Con l’introduzione dei nuovi criteri di calcolo dell’ammontare dell’assegno di divorzio si è fatta una stima di quanto potrebbe essere la cifra media versata per questo contributo all’ex coniuge: questa cifra varia molto da regione a regione.
I criteri di calcolo dell’assegno di divorzio sono cambiati a seguito delle decisioni della Cassazione sul riferimento al “precedente tenore di vita”. Secondo recenti analisi il contributo da versare all’ex coniuge si aggira in media attorno ai 500 euro al mese.
A elaborare e rivelare i dati è il Sole 24 ore che si è basato sugli importi delle dichiarazioni dei redditi 2017 calcolando così a cosa si fa riferimento di preciso quando si parla di tenore di vita; un primo dato che va considerato è che rispetto alle precedenti rilevazioni, risalenti al 2008, i valori sono notevolmente più bassi con un calo del 6% circa.
L’importo dell’assegno varia a seconda della regione di riferimento con picchi maggiori nel nord del Paese: il contributo supera i 600 euro in Lombardia e nel Lazio, mentre è inferiore a 400 euro nella maggior parte delle regioni meridionali (Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise).
Le cifre
Il 53% dei divorzi in Italia prevede anche l’assegno di mantenimento secondo quanto rivelano dati Istat 2015 ma solo il 7,3% è destinato all’ex coniuge (che nel 93,6% dei casi è la moglie), mentre il 39,1% è riservato ai figli e il restante 6,9% riguarda entrambi.
Ma a quanto ammonta tale contributo e quali fattori influiscono sull’ammontare dello stesso? Dai dati rilevati dal giornale risulta evidente che l’ammontare dell’assegno di divorzio in base ai nuovi criteri rispecchia il livello di ricchezza della popolazione.
In Lombardia il contributo mensile è di 678 euro in media ossia il doppio rispetto al Molise. In tutte le regioni del sud invece le cifre non vanno oltre i 500 euro, ammontare che al nord viene superato da ogni regione, eccezion fatta per il Friuli Venezia Giulia e la Liguria.
La vicenda legale
Il riferimento al “precedente tenore di vita” tra i criteri di assegnazione dell’assegno e del suo ammontare era stato abolito dalla Cassazione solo l’anno scorso con la sentenza cosiddetta Grilli (dal nome dell’ex ministro, la n. 11504/2017).
Secondo questo parere della Suprema Corte quindi l’ex coniuge autosufficiente avrebbe dovuto provvedere autonomamente a se stesso anche dopo il divorzio a prescindere da qualsiasi altro fattore; solo nel caso di mancanza di autosufficienza il coniuge avrebbe dovuto corrispondere un assegno di natura assistenziale.
Solo con la successiva sentenza dell’11 luglio 2017 la Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che l’assegno non avrebbe dovuto avere solo carattere assistenziale ma anche compensativo e perequativo.
I nuovi criteri
Negli anni quindi la Suprema Corte aveva ridimensionato il valore della precedente situazione economica dei membri della coppia mettendo così da parte la necessità di una “ricostruzione puntuale” del patrimonio familiare e della sua formazione.
Ora invece le Sezioni unite facendo leva sul contributo alla vita familiare e negando l’autosufficienza economica come unico criterio da prendere in considerazione hanno rivisto nuovamente i criteri di calcolo dell’assegno divorzile.
Il giudice quindi è di nuovo l’unico a poter decidere caso per caso l’ammontare del contributo facendo riferimento alla formazione della ricchezza familiare complessiva e dell’altro coniuge. Inoltre tali dati andranno integrati con una valutazione di altri fattori quali la durata del matrimonio, l’età del richiedente e il potenziale reddito futuro.
In base a questi criteri quindi si è potuta fare una stima dell’eventuale ammontare dell’importo medio dell’assegno di divorzio in Italia a seguito di questa pronuncia.
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