Programmare le riaperture in Italia già dal 15 maggio, nel rispetto di 5 condizioni: ecco il piano proposto da Carlo Calenda, leader di Azione.
“L’Italia può riaprire il 15 maggio rispettando cinque precise condizioni”. Così si è espresso il leader di Azione, Carlo Calenda, che ha lanciato un programma di riaperture basato sulla somministrazione di almeno una dose del vaccino anti Covid ai soggetti più fragili e agli anziani. Oltre a questo, ha fissato alcune condizioni per ripartire già dalla metà del mese maggio.
Il Governo ha previsto un aggiornamento della situazione per il 20 aprile, data in cui il Consiglio dei Ministri potrebbe decidere, in base ai dati, di allentare le restrizioni o il ritorno della zona gialla nelle regioni con meno contagi e più virtuose sul fronte della campagna vaccinale.
Quali sono le condizioni per la riapertura dal 15 maggio secondo Carlo Calenda: dai vaccini agli indici sui contagi, fino alle terapie intensive.
Riaperture dal 15 maggio: la strategia di Calenda
Il partito di Carlo Calenda, a differenza di altri schieramenti, non ha mai preso posizione sulle riaperture o chiusure e si è sempre allineato alle decisioni adottate dal premier Mario Draghi sulla base dei confronti con il comitato tecnico scientifico. Tuttavia, di fronte alle numerose proteste che hanno animato le piazze di tutta Italia negli ultimi giorni, anche Azione ha deciso di attivarsi per la riapertura del Paese dal 15 maggio.
“Riteniamo che ora sia giunto il momento di programmare una riapertura totale delle attività, dandosi un obiettivo coerente con la capacità vaccinale”, ha detto Calenda, sottolineando come il Paese rischia di andare “oltre la soglia di tenuta sociale”.
Le 5 condizioni per permettere la riapertura dal 15 maggio sono:
- somministrazione di almeno una dose di vaccino a tutti i soggetti fragili o vulnerabili;
- riportare le terapie intensive e i contagi a “parametri accettabili”, che secondo Calenda potrebbero raggiungere i 100 contagi ogni 100.000 abitanti e il 30% di occupazione delle terapie intensive;
- garantire l’approvvigionamento di vaccini alle Regioni e assicurarsi che le dosi vengano somministrate ai soggetti più fragili indicati nel piano vaccini nazionale;
- rafforzare la “cintura di protezione” costituita da tracciamento, tamponi, terapie subintensive e intensive;
- sviluppare la capacità di svolgere tamponi molecolari. Secondo Calenda la capacità italiana è bassissima rispetto ad altri Paesi europei e i tamponi molecolari non sarebbero altrettanto efficaci nello scovare le varianti del virus.
Le tappe e il piano
Il piano di Calenda è quello di somministrare almeno una dose di vaccino a tutti i soggetti più fragili o estremamente vulnerabili, in modo da poter prevedere una riapertura più veloce delle attività produttive. “Sappiamo che la somministrazione anche di una sola dose aumenta significativamente la protezione dall’infezione e dalle sue conseguenze più gravi - ha chiarito -. Parliamo di circa 11 milioni di persone ancora in attesa di vaccinazione”.
Ad aprile si attendono almeno 8 milioni di dosi di vaccino che si potrebbero destinare, secondo il leader di Azione, a tutti i soggetti più a rischio. Entro giugno, invece, dovrebbero arrivare in Italia ulteriori 52 milioni di dosi.
Per realizzare il piano e raggiungere l’obiettivo di immunizzare i più deboli occorrerà tenere un ritmo di almeno 350 mila iniezioni al giorno per 3 milioni di persone, sfruttando tutte le dosi disponibili per il mese di aprile. In seguito, prosegue Calenda, le persone che rimarrebbero da vaccinare (circa 6 milioni) potrebbero essere immunizzate nelle prime settimane di maggio, “con una media di 450 mila somministrazioni al giorno”.
A questo punto si potrebbe pensare alla riapertura in sicurezza, dalla metà del mese di maggio.
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