Perché è importante lavorare sul personal branding, puntare sulla propria autorevolezza. e ispirare fiducia negli altri.
Ci siamo mai chiesti quante vite abbiano gli altri e quante ne vorremmo noi? È una domanda che nel corso di questo ultimo decennio mi sono posta spesso e volentieri e sempre dopo un’immersione significativamente lunga nella varie piattaforme social a cui sono iscritta. La risposta che mi do è sempre la stessa: nella maggior parte dei casi si riversa sulla propria identità digitale tutto ciò che vorremmo, quell’idea di perfezione, inarrivabilità e, perché no, anche d’invidia che coccola e gonfia l’ego fino a renderlo ipertrofico in alcuni contesti.
A farla da padrona incontrastata, quindi, non è la consistenza bensì l’apparenza. Il personaggio creato intorno a noi batte la persona uno a zero e senza palla al centro. Quello che spesso non ci domandiamo con accuratezza e serietà, però, è se davvero un’immagine falsata di noi stessi dove selfie, gattini (vanno ancora di moda) indimenticabili cene e vacanze che generano un susseguirsi quasi inarrestabile di like, cuoricini, baci e abbracci, ci rendano davvero una persona affidabile e autorevole nel nostro lavoro.
Chiaramente se la nostra vita digitale non ha finalità professionali o non siamo alla ricerca di un lavoro o di clienti, va bene così. Tutto cambia, però, se i nostri piani editoriali coincidono con le necessità di business; di conseguenza sarebbe opportuno mutare anche l’approccio e puntare su autorevolezza e qualità di quello che proponiamo e per un motivo molto semplice: “abbiamo l’esigenza di creare un brand di noi stessi e possiamo farlo comunicando ciò che ci differenzia, ossia competenza, stile e unicità”.
Con una piccola licenza poetica per la quale confido nella bonomia dell’autore, ho preso in prestito le ultime parole da “Fai di te stesso un brand”, ultima creatura di Riccardo Scandellari edita da Dario Flaccovio Editore. La lettura del testo che è una riedizione aggiornata del 2014 e la conseguente chiacchierata con lo scrittore sono state una preziosa fonte di riflessioni e stimoli interessanti.
Conosci te stesso e anche gli altri
La visione di noi stessi è spesso falsata dalla percezione che abbiamo del nostro ego; in qualche modo tale tratto influenza e simpatie e antipatie che possiamo provare e alla fine “il modo in cui ci vediamo influenza come il mondo ci vede e viceversa”. Arrivati a questo punto possiamo imboccare due strade: o restare così come siamo, forti delle nostre convinzioni o fare un percorso diverso che ci porti a una conoscenza di noi stessi un poco più approfondita.
A chi ha fatto studi classici l’esortazione “conosci te stesso” non è nuova ma è sempre bello riscoprirne il significato: riconosci chi tu sia, quale siano le tue peculiarità, la tua umanità e applica tale esercizio anche alla conoscenza dell’altro perché è proprio “il sapere” che ci rende liberi e pieni. Conoscere e saper farsi riconoscere è sicuramente uno dei tasselli primari per il proprio personal branding che altri non è, semplificando al massimo, come una persona voglia essere percepita dagli altri. Una definizione molto asciutta e diretta che implica, però, nella pratica una profonda disciplina e volontà di migliorarsi.
Nel libro l’autore ci invita a farlo uscendo dalla nostra cerchia dei “legami forti” come se dovessimo metterci a nudo dinanzi a noi stessi per la prima volta e fossimo chiamati ad accogliere e prendere consapevolezza dei nostri confini; meravigliosi confini, aggiungerei perché sono proprio questi limiti che ci danno la misura e il giusto spazio per accogliere l’altro e che ci rendono veri e autentici. Ecco, quindi, che succede un qualcosa di magico.
Siamo “visti”, distinti e scelti per quel valore aggiunto che portiamo, per quella soluzione che proponiamo e che si basa su una reale esigenza e non è tratta da un manuale teorico. Siamo apprezzati per la nostra professionalità e serietà perché diveniamo riconoscibili e il like che riceviamo, questa volta, è per la consistenza e non per l’apparenza. In questo cambio di prospettiva abbiamo realizzato un grande lavoro su noi stessi e sul nostra brand personale. Soprattutto, alla fine, non temiamo di dire “grazie” perché come scrive Scandellari “qualsiasi azione a tuo vantaggio si realizza sempre quando è coinvolta la parola ‘grazie’”.
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