestre che ha previsto un maggiore introito fiscale nel 2025 di 381 milioni di euro circa, mentre per il 2026 le entrate dovrebbero aumentare.
Naturalmente è prevedibile che la maggiore tassazione tenderà a essere spalmata, infatti, i colossi potrebbero decidere di non far ricadere solo sugli acquirenti la maggiore tassazione, ma di fatto dividere l’effetto in parte sui prezzi e in parte su minori guadagni. È certo che sui prezzi non può esservi neutralità, gli effetti potrebbero portare i consumatori a propendere per gli acquisti in negozi fisici, o almeno diminuire, il volume degli acquisti online.
Comunicazione dati piattaforme online entro il 31 gennaio 2024
Per quanto riguarda l’Italia le indicazioni operative per la Global minimum tax, o meglio sulle vendite online, sono state fornite dall’Agenzia delle Entrate e le tappe sono ben scandite.
Entro il 31 gennaio 2024 i gestori di piattaforme digitali residenti in Italia e, ad alcune condizioni, i gestori stranieri “non-Ue” (Fpo Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue ), devono inviare all’Agenzia delle Entrate i dati sulle vendite di beni e prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app nel 2023.
Successivamente, entro il 29 febbraio 2024, l’Agenzia comunica tali dati alle autorità dell’Unione Europea che a loro volta condividono con l’Italia gli stessi dati (si crea quindi un reciproco scambio di dati). L’obiettivo è evitare l’evasione fiscale da parte di chi opera online.
Rientrano nell’obbligo di comunicare i dati:
- e-commerce;
- soggetti che si occupano di affitto di beni immobili;
- offerta di servizi personali e le attività di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto.
Non sono invece sottoposti a tale obbligo i grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero.
I primi dati da comunicare sono relativi al 2023 e devono essere inoltrati entro il 31 gennaio 2024. Questo implica che gli effetti sui prezzi sono già attivi, ma gli stessi secondo le stime tenderanno ad aumentare nel tempo.
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