Secondo Goleman solo leader dotati di grande intelligenza emotiva avrebbero potuto guidare le imprese di successo.
Ha quasi trenta anni il libro “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per il mondo del business. Ma quanti danni che, inconsapevolmente, ha creato soprattutto nel mondo della piccola impresa deviandola verso una interpretazione sbagliata delle sue teorie! In quel libro per la prima volta, infatti, venivano evidenziate ricerche scientifiche accurate che dimostravano ciò che si sperava fosse vero, ovvero che l’empatia, le capacità relazionali, il governo delle emozioni fossero più importanti delle mere competenze tecniche.
Chi lavora all’interno soprattutto delle piccole imprese sa bene che questi ingredienti sono una merce rara. È molto più facile incappare in persone (e in capi) arroganti, egocentriche, poco inclini alla comunicazione e con emozioni talvolta fuori controllo. Sapere, quindi, che l’intelligenza emotiva rappresenta la base per il successo personale e l’eccellenza organizzativa appariva come una vera e propria rivincita su tutto ciò che in azienda spesso era assente, oltre che una speranza di miglioramento del clima di lavoro.
Il grande merito di Coleman è stato, quindi, quello di sdoganare definitivamente le “competenze soft” dal loro ruolo ancillare all’interno delle imprese e di far entrare a pieno titolo le emozioni tra gli aspetti di assoluta rilevanza nel lavoro.
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