I debiti sono la schiavitù degli uomini liberi, dicevano gli antichi. Ma i debiti non sono per sempre: è possibile infatti tornare a vivere sereni e togliersi da quest’incombenza applicando degli espedienti che offrono soluzioni semplici e legali.
Può capitare di trovarsi indebitati senza capire bene come ci si è arrivati. Si entra nel cosiddetto circolo vizioso del debito o semplicemente subentrano eventi non previsti che rischiano di condurci sul lastrico.
Così si cerca una soluzione rapida, e magari legale, per togliersi dall’incombenza. Ma esiste davvero un modo per farlo?
La risposta è sì: esistono delle scorciatoie che ci consentono di non pagare quanto dovuto. Si tratta di espedienti riconosciuti in parte dalla legge che, in alcuni casi, riescono addirittura a mettere d’accordo debitore e creditore. Procediamo per gradi e illustriamo le situazioni possibili partendo dalle meno gravi a quelle apparentemente senza via d’uscita.
Debiti ereditati
Può succedere che alla tristezza per la morte di un caro si aggiunga anche quella derivata dalla sua eredità, tempestata di debiti. L’eredità, infatti, non sempre rappresenta un vantaggio. Il defunto lascia sia crediti che debiti e, se si vuole accettare l’eredità, bisogna farsi carico di entrambi.
Ma esiste un modo di prendere solo la parte positiva? In effetti, un sistema per evitare di pagare i debiti del defunto esiste, sempre ammesso che non siano trascorsi 10 anni dal decesso. Di seguito i passaggi da seguire:
- l’erede rinuncia all’eredità;
- impugna la cartella e la fa annullare;
- revoca la rinuncia, accettando così l’eredità;
- acquista il diritto a diventare proprietario dei beni della successione.
Secondo la giurisprudenza questo metodo è lecito, oltre che possibile.
Debiti caduti prescrizione
Anche i debiti hanno una data di scadenza, un termine entro il quale si devono corrispondere e superato il quale cadono in prescrizione.
La prescrizione è “un istituto giuridico che comporta l’estinzione, in ambito civile, di un diritto soggettivo qualora il titolare non lo eserciti entro il periodo di tempo indicato dalla legge”. Ma affinché un debito cada in prescrizione non è sufficiente che trascorra l’arco di tempo stabilito dalla legge; è necessario anche che in questo periodo il creditore non abbia fatto nulla per rivendicare il proprio diritto al recupero del credito.
La scadenza di un debito può arrivare a un massimo di 10 anni, ma nella maggior parte dei casi i termini sono notevolmente più bassi. Ecco come calcolarli:
- 10 anni, per le fatture;
- 10 anni, per le tasse dovute allo Stato (Irpef, Iva, Irap, ecc.), anche se è stata emessa la cartella di pagamento;
- 5 anni, per i canoni di affitto;
- 5 anni, per le rate di un mutuo;
- 5 anni, per i risarcimenti del danno;
- 5 anni, per le tasse dovute alle Regioni o ai Comuni (Imu, Tasi, Tari), anche se è stata emessa la cartella di pagamento;
- 5 anni, per le multe stradali;
- 5 anni, per i contributi all’Inps e Inail;
- 5 anni, per bollette del telefono;
- 5 anni, per debiti condominiali;
- 3 anni, per le fatture emesse da un professionista;
- 3 anni, per il bollo dell’auto;
- 2 anni, per le bollette di luce, acqua e gas;
- 2 anni per debiti condominiali pagati dall’affittuario.
In questo modo sarà possibile sottrarsi al pagamento in modo semplice e, in qualche caso, anche relativamente veloce.
Debito con il fisco
In caso di debiti nei confronti del fisco o, per essere più precisi, l’Agenzia Entrate Riscossione, la soluzione risulta paradossalmente più semplice da attuare.
I mezzi a cui si può ricorrere con più facilità in questo caso sono:
- la prescrizione: nei casi in cui siano decorsi i termini di pagamento;
- i problemi di notifica: quando un singolo atto del procedimento non è consegnato al contribuente, tutti gli altri successivi sono nulli.
Ci sono poi altri espedienti efficaci per evitare il pignoramento dei propri beni:
- evitare il fermo dell’auto: basterà cointestare il veicolo a un’altra persona;
- evitare il pignoramento della casa: dovrà essere essere adibita a civile abitazione, vi dovrà essere fissata la residenza e non dovrà essere lussuosa. Importante sarà poi dimostrare di non averne altre.
Pignoramento della casa
Se si è arrivati al pignoramento della propria abitazione e la casa è stata messa all’asta, grazie alla riforma entrata in vigore quest’anno, il debitore può tornare in possesso della casa se si verificano alcune condizioni.
Nel caso in cui non si trovi nessuno disposto ad acquistarla, anche dopo il quarto ribasso, il giudice può chiudere il pignoramento in via definitiva se ritiene che il prezzo di base d’asta sia insufficiente a soddisfare il creditore. Così l’abitazione torna al debitore e il creditore resta insoddisfatto.
Soffocato dai debiti?
L’ultimo caso è quello dell’indebitato cronico, cioè di chi si vede sommerso da debiti che non pensa riuscirà mai a estinguere: si comincia spendendo più di quello che si guadagna e poi, senza accorgersene, arriva il giorno in cui improvvisamente si è schiacciati. La legge viene incontro a questo genere di debitori con due espedienti.
La prima possibilità è offerta dal cosiddetto piano del consumatore. L’indebitato che non riesce a ripagare i propri debiti o che si trova in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile” può chiedere al giudice di cancellarne una parte, dimostrando di poter pagare la parte restante. La decisione finale spetta al giudice e il creditore non può avanzare richieste.
Infine, altro espediente che si può mettere in atto è l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Anche in questo caso ci si dovrà rivolgere al Tribunale che avrà il compito di approvare e valutare la richiesta, ma, a differenza del piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione del debito necessita del consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.
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