Un report del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti mette in luce una serie di problematiche legate agli NFT e al loro ruolo nel riciclaggio di fondi.
Gli NFT possono facilitare il riciclaggio di denaro nel mercato dell’arte. Questo è quanto si evince dalla lettura del report denominato «Study of the facilitation of money laundering and terror finance through the trade in works of art», pubblicato a inizio febbraio dal Dipartimento del Tesoro statunitense.
Sebbene il documento riservi ai non-fungible token solo una breve menzione, è possibile che una simile notizia possa avere importanti implicazioni per il futuro del mercato di riferimento, il quale presenta volumi che lasciano ben sperare in una crescita nel corso del 2022.
NFT e riciclaggio: cosa dice il report USA
In primo luogo, il report rimarca come la popolarità degli NFT è aumentata sia tra gli operatori del mercato dell’arte tradizionale, come ad esempio gallerie e società che gestiscono aste, che tra gli utenti privati. Purtroppo tali risorse crittografiche non avrebbero, a detta delle autorità USA, una classificazione definitiva: l’unicità di ogni token lo renderebbe equiparabile a un oggetto da collezione, tuttavia in determinate circostanze un NFT potrebbe assumere le caratteristiche di un asset virtuale. Ne segue che le piattaforme che gestiscono la compravendita di non-fungible token si vedrebbero classificate come «fornitori di asset e servizi virtuali», e soggette quindi alle normative antiriciclaggio disposte dai regolatori USA.
Il rapporto pone poi l’accento sul procedimento grazie al quale le associazioni criminali potrebbero riciclare denaro prendendo parte alla negoziazione degli NFT: come prima cosa, si procede con l’acquisto di un token sfruttando l’anonimato garantito dalla Blockchain, la quale elimina ogni costo finanziario che sarebbe tracciabile se si prendesse parte a un’asta tradizionale. Una volta acquistato l’NFT, i criminali iniziano a gonfiarne i volumi di vendita eseguendo scambi tra wallet in possesso della medesima organizzazione. A questo punto le quotazioni del token raggiungono livelli che possono far gola a molti utenti, i quali finirebbero per acquistarlo. Al termine del procedimento, i criminali si ritrovano con delle plusvalenze legate alla vendita del non-fungible token, che non sono di provenienza illecita.
“Questi tipi di contratti possono costituire un incentivo a plasmare un mercato in cui l’opera d’arte viene scambiata ripetutamente in un breve periodo. Sebbene ciò possa garantire che gli artisti siano compensati per il loro lavoro dopo la prima vendita, l’attività può favorire il riciclaggio di denaro, poiché l’incentivo a negoziare può essere potenzialmente superiore all’incentivo a verificare l’identità dell’acquirente dell’opera”.
In questo passaggio del report si fa riferimento agli smart contract che permettono ai creatori degli NFT di ricevere una royalty ogni volta che si effettua una vendita dei loro token.
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Le stime sul riciclaggio legato agli NFT
Nel report del Dipartimento del Tesoro USA non sono presenti stime relative all’ammontare dei fondi riciclati nel mercato degli NFT. Tuttavia la società di analisi blockchain singaporiana Chainalysis ha fornito alcuni dati che possono aiutare a comprendere meglio il fenomeno: nel terzo trimestre del 2021 oltre $1 milione speso per l’acquisto di non-fungible token proveniva da crypto wallet associati ad attività truffaldine, mentre negli ultimi tre mesi del 2021 sarebbero stati riciclati circa $1,4 milioni.
Gli analisti di Chainalysis hanno affermato che i volumi si mantengono ancora bassi, seppur sia emersa una modesta crescita su base trimestrale. Si deve precisare che nel corso del 2021 il totale dei fondi riciclati mediante le criptovalute ha superato gli $8,5 miliardi.
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