Banche: obbligazionisti subordinati in pericolo, ecco perché

Livio Spadaro

9 Luglio 2016 - 09:00

Continua l’acceso dibattito su come risolvere il deteriorato stato delle banche italiane. L’intervento pubblico sembra la via necessaria, ma a quale prezzo?

Banche: obbligazionisti subordinati in pericolo, ecco perché

Ieri è stata una seduta di grande euforia per le Borse del Vecchio Continente sulla scia delle dichiarazioni contrastanti e confusionarie rilasciate da manager bancari, politici italiani ed europei e testate giornalistiche internazionali (come ad esempio l’Economist).

Da un lato, alcuni ritengono che all’Italia debba essere concessa una deroga alle attuali politiche europee sui salvataggi bancari mentre altri continuano a sostenere, come ad esempio il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che non debba essere concessa alcuna flessibilità.

Il tutto in vista dei delicati risultati degli stress test bancari condotti dalla BCE che termineranno il 29 luglio e dai quali ci si aspettano sorprese in negativo.

La delicata situazione di Montepaschi richiama alla mente un precedente di una banca olandese, la Sns, andata in default qualche anno fa mentre l’attuale presidente dell’Eurogruppo era ancora ministro delle finanze in Olanda. Vista la situazione, c’è da aspettarsi che qualcosa di simile possa verificarsi anche in Italia il tutto, ovviamente, a scapito dei risparmiatori.

Borse: venerdì nuove prese di profitto dopo NFP e dichiarazioni su banche

Venerdì è stata una giornata di prese di profitto sui mercati finanziari europei, con i listini continentali in forte rialzo trainati dal rialzo dei titoli bancari. Il Ftse Mib non solo ha seguito l’andamento di quelli europei ma, come di consueto in queste situazioni, ha sovraperformato gli altri indici vista la delicata situazione dei titoli bancari.

A proposito del Bel Paese, in questi giorni numerosi esponenti politici e non, sia italiani che europei, stanno rilasciando dichiarazioni su come risolvere l’intricata e delicata situazione delle banche italiane.

L’enorme peso dei non-performing loans, ormai arrivato al culmine data l’errata rettifica nei bilanci degli istituti di credito nostrani, preoccupa le autorità europee che temono un contagio.

Banche: Europa spaccata sull’intervento dello Stato

Tralasciando il fatto che non se la passano bene anche altre banche europee, due su tutte Credit Suisse e Deutsche Bank come sottolineato dallo stesso Fondo Monetario Internazionale, cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi? In attesa di scoprire i risultati degli stress test della BCE che si avranno il 29 luglio, giorno di conclusione degli stessi, è difficile ipotizzare che possa esserci una deroga alle attuali normative europee.

E’ vero che ci sono sostenitori della garanzia statale sulle ricapitalizzazioni bancarie, come ad esempio Victor Constancio della BCE, ma è vero anche che le forze “contro” sono forse di maggior peso.

Il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, si è mostrato piuttosto intransigente sul merito. Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, si è limitato ad avvertire la Commissione Europea di agire al più presto per evitare che i singoli Stati decidano di agire in sprezzo alle normative europee.

Commissione UE ammonisce Spagna e Portogallo

In tutto questo contesto, la Spagna e il Portogallo sono stati avvertiti dallo stesso Dijsselbloem e da Pierre Moscovici di esseresi scostati troppo dalle regole europee sul deficit/PIL.

Questo, almeno in teoria, significherebbe che i due Paesi membri dovranno incorrere in sanzioni, per niente leggere da regolamento, che facciano in modo da convincere i rispettivi governi a rientrare nei parametri europei.

Come finirà questo è da vedere, ma non è secondario visto che il precedente Brexit potrebbe avere la funzione di “grilletto” per nuove uscite europee soprattutto in quei Paesi di gran lunga avversi alle politiche di austerity e alla burocrazia UE. Questa tuttavia è un’altra storia ma andava menzionata perché avrà di certo un peso nei prossimi mesi.

Banche: la storia di Sns, quarta banca d’Olanda

Tornando al sistema bancario italiano, c’è un caso simile nella Storia europea e proviene dall’Olanda. La Sns, quarta banca olandese all’epoca (di cui Dijsselbloem era ministro delle finanze), si ritrovò nel 2013 a navigare in cattive acque. Tuttavia, guardando ai parametri come il CET1 ratio ed i rating assegnati dalle agenzie non sembrava poi che Sns stesse poi troppo male.

Il CET1 era al 9,6% mentre solo Moody’s aveva assegnato un rating da speculazione (Ba2). Eppure, Sns era in crisi nera e l’allora ministro delle finanze decise di azzerare gli obbligazionisti subordinati (con la volontà di farlo anche per i senior, poi accantonata per non destabilizzare il mercato) e ovviamente gli azionisti.

Il tutto salvò 1 milione di correntisti, ma azzerò tutti i risparmiatori (di cui una minoranza erano anche italiani).

Banche: soluzione di mercato è difficile

Il ministro delle finanze italiano, Pier Carlo Padoan ed il premier Matteo Renzi, continuano a sostenere che invece in Italia si possa salvare il tutto con soluzioni di mercato.

Contando le sbagliate rettifiche dei crediti deteriorati, l’ammontare netto dovrebbe essere di gran lunga superiore a quello dichiarato sinora dagli istituti di credito (l’offerta del fondo Apollo per gli NPL di Carige può dare conferme sulla reale valutazione del mercato).

Ciò vuol dire che una soluzione finanziaria in stile Atlante non reggerebbe in primis e oltretutto non è detto che chi ha partecipanto ad Atlante 1 voglia farlo ancora (come ad esempio il CEO di Intesa SanPaolo Carlo Messina).

Una soluzione di mercato rischierebbe di contagiare la parte sana del sistema bancario in un momento di deterioramento (con possibile peggioramento viste le dinamiche macroeconomiche internazionali) da un lato mentre le banche su cui intervenire rischierebbero comunque di dover svalutare parecchio i NPL. Quindi l’unica soluzione vera sarebbe un intervento pubblico.

Banche: quale futuro con l’intervento dello Stato?

Per poter attuare un salvataggio pubblico, l’articolo 32 della direttiva BRRD è chiara: lo Stato può intervenire con iniezioni di capitale per carenze stabilite negli stress test.

I risultati di questi ultimi si avranno alla fine di luglio e non riserveranno sorprese promettenti per gli isitituti di credito italiani (nel particolare Unicredit e Montepaschi).

La deroga al bail-in, vista l’intransigenza delle autorità europee è con ogni probabilità da scartare (un precedente potrebbe far comodo in futuro a qualcun altro).

Quindi, ci saranno da aspettarsi aumenti di capitale iperdiluitivi (dolorosi per gli azionisti) e conversioni di obbligazioni subordinate in azioni (quindi stessa sorte degli azionisti). Con l’augurio che ciò non avvenga, è consigliabile evitare investimenti, per ora, sui titoli azionari bancari (anche obbligazionari con ogni probabilità).

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