Gli avvocati italiani sono sempre più numerosi ma anche più poveri. Quali sono i motivi? E quali le soluzioni?
Diventare avvocato in Italia non conviene, o almeno non più.
E’ quanto emerge dall’indagine riportata dal Corriere del Veneto secondo cui i fatturati negli ultimi anni sarebbero calati del 30/40%.
Gli avvocati in Italia sono sempre di più, ma guadagnano di meno rispetto a una volta. Proprio la crescita esponenziale della classe forense, infatti, avrebbe contribuito ad accrescere le difficoltà economiche che i professionisti si trovano ad affrontare «perché l’offerta supera di gran lunga la domanda», come riporta il quotidiano Veneto.
A testimoniare le difficoltà economiche in cui versano i giovani avvocati, considerati i nuovi poveri, è il numero di legali che decide di abbandonare la professione: solo l’anno scorso, infatti, sono stati ottomila gli avvocati che hanno chiesto la cancellazione dall’albo.
Il motivo che porta molti avvocati a dire addio al proprio titolo è da rinvenirsi nelle difficoltà riscontate nel pagare i contributi minimi richiesti dalla Cassa Forense.
Se una volta diventare avvocato assicurava buone possibilità di guadagno, ora non sembra più essere una scelta conveniente.
Avvocati, perché molti chiedono la cancellazione dall’albo?
Cosa porta molti avvocati, in Italia, a chiedere la cancellazione dall’albo dopo anni di duro studio? A incidere sono le spese che gli avvocati devono sostenere annualmente per poter iscriversi all’ordine.
Ogni anno, infatti, gli avvocati italiani pagano alla Cassa forense 4 rate da 850 euro, per un totale di circa 3500 euro. A essere penalizzati sono soprattutto gli avvocati più giovani, che sono costretti a lavorare spesso percependo stipendi bassi a causa dell’alta concorrenza. Molti di loro, infatti, non riescono a sostenere le spese fisse richieste per poter essere iscritti all’ordine.
A tal proposito il Presidente dell’Ordine di Treviso, Massimo Sonego, ha rivelato che solo nel 2016 sono stati spediti un centinaio di solleciti, mentre una volta i solleciti di pagamento potevano contarsi sulle dita di una mano.
Avvocati, perché in Italia sono sempre più poveri?
Quali sono i motivi che hanno portato gli avvocati ad essere i nuovi poveri? Sicuramente la causa principale è da rinvenirsi nel grande numero di giovani che accedono alla professione, creando concorrenza. Il numero di professionisti, infatti, è superiore rispetto alla domanda di servizi.
Non solo. Negli ultimi anni altre figure professionali si sono affermate sulla scena, rosicchiando in questo modo ampie fette di mercato. Si tratta ad esempio dei servizi offerti dalle agenzie infortunistiche, dai commercialisti, dai notai e sempre più spesso anche dai geometri.
Avvocati, quanto guadagnano in Italia?
Ma quanto guadagna, in media, un avvocato in Italia? In base ai dati resi noti dalla Cassa forense e riferiti al 2015 i redditi professionali degli avvocati fino ai 45 anni di età risultano inferiori 30.000 euro annui, facendo registrare 14.000 euro in meno rispetto al 2007.
A risentire di più di questa situazione di crisi sono in particolar modo gli avvocati under 30: si stima che i giovani guadagnino meno di 10.000 euro l’anno e l’8,1% degli avvocati dichiara addirittura di avere un reddito pari a zero euro.
Differenze sostanziali vengono registrate inoltre nel confronto tra nord e sud e tra uomini e donne: sono le regioni meridionali e il sesso femminile ad avere la peggio.
Avvocati, chi guadagna di più?
Tra gli avvocati a guadagnare di più sono gli avvocati divorzisti, anche grazie all’aumento delle causa di divorzio. Anche questa categoria, tuttavia, non è immune alla crisi del settore: la concorrenza ha provocato infatti una riduzione dei prezzi e l’entrata in vigore del divorzio breve snellisce di molto le procedure, consentendo in alcuni casi anche il divorzio senza avvocati.
Avvocati, quali sono le possibili soluzioni?
Tra le possibili soluzioni ventilate per la ripresa del settore la più efficace è quella che propone il contenimento del numero di avvocati. Tale contenimento può essere realizzato attraverso l’istituzione dell’accesso a numero chiuso nella facoltà di Giurisprudenza. Tra le ipotesi al vaglio anche la previsione di un turnover per sostituire gli avvocati che vanno in pensione con quelli che iniziano l’attività, in modo che il numero resti bilanciato.
L’obiettivo, infatti, dovrebbe essere quello di contenere l’offerta affinché questa non superi la domanda di servizi.
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