Identità di genere: che significa, quando nasce e cosa dice la legge italiana e il Ddl Zan sulla “teoria gender”.
Identità di genere, omosessualità e diritti umani sono concetti intrecciati tra loro che, sempre più spesso, entrano nel dibattito politico e sociale italiano e mondiale.
Ma cosa sono esattamente l’identità di genere e la teoria gender? Capirlo è molto importante, anche perché rappresenta uno degli ostacoli maggiori all’approvazione del Ddl Zan, il testo di legge contro l’omotransfobia.
Anche la Corte costituzionale italiana, in passato, si è espressa sull’identità di genere, riconoscendola come un diritto fondamentale.
E allora cerchiamo di capire cos’è, come nasce e cosa prevede la legge sull’identità di genere.
IDENTITÀ DI GENERE: ECCO COS’È
Cosa è l’identità di genere?
Ciascun individuo, a prescindere dal sesso biologico e anagrafico, può avere una diversa percezione di se stesso: da ciò prende origine l’identità di genere che si differenzia dal concetto di “orientamento sessuale”, cioè l’attrazione emozionale/sessuale verso altri individui.
Come ben sappiamo, in tutto il regno animale esiste la distinzione tra i due sessi (maschile e femminile) basata su differenze fisiche e ormonali mentre l’identità di genere prescinde dall’identità biologicamente intesa. Al contrario si tratta del modo in cui una persona percepisce se stessa.
A questo punto è lecito chiedersi come e quando si formi l’identità di genere di una persona. Si tratta di un processo lungo e complesso che ha origine con il concepimento e durante la gravidanza e si sviluppa nei primi anni di vita per via di fattori biologici, educativi e sociali.
Quando nasce il concetto di “genere”?
È negli anni ‘60 che prende piede il concetto fino ad allora inesplorato di “genere” da parte di un’equipe di medici statunitensi (tra cui R. Stoller e J. Money del Johns Hopkins Hospital di Baltimora) allo scopo di distinguere tra l’orientamento psicosessuale (quindi il “gender”) di un soggetto e il suo sesso biologico (quindi il “sex”).
I medici rilevarono che nella determinazione del sesso dei neonati ermafroditi si tendeva a rispettare le aspettative dei genitori o i canoni sociali, in maniera indipendente rispetto al dato biologico. Da qui si originò il “Gender Identity Research Project” per studiare le persone intersessuali e transessuali. Il termine largamente in uso “identità di genere” venne coniato dal dottor Robert Stoller nel 1963, durante un Congresso internazionale sulla psicoanalisi.
Parteciparono attivamente agli studi sull’identità di genere moltissimi psicologi, psichiatri ed endocrinologi, in modo particolare il medico John Money che ebbe un ruolo determinante nell’elaborazione delle prime teorie sull’identità di genere, riconosciute in ambito universitario come materie di studio negli anni ’70.
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In che consiste la “teoria gender”?
Teoria gender o gender theory è un neologismo coniato negli anni ‘90 dai conservatori cattolici con un significato dispregiativo e di scherno nei confronti di coloro che conducevano gli studi sul genere. Quando nacque la “teoria gender” si riteneva che i movimenti che la sostenevano avessero l’obiettivo di sovvertire l’ordine naturale su cui si fonda la società e la famiglia tradizionale (e in parte c’è chi lo pensa ancora oggi).
Secondo maqualegender.it, rivista online riconducibile all’Arcigay, la teoria del gender (o ideologia del gender) “non esiste” anzi sarebbe “una patacca con una veste scientifica inventata ad uno scopo politico” e ancora “un’invenzione manipolatoria del Vaticano che è servita a dare coerenza a qualcosa che non c’è, una comprensibilità apparentemente immediata ed un volto unico ad un nuovo nemico senza il quale non si sarebbe riusciti a creare il panico e a convincere le persone alla mobilitazione diretta contro le persone LGBT e la parità tra uomo e donna.”
L’identità di genere nel Ddl Zan
Tra i motivi che ritardano l’approvazione del Ddl Zan contro discriminazioni e violenza fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, c’è proprio il dualismo - riconosciuto nel testo - tra sesso biologico e identità di genere e il fatto che la teoria gender possa entrare in ambito scolastico.
L’articolo 1 del Ddl Zan distingue tra “sesso biologico o anagrafico” e genere, ovvero “qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso.” In pratica si riconosce che l’identificazione sessuale di un individuo possa non corrispondere al sesso biologico, anche senza aver concluso un percorso di transizione.
I partiti all’opposizione, soprattutto la Lega, e la Chiesa temono che il riconoscimento dell’identità di genere a livello legislativo possa creare un reato di opinione e scavalcare il consenso dei genitori ai fini dell’insegnamento delle teorie gender nelle scuole primarie.
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Cosa dice la legge italiana sull’identità di genere
Molti pensano, erroneamente, che il Ddl Zan voglia introdurre il concetto di identità di genere nell’ordinamento italiano ma la verità è che esiste già, precisamente da 6 anni.
Il suo riconoscimento è avvenuto per mezzo di una sentenza della Corte costituzionale (la numero 221 del 2015) nella quale è stato stabilito che l’identità di genere:
“è un elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona.”
In altre parole, la Consulta non solo ha riconosciuto l’esistenza dell’identità di genere, ma gli ha dato dignità costituzionale, inserendola nell’alveo dei diritti garantiti all’articolo 2 della Costituzione italiana e all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani.
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