L’allarme di Confindustria sull’Italia alle prese con il coronavirus. Questa economia di guerra potrebbe costarci 100 miliardi al mese. L’analisi
L’allarme di Confindustria sull’Italia e sul coronavirus non ha lasciato spazio a dubbi o interpretazioni.
Per dirla con le parole del presidente Vincenzo Boccia, il Belpaese ha ormai adottato una vera e propria economia di guerra che potrebbe costarci 100 miliardi di euro al mese.
L’analisi di Confindustria è giunta poco dopo l’approvazione dell’ultimo DPCM con il quale il governo ha ordinato la chiusura di tutte le fabbriche e di tutte le industrie produttive non giudicate essenziali.
Coronavirus ed economia Italia: l’allarme di Confindustria
Le ultime dichiarazioni di Boccia, emerse durante un’intervista a Circo Massimo su Radio Capital, sono risultate piuttosto preoccupanti. Per il presidente di Confindustria infatti numerose società potrebbero non sopravvivere all’emergenza coronavirus.
“Dobbiamo occuparci e preoccuparci di come uscire da questa criticità per evitare che molte aziende, se non tutte, per crisi di liquidità potrebbero non riaprire più nel giro di poche settimane”.
Con l’ultimo decreto, ha continuato Boccia, a chiudere sarà il 70% del settore produttivo che, su un PIL di 1.800 miliardi, equivale dunque a 100 miliardi di euro al mese.
Il presidente ha sottolineato le enormi difficoltà che molte imprese potrebbero trovare dopo settimane di fatturato zero. Ovviamente, più sarà breve lo stop più l’impatto del coronavirus risulterà limitato.
Lo “scontro” con i sindacati
Nel corso dell’intervista non sono mancati riferimenti ai sindacati, che hanno minacciato agitazioni di fronte all’ultimo DPCM, reo a loro detta di aver incluso troppe aziende nell’elenco di quelle da tenere aperte.
“Sciopero generale? Non capisco su cosa. Non ho capito cosa si dovrebbe fare più di quello che si è fatto. Cerchiamo di essere compatti sui fini. Ai sindacati chiedo di guardare alle cose con grande buon senso”.
L’obiettivo adesso sarà duplice. Da un lato bisognerà continuare a garantire i prodotti essenziali, mentre dall’altro sarà necessario agire per evitare le chiusure, far ripartire le aziende e riassorbire la forza lavoro messa con le spalle al muro dal coronavirus.
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