Esiste un modo per cancellare i debiti legalmente. Il sovraindebitamento e la transazione fiscale sono due procedure che si rivolgono a soggetti differenti, ma che hanno lo stesso obiettivo: azzerare o almeno ridurre i troppi debiti accumulati.
Cancellare i debiti in modo totalmente legale è possibile.
Capita sempre più spesso che un imprenditore o un privato accumulino debiti che, col passare del tempo, si rivelano troppo alti.
Fino a pochi anni fa, una situazione del genere non poteva che condurre alla dichiarazione di fallimento, tuttavia negli ultimi anni molto è cambiato con l’introduzione della transazione fiscale, un istituto che consente all’imprenditore in stato di crisi di ottenere l’abbattimento e la dilazione dei debiti tributari e di quelli contributivi, così da allontanare lo spettro del fallimento.
Un’altra novità interessante riguarda l’introduzione dell’istituto del sovraindebitamento, che è rivolto a consumatori, famiglie, professionisti e piccoli imprenditori, con la possibilità per tali categorie, anche in questo caso, di ottenere un abbattimento totale o almeno parziale dei propri debiti tributari e contributivi.
Cancellare i debiti legalmente: la guida
Cancellare i debiti troppo alti con la transazione fiscale
La transazione fiscale è disciplinata dall’articolo 182-ter del Regio Decreto numero 267 del 1942 (cosiddetta Legge fallimentare) e rappresenta una procedura transattiva tra Fisco e contribuente nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Tale procedura permette al contribuente di poter beneficiare di un pagamento in misura ridotta dei debiti tributari e dei debiti contributivi, salvaguardando la continuità imprenditoriale e i livelli occupazionali della propria azienda.
In tale procedura riveste una funzione molto importante il professionista - designato dal debitore - che deve presentare al tribunale la relazione di attestazione della veridicità dei dati aziendali e dell’attuabilità dell’accordo di transazione.
Una copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate oltre che dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore. Dopodiché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, entro 30 giorni, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso, mentre l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, sempre entro 30 giorni, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da avvisi di accertamento anche se non ancora definitivi.
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Per quanto riguarda il debito tributario complessivo, il voto sulla proposta concordataria è espresso dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, previo parere conforme della competente Direzione regionale, in sede di adunanza dei creditori.
La legge numero 159/2020, di conversione del Decreto legge numero 125/2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale numero 300 del 3/11/2020, ha previsto che, anche in mancanza di voto da parte dell’Agenzia delle Entrate o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, il tribunale può provvedere a omologare il concordato preventivo contenente la proposta di transazione fiscale, a condizione che la proposta del debitore sia accompagnata dalla relazione del professionista con cui viene dimostrato che la stessa sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
In tali casi, dunque, l’attestazione del professionista, relativamente ai debiti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale, che costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.
Come cancellare i debiti legalmente con il sovraindebitamento
Per le persone fisiche che, evidentemente, non sono soggette alle norme sulle procedure fallimentari, la legge numero 3 del 27 gennaio 2012 ha introdotto l’istituto del sovraindebitamento.
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Tale procedura si instaura con la presentazione di una domanda da parte del debitore - assistito dall’Organismo di composizione della crisi (Occ) - al giudice del tribunale in cui il debitore ha la propria residenza.
L’Organismo di composizione della crisi redige una relazione in cui certifica la completezza e l’attendibilità dei documenti allegati alla domanda, analizzando al contempo la situazione debitoria del contribuente. Il giudice deve analizzare la relazione dell’Organismo di composizione della crisi e accertare, in buona sostanza, se l’accumulo dei debiti contratti sia dovuta a dolo o colpa grave da parte del debitore medesimo, senza l’onere di dover richiedere il consenso da parte dei creditori.
Dunque, un debitore persona fisica, non soggetto alle norme sul fallimento, può ottenere una riduzione o l’azzeramento del proprio debito solo se il suo sovraindebitamento non dipenda da operazioni palesemente azzardate e imprudenti, che configurerebbero una colpa grave da parte del medesimo debitore.
Una volta eseguite le dovute valutazioni, il giudice emette il provvedimento in cui indicherà modalità e termini di presentazione, da parte del debitore, delle dichiarazioni annuali relative alle sopravvenienze che possano consentire il pagamento dei debiti nei successivi 4 anni.
Infatti, nei 4 anni successivi al provvedimento del giudice, il debitore viene monitorato; se in questo lasso di tempo riesce a conseguire un guadagno tale da consentirgli di pagare almeno il 10% dei debiti contratti e per i quali ha ottenuto l’esdebitazione, allora il debitore è obbligato a versare tale percentuale ai creditori, sempre nel rispetto della cosiddetta par condicio creditorum.
Nel caso in cui nei 4 anni successivi al provvedimento del giudice, il debitore abbia conseguito un guadagno che però è inferiore al 10% dei debiti accumulati, allora non deve versare alcunché ai creditori.
Peraltro, va ricordato che tale esdebitazione può essere concessa dal tribunale solo una volta nell’arco della vita del debitore.
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