Le hanno dato il nome Silvia, ma solo per garantirle la privacy. Ecco la storia raccontata dalla ragazza che ha accusato di stupro il figlio di Grillo e i suoi amici.
Silvia è la ragazza italo-svedese di 19 anni che ha accusato Ciro Grillo, figlio di Beppe, di stupro. Silvia non è il suo vero nome: l’identità della ragazza è segreta e questa non ha mai parlato direttamente alla stampa.
Un caso ancora irrisolto: non sappiamo, infatti, cos’è davvero successo quel mercoledì 17 luglio tra “Silvia”, Ciro Grillo e i suoi amici, in una villetta a Cala di Volpe in Sardegna.
Due anni dopo i racconti di Silvia e Ciro, figlio del leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, continuano a non coincidere: il dubbio maggiore è la consensualità. Il caso non accenna a sgonfiarsi e le indagini, a distanza di tempo, sono rallentate dall’assenza di testimoni che ricordino quei giorni di luglio del 2019.
Tra messaggi, video, foto e audio, la vicenda dovrebbe ormai essere chiara, ma persistono i dubbi sulle testimonianze contraddittorie dei due protagonisti principali di questa vicenda.
Cosa ha raccontato Silvia sul presunto stupro
Dai verbali degli investigatori possiamo risalire al racconto di Silvia sul presunto stupro subito.
Sappiamo che è martedì 16 luglio e Silvia e una sua amica vanno al Billionaire per incontrare tre compagni di scuola. Qui le due conoscono quattro ragazzi genovesi, ossia Ciro Grillo e i suoi amici Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta, e Vittorio Lauria. Queste raccontano di un alto consumo di vodka al tavolo e che durante un ballo c’è stato un bacio tra Ciro e Silvia (ma nulla di più). Il gruppo lascia poi la sala alle 5 quando prendono un taxi e decidono di andare a casa di Ciro.
Cos’è successo a casa saranno i giudici a deciderlo. Silvia, infatti, racconta di aver subito violenze sessuali da tutto il gruppo dopo che la sua amica si è addormentata sul divano. Il primo ad averne abusato, sempre secondo il racconto di Silvia, sarebbe stato Corsiglia, mentre successivamente si sarebbe consumato lo stupro di gruppo, solo dopo che i quattro amici la constrinsero a bere vodka.
Una violenza che, racconta la ragazza, “le avrebbe fatto persino perdere conoscenza”.
Silvia racconterà tutto ai genitori, ospiti dello stesso bed&breakfast ma arrivati qualche giorno dopo, scoppiando a piangere. Da lì la denuncia, otto giorni dopo, e l’inizio di un’inchiesta che ancora oggi non ha una conclusione.
La difesa del figlio di Grillo
Ciro Grillo continua a difendere sé stesso e i suoi amici affermando la consensualità della ragazza. Nell’interrogatorio di Ciro si legge di come Silvia avesse volontariamente ingerito alcuni sorsi di vodka e parlato agli altri, in maniera scherzosa, di avere un rapporto con più persone, che si è poi effettivamente consumato con la consensualità della ragazza.
Silvia invece nega la consensualità e afferma di aver tentato di liberarsi, ma senza successo. Non si sentiva bene, colpa anche la dose eccessiva di vodka che “era stata costretta a bere”.
Dalle carte della Procura emergono poi alcuni messaggi che gli amici si sono scambiati nei giorni seguenti il fatto. Il tono dei messaggi è quello che è: tra amici si scambiano commenti sulla ragazza, sull’atto sessuale e su quanto sia stata “forte” quella nottata. Un messaggio in particolare è saltato all’attenzione dell’accusa: “All’inizio sembrava che non volesse”, scrivono sul gruppo Instagram “Official Mostri” Ciro e gli altri tre ragazzi.
Dall’altra parte Anna, un’amica di Silvia, ascoltata dalle forze dell’ordine ha dichiarato di aver ricevuto delle foto scattate da Silvia nelle quali erano visibili lividi sul corpo: parte del costato sinistro, sotto al viso e sulle cosce. Foto che sarebbero andate perdute, autodistrutte dall’applicazione stessa sulle quali erano state mandate: Snapchat. Il maestro di surf di Silvia ricorda invece che la ragazza non era stata in grado di concludere la lezione e che sembrava confusa.
Una svolta nelle indagini, spiega la difesa, sarebbe rimasta celata finora: l’assunzione della pillola del giorno dopo. Per ora nessuna farmacia locale ha riconosciuto Silvia o ricordato l’evento, tranne una testimonianza, che rimane incerta e vaga. Nessun filmato di videosorveglianza è disponibile, il tempo ha cancellato i passi di Silvia il giorno dopo la violenza. Il caso è ancora aperto e il dibattito pubblico continua a imbastire due linee narrative opposte: Ciro è il capo di un gruppo di violentatori o Silvia sta mentendo?
Tra i due racconti la differenza è più grande è quella sulla consensualità.
Saranno i giudici a decidere chi avrà ragione.
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