In che modo il virus muta e genera le varianti, come quella Delta, che tanto preoccupano le nazioni? In futuro potremmo vedere emergere nuove e più pericolose varianti. Come contrastarle?
Dall’inizio della pandemia il mondo ha imparato a conoscere sempre meglio il virus del Covid-19 e il modo in cui questo muta e cambia. Già a marzo del 2020, durante il primo anno di pandemia, il virus aveva subito alcune variazioni.
Le prime mutazioni non determinavano cambiamenti significativi del comportamento virale, quindi si sono diffuse senza un vantaggio rispetto alla versione originale, spiega il Dott. Marco De Nardin su Med4Care.
Sono le varianti attuali, come la variante Delta, che presentano caratteristiche preoccupanti. Più il virus circolerà, maggiori saranno le possibilità che una nuova variante più aggressiva, non solo più contagiosa, si presenti. La soluzione l’abbiamo trovata, ma i risulti della campagna vaccinale, se si guarda al quadro complessivo mondiale, non è così buono.
Come nascono le varianti del Covid-19?
Nessuna lezione di virologia, non è questa la sede, ma qualcosa sul funzionamento del virus possiamo dirlo. A distanza di un anno e sette mesi la conoscenza generale - di chi si è preso la briga di leggere e/o ascoltare una notizia in questo periodo - sui virus è decisamente più cospicua di prima. Sappiamo, per esempio, che un virus muta e lo fa anche abbastanza spesso.
La domanda (alla quale hanno dato una risposta) che gli esperti si sono fatti da tempo è: “Perché si formano tante varianti?”. Le varianti sono figlie di un genoma plastico, ovvero capace di subire modifiche in risposta a stimoli.
La risposta è quindi: più stimoli riceve, più nuovi corpi infetta, più un virus muta. Per utilizzare le parole di un divulgatore scientifico, il sopracitato Dott. Marco De Nardin, le varianti si generano perché:
Il messaggio quindi è che la presenza di varianti pericolose sarebbe direttamente proporzionale alla diffusione del virus durante la pandemia. Ecco perché è importante che tutti i paesi contemporaneamente si dedichino all’eradicazione del virus in forme collaborative.
Questo dovrebbe far rientrare il discorso nell’aspetto della vaccinazione, unica “arma” che l’essere umano ha oggi ha disposizione per contrastare il Sars-CoV-2.
Covid: cosa aspettarsi con o senza vaccini?
In uno scenario nel quale a settembre-ottobre la popolazione non ha ancora raggiunto l’immunità di gregge, quali conseguenze potremmo avere? Ne hanno parlato anche Matteo Bassetti e Roberto Burioni: ci sarà una nuova ondata e non sarà una passeggiata.
L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) è tornata a ribadirlo oggi: “Non è affatto finita [...] la forte probabilità che emergano nuove e forse più pericolose varianti che potrebbero essere ancora più difficili da controllare”. Inoltre l’Oms sono mesi che cerca di accendere l’attenzione internazionale nei confronti della situazione in Africa.
In Sudafrica i dati sono preoccupanti, scrive, con contagi che raddoppiano ogni tre settimane. La variante Delta sta conquistando terreno rispetto alla versione originale ed è stata rilevata nel 97% dei casi in Uganda e nel 79% in Congo.
Qualcuno potrebbe domandarsi il motivo di tanto interesse per il continente africano, magari mettendo in conto la possibilità che nessuno parta dall’Africa per raggiungere una qualsiasi altra terra; ma se così non fosse? Il quadro generale è quello di una zona calda, nella quale la rapida diffusione del virus ha la possibilità di generare varianti pericolose.
In conclusione appare evidente, sia da un punto di vista scientifico, che dal punto di vista di chi vuole tornare alla normalità, che il virus si può fermare solo grazie alla vaccinazione. La campagna vaccinale però deve aumentare il ritmo, perché di questo passo, come dicono i virologi, la nuova ondata ci travolgerà.
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