Dalla divisione in zona rossa e gialla alle vie di fuga. Il piano di evacuazione dei Campi Flegrei esiste e ma è stato testato solo su carta. Ecco la mappa e cosa prevede il piano.
L’ipotesi di un’eruzione dei Campi Flegrei preoccupa non poco i vulcanologi e la Protezione civile, che ha già pronto un piano di evacuazione ma senza averlo mai provato (se non su carta).
Se il Vesuvio, famoso per la sua pericolosità, è costantemente sorvegliato, lo stesso discorso vale per i Campi Flegrei, un supervulcano - una caldera quiescente - che può essere più pericoloso del Vesuvio stesso.
Da anni ormai scienziati e vulcanologi studiano attentamente il sottosuolo partenopeo e la vasta area vulcanica, che dal Vesuvio, si estende ai Campi Flegrei, fino al vulcano di Ischia. Il quadro appare chiaro, benché i vulcani e il supervulcano siano quiescenti, è importante che esistano dei piani di evacuazione aggiornati.
Specialmente ora che continua lo sciame sismico che fa tremare la terra dei Campi Flegrei, solo questa mattina alle 6.42, 1° ottobre 2023, si è registrata un’altra scossa di magnitudo 2.2 e alle 8.22 un’altra scossa di 1.3.
E benché non ci siano dati scientifici che lascino pensare che un’eruzione sia vicina, è necessario parlare con responsabilità del piano di evacuazione. Ecco la mappa e cosa prevede il piano evacuazione.
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Piano evacuazione Campi Flegrei: la mappa delle zone rosse e gialle
Sono oltre un milione le persone a rischio. Stando al sito della protezione civile è possibile individuare le zone rosse e gialle, quelle più esposte al pericolo in caso di eruzione dei Campi Flegrei.
L’attuale piano di evacuazione definito dalla Protezione Civile divide l’area dei Campi Flegrei in due zone a rischio.
Sono 500mila le persone che vivono nella zona rossa, quella più a rischio di essere interessata dalle colate piroclastiche, ossia flussi di materiale magmatico e gas ad altissime temperature, per la quale l’evacuazione preventiva sarebbe l’unica misura di salvaguardia. La zona rossa vede interessate i comuni di:
- Bacoli;
- Pozzuoli;
- Monte di Procida;
- Quarto;
- Giugliano solo in parte;
- Marano solo in parte;
- Napoli, solo per alcune aree quali Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Chiaia e parte di Vomero, Chiaiano, Arenella e San Ferdinando.
Sono invece 800 mila persone quelle che vivono nella zona gialla, esposta alla ricaduta di ceneri vulcaniche e che in caso di eruzione verrebbero allontanate temporaneamente dalle abitazioni. I comuni coinvolti sono:
- Villaricca;
- Calvizzano;
- Marano di Napoli;
- Mugnano di Napoli;
- Melito di Napoli;
- Casavatore
- 24 quartieri del Comune di Napoli.
Campi Flegrei, c’è il rischio di un’eruzione?
Che un’eruzione dei campi Flegrei (dal greco antico φλέγω, phlégō, ossia “brucio, ardo”) non debba essere sottovalutata lo dice la scienza.
Stando al più recente studio condotto da Christopher Kilburn, professore di Vulcanologia presso l’University College London (Ucl), Stefano Carlino, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Osservatorio Vesuviano (Ingv-Ov), la crosta della caldera della zona vulcanica dei Campi Flegrei risulterebbe indebolita. E ne consegue che bisogna porre maggiore attenzione per valutare la pericolosità effettiva della situazione.
Lo studio pubblicato questo giugno 2023 su Communications Earth & Environment, spiega che la caldera flegrea sta attraversando un progressivo passaggio da una “fase elastica a una inelastica”, confermando che i Campi Flegrei si stiano avvicinando alla rottura. “Tuttavia, questo non significa che un’eruzione sia garantita”, ma non può nemmeno essere esclusa.
Come spiega il dipartimento di Protezione civile, l’area di possibile apertura di bocche eruttive è molto ampia: non c’è un unico cratere, e ciò rende i Campi Flegrei anche più pericolosi del Vesuvio.
Eruzione Campi Flegrei, come funziona il piano evacuazione (su carta)
Il sistema di allerta definito dal Dipartimento della Protezione Civile per i Campi Flegrei prevede quattro livelli: verde, giallo (“attenzione”), arancione (“pre-allarme”), rosso (“allarme”). Il livello di allerta può cambiare in base ai dati forniti dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in particolare dell’Osservatorio vesuviano. Ogni mese, spiega la Protezione Civile, si tiene una videoconferenza per analizzare le fenomenologie in atto e valutare la pericolosità.
Su carta, il piano di evacuazione in caso di eruzione dei Campi Flegrei si dovrebbe articolare in tre giorni, scanditi da una fase di preallarme, che consentirebbe alle persone di allontanarsi dalle proprie case, seguita poi dalla dichiarazione ufficiale di allarme con i cittadini che dovrebbero abbandonare la zona rossa. Ma vediamo il piano nel dettaglio:
- nelle prime 12 ore le persone dovrebbero prepararsi mentre si predispongono le misure di regolazione del traffico;
- nelle 48 ore successive è prevista la partenza cadenzata dei cittadini dei Comuni della zona rossa;
- le ultime 12 ore sono invece il margine di sicurezza necessario per gestire eventuali criticità e per consentire l’allontanamento anche degli operatori del sistema di protezione civile.
Campi Flegrei: un piano di evacuazione che deve essere aggiornato
Benché il piano di evacuazione sembri funzionare su carta, dovrebbe essere simulato con attenzione, per averne la certezza, soprattutto se si considera che in casi di emergenza le persone potrebbero cedere al panico. Infatti, l’ultima esercitazione di evacuazione della zona dei Campi Flegrei risale al 2019. Teoricamente nei prossimi mesi se ne dovrebbe tenere una seconda, con la speranza che possa evidenziare i punti deboli.
Punti deboli che sono stati evidenziati dagli stessi sindaci dei comuni a rischio. Infatti, a metà settembre i sindaci hanno avuto un incontro con il ministro della Protezione civile Fabrizio Curcio proprio per chiedere una revisione del piano di emergenza, interrogandosi su ciò che potrebbe compromettere il buon esito del piano di evacuazione, come la presenza di cantieri o la chiusura delle strade indicate come vie di fuga. I sindaci hanno, infatti, richiesto un aggiornamento delle vie di fuga, il controllo dello stato e della manutenzione delle infrastrutture e degli edifici, e non solo.
E ora che la terra a Napoli continua a tremare i tempi sono maturi per accertarsi che anche in pratica il piano funzioni. Sarà pur vero il detto napoletano che dice “stamm’ sott’ ’o ciel”, frase che racchiude la filosofia di vita fatalista di chi vive in zone a rischio, ma quando si parla di possibili eruzioni, Campi Flegrei o Vesuvio che sia, non si può lasciare nulla al caso.
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