Un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio riscrive l’assetto di un intero settore produttivo del paese: gli esiti vittoriosi della lotta animalista.
L’approvazione della Legge di Bilancio 2022 è attesa entro la fine dell’anno e in questi ultimi giorni frenetici si lavora ancora agli ultimi dettagli sul testo.
Un emendamento in particolare coglie però l’attenzione mediatica e lo fa posizionandosi come un risvolto piuttosto inaspettato dal punto di vista dell’industria della moda e del suo impatto faunistico: grazie al lavoro di Lav (Lega Anti Vivisezione), della capogruppo di Leu al Senato Loredana De Petris e altri 9 sentori, dal 1° gennaio 2022 in Italia saranno vietati gli allevamenti di «animali di qualsiasi specie» che vengono fatti riprodurre in cattività e uccisi con lo scopo di ricavarne pellicce.
Oggi si commenta la notizia guardando ai risvolti pratici di questa decisione, ascoltando la voce dei protagonisti della vicenda e lo storico degli eventi che ci hanno condotto fin qui.
Le dichiarazioni di Lav
L’approvazione dell’emendamento ha avuto luogo in sede di Commissione Bilancio del Senato. Questo team di lavoro però ha operato in risposta alle forti mobilitazioni della Lega Anti Vivisezione che, comprensibilmente, oggi festeggia uno dei suoi più grandi successi e traguardi dichiarando che questa vittoria sia “frutto dell’instancabile lavoro di contatto, informazione e collaborazione portato avanti in questi anni”.
Lav si è inoltre dimostrata riconoscente con tutti i soggetti istituzionali coinvolti che hanno supportato la causa, ma anche soprattutto con “le decine di migliaia di persone che hanno sostenuto la battaglia e firmato le petizioni". Un contributo sostanzioso che, ancora una volta, si muove dal basso e nel tempo realizza risultati concreti.
Simone Pavesi, responsabile dell’area Moda Animal Free si spinge oggi a definire l’Italia come un paese più civile. Guardando al panorama europeo questo infatti è un sostanziale allineamento alle pratiche già adottate da circa 20 stati dell’Unione. In virtù di questo anche Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, ha definito l’approvazione dell’emendamento una «vittoria».
La risposta degli oppositori
L’unica voce di dissenso arriva quindi, prevedibilmente, dall’Associazione Italiana Pellicceria. Le motivazioni addotte in questo caso sono sì di carattere economico, ma non solo. A dire la sua è stato, primo fra tutti, il presidente dell’Associazione Roberto Tadini.
In una sua nota si legge chiaramente:
“Riteniamo che con questo gesto sia stato bandito un pezzo di storia di questo Paese. Il nostro appello va al Presidente Draghi e al suo senso di responsabilità per rivedere quella che a nostro parere è stata un’operazione ideologica inserita in una Legge senza avere alcun legame con necessità di bilancio di Stato”.
A onor del vero però la realtà produttiva di questo settore era già mutata a inizio 2020 quando, il ministero della Salute aveva stabilito la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni su tutto il territorio italiano a scopo precauzionale. L’intervento era stato reso necessario dallo sviluppo di una mutazione del virus SarS-Cov2 che lo avrebbe reso facilmente trasmissibile all’uomo, mutazione individuata proprio negli organismi di questi animali grazie ad alcuni studi condotti in diversi paesi europei. Da allora la sospensione temporanea dell’attività industriale era stata oggetto di una proroga fino al 31 dicembre 2021.
Il futuro delle industrie del settore e degli animali
Visoni, volpi, procioni e cincillà non potranno più essere allevati e uccisi per ricavarne pellicce. Le aziende che ancora oggi portavano avanti la propria attività occupando questa fetta di mercato quindi dovranno essere riconvertite entro il 30 giugno del 2022.
Le nuove norme riguarderanno in particolare i 5 allevamenti di visoni ancora attivi in Italia che si trovano nelle province di Brescia, Cremona, Forlì-Cesena, Ravenna, L’Aquila. Per indennizzare questi enti al momento sono stati stanziati 3 milioni di euro ma c’è ancora molto da discutere in materia di ricollocamento degli animali che ad oggi si trovano in quelle strutture.
I 7.039 visoni riproduttori ancora presenti negli allevamenti ad esempio potranno rimanervi fino al prossimo 30 giugno e per il momento sappiamo che saranno destinati ad apposite strutture preferibilmente «gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute». Ulteriori indicazioni volte a regolare cessione, sterilizzazione e detenzione dei visoni saranno invece contenute in un apposito decreto dei ministeri della Transizione ecologica, dell’Agricoltura e della Salute che dovrebbe vedere la luce entro il 31 gennaio 2022.
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