Il Kirghizistan ancora il crocevia degli attacchi terroristici dell’Isis: dopo la strage di capodanno a Istanbul, anche dietro l’attentato di San Pietroburgo ci sarebbe un ragazzo kirghiso.
Il Kirghizistan e il terrorismo: cosa c’è da sapere sul conto di questo piccolo stato asiatico che sembrerebbe essere diventato un crocevia strategico degli ultimi attacchi dell’Isis?
Dello stato del Kirghizistan in occidente poche volte ne avevamo sentito parlare, se non per delle mete turistiche alternative oppure per alcune stravaganti usanze locali. Negli ultimi tempi invece il nome di questa nazione viene sempre più spesso associato al terrorismo.
Dopo la strage di capodanno a Istanbul, dove uno degli attentatori è di nazionalità kirghisa, anche per quanto riguarda il più recente attentato alla metro di San Pietroburgo il sospettato numero uno è un ragazzo proveniente dal Kirghizistan.
Cosa c’è da sapere allora sul Kirghizistan? Cerchiamo di scoprire qualcosa in più su questa repubblica ex sovietica, per capire il motivo di come il fondamentalismo abbia attecchito tra la popolazione sfociando poi in atti di terrorismo.
Il Kirghizistan e il terrorismo
La Repubblica del Kirghizistan è uno stato dell’Asia centrale incastonato tra Cina, Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan. Come tutte le altre nazioni ex sovietiche, ha raggiunto l’indipendenza nel 1991 dopo il disgregamento dell’URSS.
Dopo la cosiddetta Rivoluzione dei tulipani del 2010, il Kirghizistan sta vivendo un periodo di relativa tranquillità politica, anche se non mancano imponenti manifestazioni di piazza quando qualche decisione governativa con convince il popolo.
La posizione geografica particolarmente strategica, ha fatto sì che negli ultimi anni sia gli Stati Uniti che la Russia abbiano fatto richiesta di impiantare proprie basi nel territorio kirghiso, fattore questo che ha alimentato situazioni di conflittualità interna.
Nonostanti i vasti giacimenti di oro, carbone e uranio (era chiamata la “fortezza atomica” dell’URSS), il Kirghizistan può vantare uno dei Pil più bassi al mondo, che si riflette sul reddito della popolazione.
Terminato il periodo dell’ateismo forzato sovietico, al momento l’80% dei kirghisi è di fede musulmana, tanto che nel paese si possono contare più moschee che scuole. A spaventare però è come una vasta fetta della popolazione si sia radicalizzata verso posizioni che abbracciano il terrorismo.
Su poco più di 5 milioni di abitanti, vengono stimati che ci siano circa 7.000 simpatizzanti dell’Isis in Kirghizistan, di cui almeno 600 attualmente sono in Siria a combattere per la difesa dello Stato Islamico.
Dati questi che destano più di una preoccupazione, visto che nei recenti attentati terroristici di Istanbul e San Pietroburgo in entrambi i casi sarebbero coinvolti attentatori provenienti proprio dal Kirghizistan.
La radicalizzazione in Kirghizistan
L’attentato di Londra del 22 marzo scorso ha posto l’accento sul problema della radicalizzazione interna negli stati occidentali. Un fenomeno che già aveva provocato episodi terroristici in Francia e in Belgio.
Le teorie dell’isis e del suo Stato Islamico hanno fatto molto proselitismo sia nelle periferie delle grandi città che nelle carceri. Problematica questa della quale neanche l’Italia può definirsi immune.
Se l’estremismo islamico riesce ad attecchire in stati come Francia e Inghilterra, figuriamoci che terreno fertile possa aver trovato in una stato come il Kirghizistan a grande maggioranza musulmana.
La notte del primo dell’anno a Istanbul, uno commando formato da tre uomini è entrato nella discoteca Reina dove erano in corso i festeggiamenti per il capodanno aprendo il fuoco sui presenti. Il bilancio fu di 39 morti e quasi un centinaio di feriti.
Le immagini riprese da una telecamera di sicurezza che immortalavano uno degli attentatori, fecero fin da subito il giro del mondo. Quei tratti somatici tipici delle popolazioni della Russia orientale ci davano l’identikit di un terrorista diverso dai canoni somatici dei suoi tristemente famosi predecessori.
La nazionalità kirghisa di uno degli attentatori pose il focus sullo stato asiatico, ora tornato nuovamente sotto i riflettori dopo il recente attentato alla metro di San Pietroburgo che ha causato la morte di 14 persone.
Il sospettato numero uno per la strage di San Pietroburgo è infatti Jalilov Akbarzhon, un ragazzo di 22 anni proveniente dal Kirghizistan che sarebbe stato immortalato anche lui da alcune telecamere di sicurezza.
La mancanza di prospettive future per i giovani del Kirghizistan, ha favorito il diffondersi delle teorie jihadiste. Un particolare questo di cui l’Occidente deve tenere conto, perché sono tante altre le polveriere nel mondo pronte ad esplodere.
Situazioni queste che vanno monitorate e sanate fin da subito, per non dover aspettare come spesso accade il fatto di sangue per scoprire l’esistenza di determinate problematiche.
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