Olimpiadi in stato di emergenza e Wembley piena nonostante i contagi. Non è follia, è necessità. Perché mentre la Bce si trastulla coi nominalismi sull’inflazione, il mercato grida che il Re è nudo
Breve punto della situazione, a forte rischio di schizofrenia. L’associazione dei medici britannici chiede a Boris Johnson di recedere dalla sua scelta di fine delle restrizioni dal 19 luglio, stante i 30.000 contagiati dell’ultimo giorno. Il premier britannico, da parte sua, indossa la maglietta della nazionale e va a Wembley per la semifinale. Dove 60.000 persone si respirano, tossiscono, urlano addosso. Di mascherine nemmeno l’ombra. Stessa scena vista la sera precedente per Italia-Spagna. Stessa scena che vedremo domenica per la finale.
Dall’altro capo del mondo, a quindici giorni dall’inizio delle Olimpiadi, il governo giapponese estende lo stato di emergenza da variante Covid fino al 22 agosto per l’area metropolitana di Tokyo e pensa a spalti vuoti. Massimo di 5.000 spettatori per manifestazione, invece, al di fuori della capitale. Praticamente, Olimpiadi degne di Stanley Kubrick. In contemporanea, la Bank of Japan fa sapere che il 16 luglio renderà nota l’entità del taglio delle prospettive di crescita per l’anno fiscale che si chiuderà il 22 marzo prossimo: solo il mese scorso erano state fissate al 4% contro il 3,6% del consensus di Reuters. In Europa, la Spagna e il Portogallo stanno vivendo una vera e propria esplosione di casi, quasi esclusivamente fra gli under-20 allergici alle cautele, tanto che il governo francese ha invitato i suoi cittadini a non recarsi in vacanza nella penisola iberica.
Fonte: Johns Hopkins
E si potrebbe continuare per ore, elencando le ipocrisie di fondo che si accavallano da un capo all’altro di in un mondo che ancora non ha preso una decisione: tornare alla normalità davvero, ivi compresi i tassi di interesse da normalizzare oppure convivere ancora un po’ con l’emergenza pandemica, in modo da garantire sempre alle Banche centrali un alibi pronto uso e con la nuova variante a disposizione in tempo reale? La realtà è questa, inutile continuare con le ipocrisie monetario-sanitarie. Tutti invocano il big reset, è arrivato il redde rationem. Non esistono pasti gratis, prima o poi la logica del creare denaro dal nulla con un impulso elettronico per monetizzare debito e finanziare direttamente deficit doveva fare la conoscenza con la realtà. Era inevitabile. Ritardabile, certo. Ma inevitabile.
Proprio oggi il contatore di Bloomberg rendeva noto come le tre principali Banche centrali al mondo (Fed, Bce e Bank of Japan) avevano raggiunto quota 24 trilioni di bilancio congiunto: 9 dei quali come diretta conseguenza dei programmi di contrasto alla pandemia. Tradotto, 9 trilioni di dollari di espansione delle stato patrimoniale in poco più di un anno. Due volte abbondanti quanto messo in campo per Lehman Brothers e la crisi subprime. E adesso? Proseguire o normalizzare? Tertium non datur. Apparentemente, la dittatura delle varianti sembra dirci che governi e regolatori abbiano scelto la prima ipotesi, poiché uno stato di semi-emergenza sanitaria permanente è preferibile a un crollo verticale dei mercati in grado di trasformare il ricordo del 2008 in una passeggiata nel parco.
D’altronde, Boris Johnson è stato chiaro: Dobbiamo imparare a convivere con il virus. Altrimenti, un bel rialzo dei tassi come risposta all’inflazione tutt’altro che transitoria e addio ai vostri fruttuosi investimenti su piattaforma di trading on-line, addio alla contabilità esotica e creativa del Level 3 di praticamente tutte le grandi banche, addio ai leveraged loans e alle zombie firms e al debito junk con rendimenti quasi da AAA,
Fonte: Bank of America
addio agli spread lunari di Paesi come Italia, Grecia e Spagna. Addio mondo degli unicorni, insomma. Meglio il Covid. Tanto i vaccinati sono ormai molti, i rischi di ospedalizzazione e decessi molto ridotti: E’ come un’influenza, si legge su alcuni giornali. Esattamente come accaduto nell’inverno del 2019. Magari questa volta sarà vero. Speriamo.
Ma resta un fatto: per quanto sia comodo scaricare sulla Cina e la sua repressione finanziaria del comparto tech tutta la responsabilità del tracollo di mercato di questa mattina, sarebbe ipocrita negare che le Borse europee abbiano reagito anche alla sconcertante decisione emersa dalla due giorni di policy review straordinaria della Bce. Signore e signori, da oggi il target inflazionistico non è più attorno ma inferiore al 2%, bensì il 2%. Addirittura con possibilità di over-shoot temporaneo. Alleluja, alleluja! Importanza di questa mossa per le attuali dinamica di distorsione totale di price discovery e fair value su ogni assets al mondo? Pari a zero. Visto che, piaccia o meno, le principali Banche centrali stanno già operando in regime di totale disinteresse dei trend dei prezzi da almeno tre mesi: transitorietà, questa la parola d’ordine.
D’ora in poi, semplicemente, quella transitorietà non dovrà essere più giustificata ufficialmente. Quantomeno fino al 4-5% di aumento su base annua, raggiunto il quale qualcuno a Francoforte - sponda Bundesbank - metterà mano alla pistola. Il mercato si attendeva altro: Pepp open-ended a causa delle varianti, addio scadenza del 31 marzo 2022 e via con l’envelop. In sua assenza, tonfo. Perché puoi fregare i cittadini comuni con certi comunicati ma non chi opera con soldi suoi o dei suoi clienti. Una delle principali novità della policy review, infatti, è stata la proposta di inclusione dei costi per gli immobili abitati dal proprietario nel calcolo dell’inflazione. Questi grafici
Fonte: Bce/Eurostat
Fonte: Oxford Economics/Haver Analytics
sul trend storico recente mostrano plasticamente quanto rischia di pesare questa «rivoluzione» sulle prospettive future: zero. Di fatto, cortina fumogena. Una passata di Sidol sul corrimano del Titanic.
E la Fed? Le minute pubblicate mercoledì sera parlavano di un board diviso sulla possibilità di intervenire con un principio di taper prima del previsto, stante i dati macro della ripresa. Per qualcuno, già in autunno. Quindi, in quasi contemporanea con la fine dei programmi di sostegno a occupazione e reddito da parte di governo federale e Stati. Praticamente, un suicidio di massa stile setta millenarista giapponese. Impossibile. Quantomeno, stante il fatto che Jerome Powell vedrà scadere il suo mandato alla guida della Fed nel febbraio 2022 e, casualmente, subito prima della pubblicazione dei verbali, le agenzie di stampa statunitensi hanno registrato un diluvio di giudizi positivi del suo operato e di auspici per un secondo mandato. Difficile pensare a una mossa squassa-mercato alla Greenspan. A meno che non sia transitoriamente necessaria per ricominciare a stampare subito dopo, come risposta ai tonfi conseguenti. E questa volta, senza necessità di varianti virologiche.
Probabilmente, quota 24 trilioni di dollari rappresenta il Rubicone di bilancio per le Banche centrali: una volta varcato, è impossibile tornare indietro. Qe perenne. Con quanto ne consegue: di fatto, nazionalizzazione dei mercati a colpi di acquisti obbligazionari, di ETF e magari di singoli titoli o comparti e soprattutto helicopter money per tenere buone le piazze. D’altronde, questo grafico di Deutsche Bank
Fonte: Deutsche Bank
parla chiaro: da quando la crisi Lehman ha dato il via alla stagione del Qe sistemico, le Banche centrali hanno aumentato a dismisura la menzione del vocabolo diseguaglianza negli interventi ufficiali dei loro membri. Cambio di registro e mandato statutario, insomma. Al fine di creare un alibi politicamente spendibile: il Qe contrasta le ingiustizie sociali e reddituali, ne occorre sempre di più.
Invece, le aumenta. E garantisce solo Borse dopate al rialzo, debiti monetizzati e deficit finanziati con denaro stampato dal nulla a costo zero. E guarda caso, questa immagine
Fonte: Bce
mostra l’altra grande rivoluzione partorita dalla due giorni di policy review della Bce: inclusione della lotta ai cambiamenti climatici nelle scelte di politica monetaria. Ovvero, è nato il Qe green. Siamo alla frutta. Endgame. Quindi, basta ipocrisie: se vogliamo il mondo degli unicorni, degli spread sovrani azzerati alla faccia dei fondamentali e del premio di rischio, delle Borse in rialzo sistematico e del welfare universalistico che garantisca potere d’acquisto contro un’inflazione tollerata su livelli superiori al passato, occorre il Covid. O l’Isis. O la minaccia del nucleare iraniano. O gli alieni. Di fatto, l’emergenza è l’unico driver di mercato. Punto.
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