Fase 2, a Milano risale l’indice del contagio: cosa si rischia ora

Leonardo Pasquali

22/05/2020

L’indice di contagio torna a salire a Milano e provincia. Sono i primi effetti delle riaperture della Fase 2? Quali sono i rischi?

Fase 2, a Milano risale l’indice del contagio: cosa si rischia ora

A Milano sale l’indice di contagio e l’epidemia di coronavirus torna a preoccupare. L’R(t) è infatti arrivato a 0,86, il numero più alto dall’inizio della Fase 2.

Questo tasso è un importante termometro dell’andamento dell’epidemia e almeno inizialmente, dopo le riaperture del 4 maggio, le cifre erano sembrate rassicuranti ma più ci si avvicina alla soglia dell’1 più i rischi si moltiplicano.

Nel caso in cui dovesse aumentare ulteriormente nei prossimi giorni, è possibile che vengano reintrodotte diverse restrizioni. Da questo valore dipenderanno anche le sorti degli spostamenti tra regioni ammessi dal 3 giugno. Infatti secondo gli esperti solo un indice sotto lo 0,2 può consentire gli spostamenti territoriali senza limitazioni.

A Milano risale l’indice di contagio

In Lombardia è di nuovo allerta, l’indice di contagio dell’epidemia di coronavirus è infatti tornato a salire. L’R(t) secondo i dati del 21 maggio ha raggiunto lo 0,86 a Milano, in città e provincia, molto vicino quindi alla soglia limite di 1. Si tratta del tasso più alto registrato finora dopo l’alleggerimento del lockdown iniziato il 4 maggio scorso. La Regione sembrava tener botta alle prime riaperture, l’11 maggio i dati dell’Agenzia di Tutela della Salute riportavano un valore di poco superiore allo 0,6.

L’importante comunque in termini di curva dei contagi è che esso rimanga sotto l’1, visto che in quel caso significherebbe che l’epidemia è ancora in ritirata. Per avere una visione d’insieme su questi dati, basta considerare che a metà febbraio prima che venisse scoperto il ‘paziente 1’, l’indice di contagio si aggirava tra il 3 e il 4. Un positivo in quel periodo riusciva a contagiare fino a 4 persone.

Fase 2 a rischio

Negli ultimi calcoli sull’R(t) condotti dall’Istituto Superiore di Sanità e Fondazione Bruno Kessler rientrano sia i nuovi malati, sia i positivi al test sierologico e successivamente al tampone. All’interno dei dati però non vengono più inseriti i sintomatici, cioè quelli segnalati dai medici di base e quindi possibili positivi. Come riporta il Corriere della Sera, gli esami condotti anche su chi era in quarantena hanno rivelato che il 10% delle persone ha la malattia in corso.

Il rischio è che si possano fare passi indietro per quanto riguarda le riaperture e sulla mobilità dei cittadini. In questi giorni si sono moltiplicati gli episodi di assembramento e di movida ‘eccessiva’ nelle grandi città. I medici si sono rivolti soprattutto ai giovani chiedendo loro di fare più attenzione, rispettando le regole di distanziamento sociale e utilizzando correttamente la mascherina.

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