Voto Usa: Biden perde di sicuro la Camera, e forse pure il Senato

Glauco Maggi

1 Novembre 2022 - 08:57

Si avvicinano le elezioni di midterm e i sondaggi più recenti hanno cambiato lo scenario politico: ecco cosa sta succedendo tra Democratici e Repubblicani.

Voto Usa: Biden perde di sicuro la Camera, e forse pure il Senato

A spargere panico fra i Democratici sulle prospettive delle imminenti elezioni di medio termine per rinnovare l’intera Camera e un terzo del Senato è stato il sondaggio del New York Times (con il Siena College) del 17 ottobre. Il New York Times è insospettabile per la sua collocazione a sinistra, e i suoi lettori, per il 90% Democratici, non possono certo sindacare i suoi verdetti. Dunque, alla domanda chiave rivolta al campione di elettori “hai intenzione di votare un Democratico o un Repubblicano?”, il 49% ha risposto “Repubblicano” e il 45% “Democratico”.

Di per sé non è un vantaggio enorme per il Gop, ma solo un mese prima erano i Democratici in vantaggio, sia pure di un punto, secondo gli stessi sondaggisti. Il cambio del trend, che preoccupa Biden e il suo partito perché a una settimana dal voto dell’8 novembre è difficilmente reversibile, si accompagna ad altri numeri di dettaglio anche peggiori.

In settembre, le donne Indipendenti che tendevano verso i Democratici erano 14 punti percentuali in più di quelle pro Gop; un mese dopo c’ è stato il ribaltone, con le filo repubblicane che sono passate davanti alle filo Dem per ben 18 punti percentuali.
Poi, la Speaker Democratica della Camera Nancy Pelosi, che un paio di settimane prima si era detta convinta della vittoria del suo partito, e quindi della riconferma nella carica, ha dovuto subire il verdetto della Sfera di Cristallo. Il professore in Scienze Politiche della Università della Virginia Larry Sabato, tra i più stimati esperti di elezioni nel Paese, nel suo sito indipendente Chrystal Ball (Sfera di Cristallo) ha tradotto in previsioni numeriche l’intera rete dei sondaggi più recenti, nazionali e locali, e con ciò ha inferto un colpo decisivo alle speranze del presidente Biden di poter contare sulla maggioranza Democratica in entrambi i rami del Congresso.

Forse i Dem manterranno il Senato, ma anche qui le aspettative erano assai più rosee qualche mese fa, mentre ora crescono le speranze dei repubblicani di conquistare almeno un seggio e di salire a 51 contro 49. Con gli ultimi aggiornamenti nei sondaggi, si legge nella Sfera di Cristallo, “noi oggi stimiamo che 218 distretti della Camera -il numero magico per vincere il controllo (i distretti sono 435 in tutto NDA) - hanno come minimo la previsione, secondo il nostro Rating, di essere ‘tendenti verso il GOP’ ”.

È la prima volta, nel corso del 2022, che Sabato si sbilancia in una previsione che in pratica non lascia dubbi. “Un grande numero di gare continuano a essere competitive e aperte”, precisa Sabato, “ma il pericolo per i Dem è che queste gare si concludano con una percentuale di risultati che favoriscono il Gop in modo sproporzionato. Nell’ultima settimana quattro distretti che erano finora definiti «testa o croce» (ossia in perfetta parità di prospettive NDA) si sono spostati nella definizione ‘tendente verso il Gop’”.

Proprio grazie a questi aggiornamenti, ha concluso la Sfera di Cristallo, ora i Repubblicani godono di 218 previsioni sicure o decisamente favorevoli, contro i 195 distretti in cui si prevede la vittoria del candidato Democratico. Nei 22 distretti che restano “testa o croce”, attribuendo ai due partiti una salomonica divisione della posta, almeno 11 finirebbero al GOP. I Repubblicani salirebbero in questa ipotesi a quota 229 seggi, come dire che avrebbero un guadagno netto di 16 deputati rispetto alla situazione attuale, che vede il partito di Nancy Pelosi in controllo con un margine di soli cinque seggi.
In parallelo, Gallup segnala che la popolarità del presidente è in costante caduta: 44% favorevoli in agosto, 42% in settembre, 40% in ottobre. Il trend personale negativo per Biden si somma alla consuetudine delle elezioni di medio termine di essere un referendum sull’operato della Casa Bianca nei suoi primi due anni.

E, statisticamente, il partito che è all’opposizione boccia quello al potere: nelle 19 elezioni di medio termine che si sono tenute dalla fine della Seconda Guerra Mondiale il partito del presidente ha perso deputati in ben 17 casi, per una media storica di 27 seggi.

In estate, i Democratici avevano maturato qualche speranza di tenuta, non solo al Senato ma anche alla Camera, grazie all’influenza di Donald Trump sulle primarie Repubblicane: in effetti, alcuni candidati spinti dall’ex presidente solo per la loro adesione all’assurda tesi del “furto ai seggi nel 2020” non erano i migliori che il Gop avrebbe potuto schierare. Inoltre, gli attivisti e le femministe del partito Democratico pensavano che, come conseguenza del verdetto della Corte Suprema che aveva cancellato la sentenza storica del 1973 pro aborto, la questione della difesa di questo diritto a livello federale sarebbe stata un forte traino per convincere le donne ad andare al seggio e una motivazione decisiva per votare Democratico.
L’effetto c’era stato, sopravvalutato dai media del mainstream, ma oggi appare sempre di più un’illusione.

Sotto vari aspetti. Il primo sta nella graduatoria dei temi che sono davvero nella testa degli elettori. Un recente sondaggio dell’Harvard Center for American Political Studies ha mostrato che i tre nodi considerati dalla gente i più importanti a livello nazionale sono l’inflazione, l’economia/lavoro e l’immigrazione. In determinate aree, per esempio New York, Portland (Oregon), Minneapolis (Minnesota), Filadelfia (Pennsylvania), solo per citare qualche esempio eclatante, è la guerra alla criminalità a favorire il Gop, mentre i Dem pagano le campagne scriteriate per “togliere i fondi alla polizia”.

Gli interpellati nei sondaggi, infatti, dichiarano che mentre questi temi di rilevanza “materiale” per le famiglie sono al centro della campagna elettorale del Gop (il 17% mette l’inflazione al primo posto, in aggiunta al 12% che cita l’economia in generale), i leader Democratici sono impegnatissimi nella loro agenda incentrata sui temi da “Culture War”. Che tanto sono di estrema rilevanza tra gli attivisti liberal e i militanti Dem, quanto vengono ignorati, o esplicitamente rigettati, dal grosso dell’elettorato. Su tutti, la lotta ai cambiamenti climatici, che in concreto significa il boicottaggio, fino allo stop, dell’uso di energia fossile, petrolio e gas naturale, in un paese che ha visto schizzare del 60% il prezzo della benzina alla pompa da quando c’ è Biden.

Poi ci sono le inchieste e le audizioni in Congresso trasmesse in Tv per i fatti del 6 gennaio 2021, nella convinzione che tenere in vita il “pericolo Trump” aiuti a demonizzare tutti i candidati Repubblicani. Infine, appunto, vengono le campagne sul terreno culturale, da quella citata a difesa del diritto delle donne ad abortire, all’ultimo fronte aperto da Biden, che si è rumorosamente schierato dalla parte dei giovanissimi che vogliono cambiare sesso. Il presidente, infatti, ha impartito un ordine esecutivo al ministero della Salute per facilitare l’accesso a queste pratiche anche ai minorenni, senza obbligo di notifica ai genitori.

Sulla difesa del diritto delle donne all’aborto, comunque, la verità è che gli americani in grandissima maggioranza, di entrambi i partiti, sono sulla posizione ragionevole, all’europea, di consentirlo fino a tre-quattro mesi (oltre ai casi di salute, incesto o violenza sulla donna). Peraltro, in molte legislature degli Stati più popolosi (California, New York, Illinois) e controllati dai Democratici, ci sono da tempo leggi che hanno codificato e proteggono il diritto all’aborto, annullando l’eventualità che la sentenza della Corte lo possa mai cancellare. Del resto, la Corte ha solo ripristinato il principio che non esiste nella Costituzione un diritto ad abortire, e ciò è inoppugnabile (come ho scritto nel Blog del 4 luglio 2022). La gente, che è più centrista, moderata, indipendente di quanto possa apparire dalla immagine di estrema radicalizzazione offerta dalla stampa liberal, ha via via relegato nel posto che merita la questione dell’aborto, che è passata dall’essere importante per l’8% degli americani a luglio, al 4% di ottobre (Gallup).

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