Italia: 1 giovane su 6 non capisce ciò che legge. Siamo un Paese di analfabeti funzionali?

Sara Nicosia

07/08/2019

Cresce l’uso dei social network e con loro il numero di persone che leggono e condividono contenuti. Tuttavia secondo gli studi OCSE, i ragazzi italiani si trovano ancora in una situazione di analfabetismo funzionale.

Italia: 1 giovane su 6 non capisce ciò che legge. Siamo un Paese di analfabeti funzionali?

L’avvento dei social network e in particolare la loro pervasività nel quotidiano, ha aumentato in maniera esponenziale la percentuale di persone che leggono, commentano e condividono contenuti. A questo incredibile aumento partecipativo, non è tuttavia corrisposta un’eguale crescita di comprensione del testo; manca l’interpretazione, la capacità di saper leggere tra le righe ed elaborare una propria conclusione.

Sono i dati risultanti dai test Pisa di OSCE, che misurano la competenza di lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società, a restituirci questo scenario.

Analfabetismo funzionale in Italia, i dati OCSE

Secondo quanto emerge dagli ultimi dati relativi all’analisi del 2015 (e quindi dei ragazzi che hanno compiuto 18 anni nel 2018), il nostro paese non si discosta dalla media OCSE inerente le percentuali di studenti che raggiungono una livelli base di comprensione del testo.

La disparità tuttavia aumenta salendo di livello, infatti solo lo 0,6% dei quindicenni italiani raggiunge un livello maggiore di preparazione contro l’1,1% della media OCSE.

Secondo la scala OCSE, il livello “base” è il 2 che tuttavia non è raggiunto da un quarto dei ragazzi italiani. Il livello 2, o base, indica le capacità nel riconoscere il punto focale di un testo, l’idea principale, comprendendo le relazioni o sapendo costruire significato nel testo quando l’informazione manca.

Analfabetismo funzionale: la situazione in Italia

Nella scala OCSE il 6 è considerato il livello più alto e consiste nella capacità del lettore di effettuare confronti e contrapposizioni dettagliate e precise, integrando le informazioni di più testi. Il lettore può cioè trovarsi nella condizione di confrontarsi con idee non familiari e generare categorie interpretative astratte. Al lettore, secondo la scala del “Riflettere e valutare”, può così essere chiesto ipotizzare o valutare in modo critico un testo complesso, applicando conoscenze sofisticate ed esterne al testo stesso.

Il 5,1% degli italiani raggiunge il livello 5, contro la media OCSE del 7,2%. Un livello che implica elevati compiti riflessivi, interpretativi e comprensivi di un testo, in grado di confrontarsi con livelli non familiari.

Sul versante diametralmente opposto, il livello 1, ci sono i neo diciottenni. Rappresentano una percentuale di uno su sei in Italia e la loro comprensione del testo si ferma al riconoscimento del tema o dell’intenzione principale. L’informazione nel testo è di solito evidente e richiede connessioni semplici che appartengono alle conoscenze di tutti i giorni. In altre parole il lettore è guidato dal testo stesso.

Pisa 2015 OCSE
Il report completo Pisa 2015 OCSE

Passato e futuro, una prospettiva

Guardando ai dati relativi allo studio Pisa del 2003, inerenti i ragazzi che oggi hanno trent’anni, le cose non sono troppo distanti dalla situazione odierna. Con un punteggio medio di 476, gli studenti di quindici anni fa avevano già le medie più basse rispetto a quella dei Paesi OCSE, 494.

Certo, si può ben obiettare che si tratta di ragazzi in fase di crescita e che avranno un intero percorso scolastico e spesso universitario per affinare le proprie risorse. E forse è vero. Ma stando agli ultimi dati di giugno, ancora oggi 4 italiani su 10 dai 25 ai 64 anni sono sprovvisti di diploma.

A questo si aggiunge il calo formativo dei ragazzi tra i 18 e 24 anni possiede la licenza media, ma non va oltre. Pochi concludono corsi di formazioni professionali riconosciuti dalla Regione, e molti di questi non sono interessati allo svolgimento di corsi scolastici o attività formative.

Viene semplice supporre che a quell’alto utilizzo, da parte dei ragazzi, dei social network e dei contenuti che questi veicolano, non ci sia dietro una reale comprensione delle dinamiche che impongono, né di quello che stanno loro stessi condividendo.

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