COVID-19: un infermiere di Cremona racconta del ritorno dei pazienti ricoverati con grave sintomatologia. Ma l’azienda sanitaria lo smentisce.
AGGIORNAMENTO 13 luglio 2020 - La vicenda raccontata dall’infermiere Luca Alini è stata prontamente smentita dall’ASST di Cremona. La struttura, infatti, ha smentito il ritorno dei pazienti ricoverati con COVID-19 tramite un post pubblicato su Facebook dal Direttore Sanitario Rosario Canino:
Attualmente i pazienti ricoverati con coronavirus sono 10. La nostra Terapia Intensiva è “Free” da più di tre settimane. No ad allarmismi privi di fondamento. Sì al senso di responsabilità e al rispetto delle norme di prevenzione (mascherina, lavaggio mani e distanziamento).
Fonti ufficiali, quindi, smentiscono quanto sostenuto da Luca Alini (di cui potete leggere nel proseguo dell’articolo), il quale però in diverse interviste pubblicate da quotidiani nazionali continua a sostenere la sua tesi, difendendosi da chi lo accusa di procurato allarme.
COVID-19: l’epidemia sta davvero rallentando?
Secondo la testimonianza di un infermiere vi è ancora uno stato di massima allerta in quanto gli ultimi eventi ci dicono che l’emergenza potrebbe anche ripartire in fretta.
Secondo l’ultimo bollettino della Protezione Civile le persone che risultano essere ancora positive al COVID-19 sono 13.428, di cui 273 in più rispetto al giorno precedente. È vero che la maggior parte di questi sono asintomatici e che le terapie intensive degli ospedali non sono più piene come durante il picco della pandemia, ma non per questo bisogna abbassare la guardia.
Anzi, sembra che stiano tornando in ospedale i primi casi gravi da COVID-19, dimostrazione che il coronavirus non è stato ancora sconfitto e che è pronto per ripartire con una seconda ondata (che secondo gli esperti potrebbe verificarsi in autunno). A consigliare la massima attenzione c’è soprattutto il personale impiegato nella Sanità, il quale ha vissuto mesi difficili, con turni che hanno superato anche le dieci ore, e che spera che quanto successo non si verifichi più.
Tra questi c’è Luca Alini, infermiere presso l’ospedale di Cremona, il quale ha pubblicato un lungo post su Facebook spiegando quanto sta succedendo in queste ore. Una testimonianza che ci racconta di come il virus circoli ancora continuando ad essere una minaccia.
COVID-19: tornano i pazienti gravi?
Solo qualche giorno fa l’ospedale di Cremona, dopo mesi difficili, era diventato COVID free; ciò significa che al suo interno non vi era più alcun paziente contagiato dal coronavirus.
Una situazione che, come ci racconta l’infermiere Luca Alini, è durata solamente per qualche giorno, visto che nel suo reparto stanno tornando i pazienti affetti da COVID-19 e con una grave sintomatologia. Non stiamo parlando quindi di asintomatici, ma di pazienti con gravi insufficiente respiratorie che necessitano di un’assistenza medica per sopravvivere.
Come spiegato da Luca Alini, non si tratta di una situazione di emergenza come lo era a febbraio, marzo e all’inizio di aprile, quando i pazienti affetti da COVID-19 erano 30 su 30 in reparto, di cui 26 ventilati. Tuttavia quanto sta succedendo a Cremona in queste ore dimostra che la pandemia in Italia potrebbe ripartire da un momento all’altro:
“Il coronavirus non si è dimenticato di fare il suo lavoro, e da bravo virus fa quello che deve : infettare nuovi ospiti per sopravvivere.”
Per questo motivo “non bisogna fare finta che non esista o che non sia mai esistito, oppure che sia solamente un’invenzione delle case farmaceutiche o di qualche altra lobby segreta”. Il virus esiste e in altre parti del mondo sta ancora mietendo vittime; in Italia il rischio di una seconda ondata è alto, specialmente se a ridosso dell’autunno dovessero esserci ancora dei focolai.
È vero che in Italia il peggio sembra essere passato, ma quanto sta succedendo a Cremona - dove non si credeva che appena otto giorni, e per giunta in piena estate, dopo dall’essere diventati COVID free ci potesse essere già un ritorno di pazienti con gravi problemi respiratori - ci conferma che sul coronavirus molte cose non sono ancora note, come confermano i nuovi sintomi che sembrano provocare danni al cervello.
E in tutta questa situazione c’è il personale sanitario che non va assolutamente dimenticato: protagonisti di tre mesi di intenso lavoro, con il rischio continuo di essere contagiati (diversi i decessi). Tre mesi di lavoro caratterizzato da “paura, tensione, preoccupazioni, emozioni intense e continuo contatto con la morte” e che merita di rispetto: perché non basta la speranza, serve anche “l’impegno di tutti affinché quanto successo non si ripeta”.
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