Entro venerdì l’Italia deve confermare il suo parere positivo alla Tav, ma uno stop può arrivare solo da un voto in Parlamento dove i pro sono la maggioranza: già da marzo il Movimento 5 Stelle sapeva che sarebbe arrivato l’ok al progetto, ma si è solo rimandato per mettersi alle spalle le elezioni europee.
L’idea che ci si potrebbe fare in queste ore in merito alla Tav è quella di una ennesima fase concitata, tra ipotesi di dimissioni del ministro Danilo Toninelli e quelle di uno voto parlamentare come ipotizzato da Luigi Di Maio.
In verità entro venerdì il governo gialloverde deve solo confermare quanto deciso già a marzo: l’iter per la Tav è già stato avviato e soltanto un voto del Parlamento può bloccare il progetto dato che si è di fronte a trattati internazionali.
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Visto che soltanto il Movimento 5 Stelle e la sinistra sono contrari all’opera, un eventuale voto verrebbe di certo bocciato dal parere positivo di Lega, Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
In sostanza la giravolta di Giuseppe Conte, diventato ora pro-Tav dopo aver scoperto a fine luglio che sono aumentati i fondi europei, insieme alle richieste di voto in Aula dei 5 Stelle assomigliano molto a una sceneggiata per cercare di addolcire la pillola del via libera al progetto alla base storica del Movimento.
Il via libera alla Tav
In fondo non è passato molto tempo, ma in molti sembrerebbero essersi scordati cosa è avvenuto a inizio marzo 2019. Con la campagna elettorale per le elezioni europee iniziata già da tempo, la maggioranza carioca era scossa dall’ennesima minaccia di una crisi di governo.
Casus belli questa volta era la Tav, con il governo che doveva decidere se far pubblicare o meno da Telt (l’azienda italo-francese che gestisce il tunnel dell’alta velocità) i bandi di gara per l’assegnazione degli appalti, pena la perdita dei cospicui finanziamenti europei.
Forte dell’analisi costi-benefici che bocciava il progetto, il Movimento 5 Stelle si era schierato a favore dello stop mentre la Lega, come da sempre sostenuto, continuava a spingere invece per il via libera.
Alla fine la crisi venne evitata per il solito escamotage trovato dai gialloverdi. Telt ha pubblicato degli avvisi di interesse per raccogliere le varie candidature ai bandi, che poi saranno pubblicati a meno di “atti giuridicamente rilevanti che comportino istruzioni di segno contrario”, ovvero una legge licenziata dal Parlamento.
Il governo quindi ha deciso di non fermare l’iter della Tav, non perdendo così i fondi europei, dandosi soltanto sei mesi di tempo per riflettere ma soprattutto per mettersi alle spalle le elezioni europee di fine maggio.
Adesso entro venerdì da Palazzo Chigi dovrà partire una lettera indirizzata all’Inea, l’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti della Commissione Europea, dove verrà confermato l’impegno per la realizzazione dell’opera.
L’unico modo per fermare questa road map sarebbe un voto parlamentare, dove l’esito sarebbe scontato oltre alle problematiche dei tempi tecnici. Si può dire quindi che in verità l’ok alla Tav il governo lo abbia dato lo scorso marzo.
Emblematiche a riguardo furono le parole di Giancarlo Giorgetti pronunciate lo scorso 11 marzo: “Ricordatevi che per fermare definitivamente la Tav occorre un passaggio parlamentare. Perché siamo di fronte a un Trattato internazionale approvato dal Parlamento. E né Conte né il Consiglio dei Ministri possono prendere decisioni sopra il Parlamento”.
Il comportamento del Movimento 5 Stelle
La diretta Facebook con la quale Giuseppe Conte ha annunciato il suo parere favorevole alla Tav visti i nuovi fondi europei, non è stato proprio un fulmine a ciel sereno dato che da giorni tutti i giornali parlavano di questa svolta del premier.
Le voci di possibili dimissioni di Danilo Toninelli sono poi subito rientrate, visto che il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture alla fine metterà la propria firma sulla lettera che verrà spedita all’Inea.
“Noi restiamo No-Tav - hanno scritto in una nota congiunta i capigruppo 5 Stelle Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva - Chiederemo il voto del Parlamento e vedremo chi è a favore di un progetto vecchio di 30 anni e chi invece sceglierà di avere coraggio”.
Parole simili anche quelle di Luigi Di Maio che ora vuole vedere se adesso “la Lega voterà con il PD”, ma un eventuale voto in Parlamento avrà un esito scontato e potrà servire al Movimento 5 Stelle soltanto a salvare le apparenze.
Non è un caso che proprio in queste ore è arrivato uno stop per le Autonomie: per i pentastellati nella stessa settimana incassare il via libera alla Tav e alla riforma per le competenze delle Regioni sarebbe stato troppo, ma alla fine anche questa legge voluta da Salvini si farà.
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