Chi detiene il debito pubblico italiano? Ecco le quote di BTP nelle mani degli investitori stranieri e non
Sapere chi detiene i titoli di Stato italiani (BTP) è un’informazione fondamentale per capire al meglio l’architettura su cui si poggia il nostro debito pubblico.
Quest’ultimo ha sempre rappresentato un fardello per l’Italia che, secondo i dati più recenti sta continuando ad occupare i primi posti delle classifiche dei Paesi con il più alto debito pubblico del mondo.
Solo per fare alcuni esempi, il Belpaese è secondo solo al Giappone quanto a debito pro-capite, mentre è terzo al mondo se si considera il dato in relazione al Prodotto Interno Lordo.
La domanda però, sorge spontanea: chi detiene il nostro debito pubblico e in che misura? I dati più recenti hanno messo in luce un fenomeno evidente: la progressiva esposizione degli investitori stranieri ai nostri BTP.
Chi detiene il debito pubblico italiano
A far luce sulla questione è stata una recente indagine di UniCredit, secondo cui ad oggi i titoli di Stato italiani (BTP) posseduti da stranieri (appartenenti però all’Eurozona) ammontano al 78% del totale. Una porzione decisamente importante. Nello specifico, i Paesi più esposti sono:
- Francia: 21%
- Germania: 14%
- Lussemburgo: 14%
- Spagna: 12%
- Irlanda: 8%
(I dati di Lussemburgo e Irlanda hanno preso in considerazione anche i fondi esteri di società gestite da italiane).
Ecco chi detiene il debito pubblico italiano oggi. I BTP comunque sono acquistati anche fuori dall’Unione europea. Il 5% di essi si trova in Giappone (il Paese extra-UE più esposto), mentre il 4% è posseduto dagli USA e il 2% è detenuto sia dalle Isole Cayman che dalla Gran Bretagna.
Gli italiani investono in BTP?
Stando a quanto emerso da una recente indagine pubblicata sulle pagine de Il Sole 24 Ore, i cittadini hanno smesso progressivamente di comprare titoli di Stato. Nello specifico dal 1988 la quota di BTP detenuta nei portafogli tricolori è crollata dal 57% al 6%.
Chi detiene il debito pubblico italiano però lo fa anche in maniera indiretta tramite assicurazioni, conti deposito e fondi comuni. La fetta di titoli in mano a questi enti, si noti, è aumentata dal 4% dell’88 al 19%.
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