Criptovalute non bastano a Putin per salvare la Russia dalle sanzioni

Riccardo Lozzi

1 Marzo 2022 - 14:24

L’utilizzo delle criptovalute da parte di Mosca potrebbe non essere sufficiente per salvare l’economia russa dalle sanzioni dell’Occidente.

Criptovalute non bastano a Putin per salvare la Russia dalle sanzioni

La guerra tra Russia e Ucraina sta coinvolgendo come mai prima d’ora i servizi tecnologici sviluppati negli ultimi anni e utilizzati ormai in quasi tutto al mondo.

Tra i protagonisti del conflitto, che si gioca anche in campo economico, hanno assunto un ruolo di primo piano le criptovalute, tra cui, per citare alcune delle più importanti, Bitcoin e Tether. Le monete digitali sono infatti utilizzate sempre di più da parte di entrambi gli schieramenti.

L’esercito ucraino utilizza questa nuova forma di scambio monetario online per ricevere donazioni e aiuti internazionali che stanno giungendo da parte di aziende e singoli cittadini. Non solo. La popolazione locale sembra preferire le criptovalute anche per proteggere i propri capitali.

Contestualmente, Vladimir Putin, in vista dell’invio delle truppe russe in territorio ucraino, aveva elaborato una strategia finanziaria inedita per proteggere la propria economia interna dalle conseguenze già osservate nel 2014, all’indomani dell’invasione della Crimea. Tale strategia puntava nell’impegnare gran parte delle riserve statali in oro, valute estere e criptovalute, così da aggirare i prevedibili blocchi dell’Occidente.

Sebbene il tutto dimostri in maniera quasi inconfutabile come l’aggressione all’Ucraina fosse nei piani del presidente russo da tempo considerevole, gli investimenti in monete digitali potrebbero non essere sufficienti per salvare il sistema economico-finanziario russo dalle sanzioni dell’Occidente.

Il piano economico di Putin a rischio?

La risposta da parte del sistema politico occidentale è stata probabilmente più rapida e unitaria di quanto previsto da Mosca. Non erano in molti a scommettere, ad esempio, sull’esclusione, seppur parziale, dal sistema di pagamenti internazionali Swift.

A questa dura risposta, si aggiunge anche il blocco delle transazioni con la Banca Centrale della Federazione Russa.

Una reazione che ha causato la svalutazione record del rublo e il congelamento de facto dei 630 miliardi di dollari di riserve su cui le istituzioni russe facevano affidamento per l’autofinanziamento in questo periodo.

Criptovalute non bastano contro le sanzioni dell’Occidente

Le operazioni in criptovalute, d’altra parte, non sembrano in grado di riuscire a colmare un deficit che potrebbe ammontare a centinaia di miliardi di dollari. A differenza di Corea del Nord e Iran, Paesi che sono riusciti negli ultimi anni ad aggirare le sanzioni internazionali proprio grazie a operazioni in digital currency, il sistema russo potrebbe incontrare maggiori difficoltà per diverse ragioni.

Tra queste, si può osservare come, rispetto a Pyongyang e Teheran, Mosca conti su cifre e giri di affari molto più ampi, di cui circa l’80% delle transazioni finanziarie e metà del commercio internazionale viene effettuato in dollari. Rinunciare a volumi del genere rischia di avere un impatto notevole sul proprio sistema.

Discorso simile vale per l’esportazione di gas e petrolio. Se le prossime sanzioni prendessero di mira il settore energetico, la Russia potrebbe cercare di remunerare il disavanzo dell’energia per il processo di mining di Bitcoin, Tether e altri ancora.

Anche in questo caso, però, Putin dovrebbe rinunciare a gran parte dei profitti provenienti in particolare dell’Europa, con la diretta conseguenza di veder quantomeno vacillare la stabilità finanziaria della Russia.

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