Secondo la Consob, dal 2007 al 2019 più della metà delle offerte pubbliche d’acquisto sono servite ai compratori per revocare la quotazione dei titoli: un pessimo segnale per Piazza Affari, la cui capitalizzazione rispetto al Pil è tra le più basse in Europa.
La Consob – Commissione nazionale per le società e la Borsa – riapre il dibattito sulle offerte di pubbliche acquisto (Opa). Secondo l’ultimo studio pubblicato dall’autorità di vigilanza, infatti, dal 2007 al 2019 il 60,6% delle Opa sono state seguite da un delisting del titolo quotato.
Un grido d’allarme teso a scuotere Piazza Affari - già in fondo alla classifica europea per capitalizzazione di mercato rispetto al Pil – dove il volume delle offerte di pubbliche acquisto, aldilà del graduale allontanamento dagli obiettivi che ne avevano giustificato la creazione nel Dopoguerra, è tradizionalmente ad una distanza siderale dal rampante mercato statunitense.
La Consob lancia l’allarme: è tempo di ripensare l’Opa
Secondo la Consob, il trend degli ultimi tredici anni rileva l’allarmante rinuncia dei principi fondanti dell’Opa da parte dei compratori: ovvero, garantire la contendibilità delle imprese, migliorare l’efficienza del sistema finanziario e assicurare una parità di trattamento durante i passaggi di mano delle società quotate agli azionisti di maggioranza e di minoranza.
Analizzando 20.000 dati relativi a 231 offerte di pubblico acquisto nel periodo 2007-2019, la Consob ha infatti stimato che più della metà si sono concluse con un delisting del titolo: tra queste, otto delle prime dieci Opa a Piazza Affari in termini di volumi.
Il trend, inoltre, non interessa solo le piccole società controllate da un solo azionista, ma anche alcune big che, dopo un’Opa miliardaria, sono andate incontro ad un processo di ristrutturazione fuori dal mercato. A rubare l’occhio, negli ultimi anni, soprattutto le operazioni che hanno coinvolto Luxottica e Parmalat.
L’Opa ostile, dunque, sta scomparendo. E i delisting sono in aumento: nel 2020 – parte del calendario finanziario non coperto dallo studio della Consob – il numero di aziende fuoriuscite dal mercato è aumentato di quindici unità, in una tendenza che non sembra destinata a svanire nei prossimi dodici mesi.
Premio medio agli azionisti al 13%
La Consob, inoltre, ha tastato il polo ai premi che vanno a beneficio degli azionisti di minoranza: in media, del 12,6% rispetto al giorno che precede l’annuncio e del 14,5% rispetto alla media annuale dei prezzi.
Brutte notizie anche sul versante del rendimento post-Opa delle società quotate in Borsa. Secondo le stime della Consob, i titoli che sono stati interessati da un passaggio di mano hanno ceduto mediamente il 6% dopo un anno, quota che sale al 7% se si prende in considerazione l’intero triennio.
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