L’S&P 500 è l’indice di riferimento del New York Stock Exchange, il mercato azionario più grande al mondo.
L’indice S&P 500 replica la performance dei titoli emessi dalle maggiori 500 società quotate a Wall Street ed è considerato un benchmark affidabile delle performance azionarie di tutti gli Stati Uniti. A livello accademico è usato come proxy del cosiddetto “portafoglio di mercato”, ovvero il più diversificato fra tutti i panieri possibili. La valuta di riferimento dell’indice S&P 500 è il dollaro statunitense.
Ad oggi il valore massimo assoluto dell’indice S&P 500 è stato raggiunto il 26 gennaio 2018 a 2.872,8701 punti. Il minimo assoluto dell’indice è stato raggiungo nel giugno del 1932 a 4,40 punti, va tuttavia segnalato come il minimo da quando nel 1957 il paniere ha assunto il nome di S&P 500 è stato registrato è stato registrato nell’ottobre 1957 a 38,98 punti.
Caratteristiche
L’indice S&P 500 è un paniere ponderato per la capitalizzazione di mercato dei propri componenti azionari, pertanto il peso attribuito a ciascuna azienda è direttamente proporzionale al suo valore di mercato. È stato calcolato per la prima dalla società Standard & Poor’s nel 1957. Oggi l’indice S&P 500 continua ad essere gestito da S&P Dow Jones Indices, una divisione della S&P Global.
L’indice S&P 500 è un benchmark “price return”, ovvero nel calcolo delle quotazioni non vengono inclusi i dividendi distribuiti alle società che lo compongono. Esistono anche le versioni «total return» e «net total return» dell’indice. La prima riflette gli effetti del reinvestimento dei dividendi nell’indice. La seconda incorpora gli effetti del reinvestimento dei dividendi dopo la detrazione della ritenuta alla fonte.
L’indice S&P 500 è il principale benchmark seguito da trader e gestori per monitorare lo stato di salute del mercato azionario globale e per calibrare le proprie strategie. Fra gli strumenti finanziari più utilizzati che replicano le performance dell’S&P 500 troviamo sia strumenti derivati che fondi passivi.
Il primo future sull’S&P 500 è stato introdotto nel 1982 e viene usato dagli operatori per effettuare coperture sul mercato Usa. Viene contrattato al CME, acronimo di Chicago Mercantile Exchange. Fra gli strumenti passivi il più noto è lo SPDR S&P 500, il più grande ETF al mondo con oltre 250 miliardi di dollari di asset netti.
Componenti
Le componenti azionarie dell’indice S&P 500 vengono selezionate da un comitato di esperti, lo Standard and Poor’s Index Committee. Tale comitato analizza ben 8 requisiti di eleggibilità per ciascuna società; fra questi otto i più importanti riguardano la capitalizzazione di mercato (deve essere inderogabilmente maggiore od uguale a 6,1 miliardi di $), il valore annuale in dollari scambiato sulla capitalizzazione di mercato corretta per il flottante deve essere superiore a 1 e, infine, il volume mensile medio di trading sul titolo deve essere superiore a 250.000 azioni per ognuno dei sei mesi che precedono la data di valutazione.
L’indice S&P 500 include tutti i titoli delle 30 società appartenenti al Dow Jones Industrial Average, più altri 470. Tra le 470 società addizionali vi sono nomi altisonanti della corporate statunitense appartenenti ai settori più eterogenei. Fra le principali azioni vi sono Apple, Google, Oracle, Qualcomm, Bank of America, PepsiCo, Berkshire Hathaway del guru Warren Buffet solo per citarne alcune.
Cenni storici e curiosità
La società Standard & Poor’s è nata ufficialmente nel 1941 in seguito alla fusione fra la Poor’s Publishing, fondata nel 1860 da Henry Varnum Poor, e Standard Statistics, fondata nel 1906 come Standard Statistics Bureau.
Esistono versioni precedenti al 1957 dell’S&P 500. Nel 1923 l’S&P 500 era conosciuto come “Composite Index” e dal 1926 il benchmark replicava l’andamento di circa 90 società quotate negli Stati Uniti. Nel giugno i mesi del 1932, all’apice della crisi finanziaria scoppiata nel 1929, il paniere ha toccato il suo valore più basso in assoluto a 4,40 punti. Dal 1957 è stata introdotta la versione dell’indice come la conosciamo oggi.