Il futuro del lavoro vedrà le persone al centro? Le nuove forme organizzative saranno la base per costruire una società migliore? Ci attende una grande sfida e ne abbiamo parlato con Stefano Besana.
Il lavoro è una parte fondamentale della vita di tutti noi che, volenti o nolenti, ha visto un vero e proprio scossone negli ultimi due anni insieme l’organizzazione della nostra quotidianità, ma come giustamente sottolinea il futuro ed esperto di organizzazioni collaborative Jacob Morgan “le organizzazioni hanno dovuto reinventarsi maggiormente negli ultimi 23 mesi che negli ultimi venti anni”. Non è più una novità che le imprese abbiano scoperto la possibilità di portare avanti il lavoro (e di conseguenza la produttività) anche restando a casa, pubblica amministrazione compresa. Stando secondo una nota Istat della fine dello scorso anno e riferita all’anno che ha dato origine al tutto la produttività è aumentata dell’1,3% specie nei settori finanziari e dei media.
Produttività, però, fa rima con soddisfazione e motivazione delle risorse coinvolte? Sono sufficienti due anni di lavoro da remoto, impropriamente chiamato smart, per dirsi completato un cambiamento dei modelli lavorativi e organizzativi? Evidentemente no dal momento che spostare solo il luogo fisico del lavoro - da ufficio ad abitazione privata non sempre adeguate per accogliere la routine professionale di una o più persone - senza piani di formazione, una corretta distribuzione delle responsabilità e visione condivisa dell’azienda rischia solo di creare più frustrazione nelle risorse.
Ce lo spiega bene Stefano Besana, autore di Future of Work: le persone al centro edito da Hoepli. Una guida ragionata che ha l’obiettivo di far comprendere i vari vulnus delle attuali organizzazioni e cosa si potrebbe fare per disegnarne di nuovi, tenendo sempre a mente che un ambiento di lavoro sano ha ripercussioni positive sulla vita di ciascuno di noi, sull’economia e sull’intera società.
Purpose e flow
Lo avevamo visto già lo scorso anno con Silvia Zanella e in un altro contesto con Giovanna Carucci, avendone la conferma anche con Besana: i concetti di purpose e flow sono cardini fondamentali se si vuole ripensare a un modello organizzativo vincente e, soprattutto, premiante per le persone.
Concetti base, quindi, che hanno a che fare con la leadership e a quella capacità di animare il proprio team e tenerlo agganciato perché sceglie di farlo e vuole continuare ad avere senso di appartenenza verso il progetto comune. Comprendiamo, quindi, quanto sia fondamentale la condivisione di visione e missione verso cui navigare insieme e, in particolar modo, essere totalmente immersi nel flow (flusso); nozione mutuata dal linguaggio psicologico e introdotta da Mihály Csíkszentmihályi nel 1975 che traduce la totale immersione e focalizzazione della persona su uno scopo e il corrispondente stato di gratificazione che prova nel perseguirlo. Se ci pensiamo bene, la maggior parte delle persone cercano in un posto di lavoro non solo una retribuzione maggiore ma anche un ambiente sano, stimolante che le sappia valorizzare. Una risorsa felice, centrata e soddisfatta è un elemento positivo anche nella società e questo significa benessere sotto ogni punto di vista.
Nel libro di Besana viene narrato un aneddoto che sintetizza meglio di qualunque ragionamento tutto ciò: a due manovali fu posta la stessa domanda mentre facevano un lavoro di fatica. La risposta dei due fu diametralmente opposta perché uno asserì di “trasportare pietre” mentre il secondo affermò di “stare costruendo una cattedrale”. Come scrive l’autore “una contestualizzazione di senso del lavoro davvero notevole” dove ciascuno è al centro e parte determinante del flusso.
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