A gennaio il democratico Joe Biden solcherà la soglia della Casa Bianca. Tra i capisaldi della sua agenda la lotta al cambiamento climatico, che prevede anche un maggior supporto governativo al ramo elettrico dell’automotive: gli scenari.
Non è un mistero che le politiche ambientaliste non abbiano mai riscosso un particolare successo tra i cuori repubblicani. Ma ora, con la vittoria di Joe Biden alle ultime elezioni presidenziali, i democratici si preparano a tingere di verde gli Stati Uniti.
In un’agenda intrisa di misure green volte a contrastare il cambiamento climatico, spiccano anche gli incentivi per rafforzare il segmento elettrico dell’automotive a stelle e strisce. Un intervento atteso, questo, poiché aldilà dei roboanti successi di Tesla le auto elettriche non hanno propriamente attecchito nel mercato USA.
Una questione di “supply chain”, ovvero del mancato controllo di quella catena di distribuzione – dalle batterie alle loro componenti – che ha invece arricchito il mercato cinese: non passa giorno che nella terra del Dragone non spunti una nuova fabbrica, evidenziando le ambizioni di leadership del Governo di Pechino nel comparto elettrico dell’automobile.
Ma se lo spirito repubblicano di Donald Trump ha favorito questo trend, la riscossa politica dei democratici potrebbe riportare gli Stati Uniti al tavolo della mobilità del futuro. In tal senso, lascia ben sperare la nomina dell’ex governatrice del Michigan, Jennifer Granholm, a capo del ministero dell’Energia: la sua conoscenza dell’industria di Detroit potrebbe infatti essere una componente cruciale per rafforzare il segmento green del settore automobilistico.
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Le aziende asiatiche che producono veicoli elettrici hanno avuto sin qui un notevole vantaggio rispetto ai loro competitor occidentali. Istituzioni finanziarie legate ai rispettivi Governi – soprattutto in Cina e in Giappone – concedono infatti prestiti a costo zero per l’estrazione mineraria o la costruzione di nuove fabbriche.
Durante la campagna elettorale Joe Biden non ha escluso un simile orientamento anche da parte di Washington, dicendosi a più riprese favorevole ad un taglio delle tasse pari al 10% per le imprese disponibili a produrre le componenti delle automobili elettriche all’interno dei confini nazionali.
Un tentativo, questo, di strappare a Pechino il controllo della catena di distribuzione, sebbene la Cina continui laboriosamente a incrementare la sua fetta di torta. In tal senso, il ministero dell’Energia statunitense dovrebbe calibrare i futuri investimenti verso quelle tecnologie già testate per produrre le batterie e le componenti necessarie al loro assemblamento.
Non è escluso, oltretutto, che la nuova amministrazione Biden solleciti alcune aziende internazionali a trasferire le loro attività d’estrazione mineraria negli Stati Uniti. Da quanto si apprende, un dialogo è da tempo aperto con i partner australiani, la cui competenza sul campo potrebbe favorire il reperimento del litio e di altre componenti cruciali nel Paese.
Ma per un completo rovesciamento dello status quo e un rafforzamento dell’attività mineraria negli Stati Uniti sarà necessario il supporto del Congresso, che dovrà focalizzarsi su quel American Minerals Security Act teso a facilitare l’approvvigionamento degli elementi chiave.
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