La questione Afghanistan preoccupa sempre di più. I talebani sono entrati a Kabul, ma quali sono gli errori commessi che hanno condotto a questa situazione?
L’avanzata inarrestabile dei talebani ha scosso profondamente l’Afghanistan che in pochi mesi ha visto crollare la propria stabilità geopolitica, faticosamente ricreata.
Con una velocità impressionante quasi l’intero Paese è stato preso dalle milizie jihadiste e oggi i Taliban sono riusciti a penetrare anche Kabul, la capitale, nonché ultimo baluardo del governo afghano.
Quella che per molti è sembrata una notizia improvvisa e inaspettata è stata in realtà una tragedia annunciata. Quando il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva deciso di ritirare le truppe americane impiegate da vent’anni sul suolo afghano, gli analisti avevano scorto il rischio di una possibile avanzata.
La decisione di lasciare un Paese dove i talebani controllavano ancora una buona metà del territorio è sembrata rischiosa agli occhi degli esperti. Tuttavia, nemmeno nei loro peggiori pronostici ci si aspettava che le città cadessero così velocemente, specialmente la capitale.
L’avanzata talebana sicuramente è frutto di molti errori politici commessi dagli Stati che hanno lasciato la strada libera agli «studenti coranici»; cerchiamo di capire quali sono stati gli attori principali in questa vicenda.
I rapporti tra l’America e l’Afghanistan: gli accordi di Doha
La situazione in Afghanistan è da sempre uno dei rompicapi con cui le amministrazioni dei presidenti americani si sono dovuti confrontare, e solo con i trattati di pace di Doha la situazione sembrerebbe essersi risolta per gli USA.
Eppure, secondo Ahmed Rashid, esperto pakistano, autore del libro «I Talebani», la causa di questa situazione è da imputare agli “errori di molti” e tra questi ci sono proprio i negoziati.
Con i trattati di Doha firmati da Usa e talebani, ricorda l’esperto, si è legittimata la presenza talebana sul territorio. Rashid ricorda anche le «concessioni» ai talebani, come la scarcerazione di 5.000 membri dell’organizzazione in cambio della scarcerazione di 1.000 afghani.
In cambio i talebani avrebbero dovuto interrompere i propri legami con al-Qaeda e iniziare una dialogo diplomatico con il governo afghano, rivelatosi del tutto infruttuoso.
La legittimità internazionale concessa dagli accordi, avrebbe rafforzato i talebani, che nel frattempo hanno raggiunto un’indipendenza economica tale da potersi autofinanziare. Gli americani sarebbero tra i primi colpevoli per aver ignorato la reale situazione, trattando i talebani come una normale «foreign entity», un ente straniero.
In questo modo gli Usa si sono dimenticati della pericolosità dei talebani, guardando solo al ruolo vantaggioso che potevano ricoprire: essere i garanti contro attentati terroristici, non solo di al-Qaeda ma anche dell’Isis. Infatti talebani e combattenti dell’Isis, per ragioni ideologiche, si trovano sui lati opposti a combattersi fra di loro.
Il governo afgano e Ashraf Ghani
L’altro grande attore, insieme all’America, ad aver ricoperto un ruolo chiave è, ovviamente, il governo afghano. Negli ultimi vent’anni la presenza militare americana avrebbe comportato un’inazione del governo afghano, in maniera sistemica.
In questo modo si è venuta a creare una condizione di “atrofizzazione” di attività per una pianificazione pro attiva. Il Presidente afgano, Ghani, è stato accusato di non avere sviluppato piani per fronteggiare i talebani.
Infatti, l’esercito e la polizia afgana, davanti all’avanzata talebana, non sono riusciti a reagire dimostrando di non essere organizzati e addestrati a sufficienza per contrastare gli studenti coranici nonostante i grandi sforzi fatti negli ultimi vent’anni da parte delle milizie e le truppe della Nato. A Herat, ad esempio, l’esercito italiano per vent’anni ha addestrato le truppe afgane.
Il governo, inoltre, sembra essere anche molto lontano da diversi gruppi e comunità del paese, le minoranze, che negli anni hanno creato delle proprie milizie in funzione anti-talebana, gruppi mai del tutto smantellati dopo il 2001. Il rischio è anche quello, quindi, che si torni agli anni Novanta, quando le milizie rivali uccisero migliaia di civili e distrussero alcune parti di Kabul.
Il Pakistan: un attore a due facce
Il Pakistan, secondo Rashid, avrebbe svolto un ruolo importante nel sostenere i talebani, parlando della “duplice” politica di Islamabad:
- Una “politica pubblica”, per il sostegno al processo di pace e ai colloqui di Doha.
- Una “politica sotterranea” che ha continuato a sostenere i talebani.
È notizia di pochi giorni fa, infatti, che in Peshawar molte persone si siano raccolte spontaneamente per strada, festeggiando la “vittoria dei talebani afghani”.
Nessuno può credere che questa strategia militare che è stata tanto brillante ed efficace sia frutto solo dei talebani.
In questo quindi sembrerebbe intendere che la strategia militare potrebbe essere stata pianificata da un gruppo molto professionale di esperti militari.
La Cina: un attore silenzioso
Infine, sulla cartina geopolitica bisogna guardare anche alla Cina, il gigante asiatico che non si è mai impegnato militarmente sul terreno afghano, ma che ha sempre guardato alle ricchezze e risorse del paese, preoccupandosi periodicamente della sua stabilità.
A fine luglio, infatti, il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha accolto a Tianjian una delegazione di talebani, guidata dal capo dell’ufficio politico di Doha, il mullah Abdul Ghani Baradar, per ascoltare e avanzare richieste agli studenti coranici.
Il Ministero degli Esteri cinese ha subito dichiarato che il ritiro delle truppe statunitensi e della Nato sia la prova del fallimento della politica statunitense: Inoltre, ha voluto precisare il ruolo chiave dei talebani in Afghanistan:
I talebani afghani sono un’importante forza militare e politica in Afghanistan e si prevede che svolgano un ruolo importante nel processo di pace, riconciliazione e ricostruzione del Paese.
Gli interessi della Cina sono, quindi, principalmente due:
- assicurarsi che l’Afghanistan non intraprenda atti dannosi per la Cina;
- assicurarsi della stabilità del paese per continuare a coltivare i propri interessi economici.
La posizione dell’Afghanistan gioca infatti un ruolo chiave per il successo dei progetti di infrastrutture energetiche e di trasporto nelle regioni economiche dell’Asia meridionale e centrale. Il piano cinese sarebbe quello di estendere il corridoio economico Cina-Pakistan all’Afghanistan nell’ambito appunto della Belt and Road Initiative. Interessi che conducono un altro grande paese a negoziare con i talebani legittimandone il potere.
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