Gli effetti del Jobs act, la riforma del lavoro del governo Renzi, iniziano a farsi sentire. Crescono le assunzioni a tempo indeterminato, ma i salari rimangono bassi e la disoccupazione alta. Ecco la panoramica del mercato del lavoro in Italia a pochi mesi dall’entrata in vigore della riforma.
A pochi mesi dalla sua entrata in vigore il Jobs act, la riforma del lavoro del governo Renzi, inizia a fare sentire i suoi effetti.
Secondo i dati, infatti, sarebbero aumentate le assunzioni a tempo indeterminato grazie all’introduzione del contratto a tutele crescenti che prevede forti sgravi contributivi a carico del datore di lavoro. Se la diffusione di tale forma contrattuale ha permesso una certa stabilizzazione dei contratti in Italia, rimangono comunque negativi i dati che riguardano gli stipendi e la disoccupazione: mentre i primi rimangono bassi, la seconda risulta ancora alta soprattutto tra i giovani.
Jobs act, le assunzioni a tempo indeterminato
Positivi sono i dati che riguardano le assunzioni a tempo indeterminato.
A maggio 2015 in Italia i contratti di lavoro attivi risultavano 934.258, con un saldo positivo fra assunzioni e cessazioni di 184.707. Il 19% dei nuovi contratti di maggio risulta essere stato stipulato a tempo indeterminato.
Positivo anche il saldo fra nuove assunzioni a tempo indeterminato e cessazioni (271 unità).
Al contrario risultano invece in calo le assunzioni a tempo determinato (da 70,3 a 68,8%) e le collaborazioni (da 5,7 a 3,9).
Il merito dell’impennata di assunzioni a tempo indeterminato è sicuramente da rinvenirsi nell’introduzione del contratto a tutele crescenti introdotto con il Jobs act che, oltre a permettere una maggiore flessibilità sul fronte dei licenziamenti, prevede anche sgravi contributivi per il datore di lavoro.
Jobs act, la disoccupazione resta alta
Nonostante i dati incoraggianti che arrivano dal fronte dei contratti, secondo le rilevazioni dell’Ocse la disoccupazione in Italia continua a registrare punte record: nel 2014 si è registrato un picco del 13% a novembre che a fine anno è sceso al 12,7% (facendo registrare un incremento di sei punti rispetto ai livelli pre-crisi). A maggio 2015 il miglioramento dopo la riforma (12,45%) delinea un trend per l’anno corrente meno drammatico; è previstoun tasso medio a fine anno di 12,4% che dovrebbe scendere nel 2016 (11,9%).
Ad avere la peggio sono tuttavia sempre i giovani: la disoccupazione giovanile risulta pari al 42,7%, con un aumento di 2,7 punti sul 2013 e un raddoppio sul livello pre-crisi (20,4% nel 2007). Ciò significa che più di un giovane under 30 su quattro non ha lavoro e non studia, con un gap rilevante rispetto alla media Ocse (circa 12,5%).
Jobs act, i salari restano bassi
Altro tasto dolente, oltre il dato sulla disoccupazione, è quello che riguarda i salari. Lo stipendio medio nel 2014 in realtà è leggermente aumentato, +0,8%, ma resta in calo dello 0,4% rispetto al 2007 e, soprattutto, resta in coda alla classifica dei 34 paesi analizzati: l’Italia si piazza al 20esimo posto, dietro a gran parte dei paesi europei.
Confrontando i dati si nota che lo stipendio medio italiano è pari a 35.442 dollari contro i 44.007 della Germania, i 40.917 della Francia e i 38.386 della Spagna. I due paesi con la media più alta sono Stati Uniti e Lussemburgo, sopra quota 60mila dollari.
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