Green pass discriminatorio secondo il Consiglio d’Europa: le motivazioni

Chiara Esposito

06/02/2022

Controversie ideologiche portano alla bocciatura del documento. La ricostruzione delle motivazioni e i possibili effetti di questa dinamica.

Green pass discriminatorio secondo il Consiglio d’Europa: le motivazioni

A Strasburgo, città dove ha sede l’organizzazione del Consiglio d’Europa, viene ufficialmente bocciato il Green Pass.

Le comunicazioni in questione sono state riprese da IlFattoquotidiano che, prendendo visione dell’ultimo report stilato dall’assemblea degli stati membri, ha diffuso la notizia.

Sebbene l’ente sia distinto dagli organi UE e questo verdetto non risulti affatto vincolante per le nazioni che sono parte della comunità europea, la notizia risulta rivelante per le motivazioni addotte dai suoi portavoce: il documento sarebbe da considerarsi uno strumento «discriminatorio» con funzione «punitiva».

Articolando le proprie posizioni quindi il Consiglio fa parlare di sé e dà, all’Italia e al resto dei Paesi comunitari, l’occasione di tornare a riflettere su posizioni che, in buona parte, sembravano ormai accantonate o comunque depotenziate.

Cos’è il Consiglio d’Europa?

Sappiamo che fu fondato il 5 maggio 1949 con il trattato di Londra e che conta ad oggi 47 Stati membri.

Lo scopo iniziale dell’istituzione del Consiglio d’Europa (CdE) era quello di evitare che le atrocità della seconda guerra mondiale si ripetessero mentre dopo il 1989, il ruolo CdE è mutato diventando quello di:

  • ispiratore di un modello politico e il custode dei diritti dell’uomo per le democrazie post-comuniste d’Europa;
  • assistenza dei paesi dell’Europa (centrale e orientale) nell’attuazione e nel consolidamento delle riforme politiche, economiche, legislative e costituzionali.

Come si legge sullo stesso sito dell’ente:

«Il Consiglio d’Europa e l’Unione europea condividono gli stessi valori fondamentali - diritti umani, democrazia e stato di diritto - ma sono entità distinte che svolgono ruoli diversi, seppur complementari».

Mentre infatti il Consiglio Europeo riunisce i Capi di Stato e di governo per decidere le strategie da adottare, la posizione del Consiglio d’Europa è quella di «garante della sicurezza democratica basata sul rispetto dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello Stato di diritto». Un’opera di vigilanza se così vogliamo chiamarla.

Il Consiglio d’Europa quindi non ha nessun collegamento diretto con le politiche attive dell’Ue e dei suoi vari organi.

Nonostante ciò, il peso delle recenti dichiarazioni non va sottovalutato.

Perché il Green Pass è discriminatorio?

Dal giorno in cui si è iniziato a parlare di Green pass le perplessità e i dubbi sulla validità, l’utilizzo nonché la legittimità di questo strumento si sono avvicendati in maniera copiosa senza però ostacolarne troppo il suo percorso di affermazione.

Ora però si punta a rimettere tutto in discussione e per capire se questo sia possibile dobbiamo sguardare alle dichiarazioni e alle richieste avanzate dallo stesso Consiglio. Partiamo dalle prime.

Il punto focale della questione e la connessione tra Green pass e l’obbligo di vaccinazione a causa della forza stringente del primo che rende concreta, seppur in maniera ufficiosa, la seconda variabile. Questa dimensione di obbligo non è apprezzata dall’assemblea degli stati.

Il concetto di Green pass inoltre, secondo il report, sarebbe «contrario alla scienza» perché strumento politico non capace di rispecchiare il valore temporale reale di durata dei vaccini. Le stesse modificazioni del suo spettro di durata non sembra coincidono con considerazioni di natura scientifica.

Veniamo quindi alle richieste più palesi. Secondo il report si dovrebbe:

  • informare i cittadini che nessuno deve farsi vaccinare se non vuole;
  • garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato.

Per soddisfare l’ultimo punto però viene spontaneo domandarsi se allora non sia da rimettere in discussione l’intero sistema di controllo. Se l’«atto di discriminazione» passa dal mancato accesso ai servizi, anche quelli non essenziali, crolla tutto. Se invece, come accade in Italia, gli spostamenti e le attività di base continuano ad essere garantite si è comunque oltre la soglia della discriminazione?

Quanto conta davvero il Consiglio d’Europa

Facciamo però un passo ulteriore e chiediamoci come e quanto queste parole potranno influire sul futuro.

Seppur costituendo una funzione puramente «formale» quest’organizzazione incarna sul piano ideale il fulcro dei principi ispiratori delle politiche da adottare in Europa. Le leggi da disporre nell’avvenire sono influenzate e condizionate da questi verdetti. Non a caso, buona parte degli Stati membri di questa organizzazione sono anche membri dell’Ue.

Davanti quindi alle scelte che tutti i governi dei singoli Stati si troveranno ad affrontare ci sarà da tenere in considerazione questa nuova variabile: la legittimazione delle posizione ideologiche avverse al pass è arrivata e, soprattutto, è giunta da parte di un attore di rilievo del panorama internazionale. Frange e movimenti di oppositori del Green pass potrebbero avvalersi di questo appoggio «dall’alto» per far pressione sull’esecutivo di turno e ottenere mediazioni ed accordi più vantaggiosi rispetto alle proprie convinzioni.

Alla domanda «non è forse troppo tardi per assumere una posizione tanto netta?» possiamo quindi rispondere che no, queste parole forti, seppur non sostenute già da atti legislativi, potrebbero latentemente condizionare i destini di diverse nazioni. Spetterà ai singoli fronti avversi provare a «cogliere la palla al balzo».

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