La Costituzione si tinge di verde

Francesco Maggio

10 Febbraio 2022 - 16:55

La tutela ambientale entra in Costituzione. Finalmente il Parlamento ha votato, dopo tre anni e con maggioranza qualificata, la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione.

La Costituzione si tinge di verde

Finalmente l’ambiente è entrato nella Costituzione italiana. Martedì 8 febbraio, infatti, il Parlamento ha votato definitivamente, dopo tre anni e i quattro passaggi di approvazione necessari tra Camera e Senato, la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione. Modifica che, essendo stata approvata con maggioranza qualificata, non richiederà un referendum confermativo.

L’art. 9, prima dell’«integrazione» ambientale, recitava così:

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Adesso recita così:

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali»

.

L’art. 41, prima dell’”integrazione” ambientale, recitava così:

«L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

Adesso recita così:

«L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».

Viene quindi colmata una grande lacuna causata dall’assenza delle tematiche ambientali nel dibattito pubblico all’epoca dell’entrata in vigore della nostra Costituzione il primo gennaio 1948. E solo in parte “aggirata” grazie all’ingegno di un grande giurista quale fu Alberto Predieri che riuscì a far rientrare in qualche modo nell’accezione di “paesaggio”, menzionato nell’art. 9, anche quella di ambiente.

Le cose andarono così come le spiegò suggestivamente qualche anno fa su Repubblica (9 ottobre 2018) il costituzionalista Michele Ainis: «Negli anni Sessanta emerse la questione ambientale, l’allarme inquinamento del pianeta. La Carta del 1947, tuttavia, era orfana di qualsiasi riferimento all’ambiente, alle relazioni tra l’uomo e la natura. L’articolo 9 parlava del “paesaggio”, riflettendo una concezione estetizzante del patrimonio naturale tipica dell’epoca, e già scolpita nella legge Bottai del 1939 sulle bellezze naturali. In quell’accezione era paesaggio il belvedere, il panorama, uno scorcio delle Dolomiti o della Costiera amalfitana. Poi intervenne l’interpretazione di un giurista, Alberto Predieri. Lui disse: ma dopotutto qual è il significato letterale di paesaggio? Paesaggio vuol dire “forma del Paese”, e quella forma è incisa dall’azione umana, è il prodotto della storia, è l’ambiente. Così la proposta interpretativa di Predieri fu accettata dalla stessa Consulta e l’ambiente fece ingresso tra i valori costituzionali, pur non venendo espressamente menzionato».

Ecco, adesso l’ambiente viene invece espressamente menzionato ed è una grande conquista per il nostro Paese che disporrà d’ora innanzi di un’”arma” formidabile per potersi dotare di leggi più stringenti e innovative per la tutela della natura.

Ma anche per quanto riguarda l’art. 41 della Costituzione le modifiche introdotte sono particolarmente importanti. Soprattutto per un aspetto: blindano questo articolo finito nell’occhio del ciclone troppe volte perché ritenuto una sorta di ostacolo alla libertà di iniziativa economica.

Pur essendo in realtà un monito lungimirante dei padri costituenti per la promozione di una cultura diffusa della responsabilità sociale d’impresa oggi tanto in voga e, di fatto, imprescindibile per la reputazione di molte aziende, l’art. 41 negli anni è stato talora percepito come un freno allo sviluppo. Tanto che nel 2010, l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, propose durante il G20 a Busan in Corea del Sud di metterlo “in sospensione” per qualche anno per eliminare lacci e lacciuoli (famosa espressione di Guido Carli) che frenavano la nostra economia e «rendere possibile tutto ciò che non è proibito».

Gli risposero a stretto giro di posta, confutando una simile argomentazione, tra gli altri giuristi di vaglia come Pietro Ichino («L’art. 41 non impedisce affatto né interventi di liberalizzazione né quelli di semplificazione») e Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale («In oltre mezzo secolo non è dato trovare una sola sentenza della Corte costituzionale che abbia censurato una legge di liberalizzazione dell’economia, mentre se ne trovano diverse che hanno censurato interventi legislativi in quanto irragionevolmente lesivi della libertà di impresa»).
Ma non tutte le perplessità su quell’articolo furono mai definitivamente fugate. Adesso invece, con l’introduzione dei temi ambientali nessuno potrà più osare muovere critiche a questo articolo che diviene davvero il punto di riferimento costituzionale per la responsabilità sociale e ambientale d’impresa.

Dicevo poc’anzi della lungimiranza dei padri costituenti. In effetti, se abbiamo una Costituzione sempre “fresca” ed elastica, capace di adattarsi ai tempi senza mai snaturarsi, lo dobbiamo proprio a loro. Uno dei quali, tra i più noti, Piero Calamandrei, parlò in proposito di “Costituzione presbite”, ossia capace di vedere lontano. E che sulle questioni sociali così si esprimeva in sede di assemblea Costituente: «La nostra Costituente si troverà di fronte a un rinnovamento ancora da fare. Dovrà redigere un elenco di tendenze, non di fatti compiuti, l’Italia si trova a dover essere non l’epilogo ma il prologo di una rivoluzione sociale. Ma questo non dovrà scoraggiarci: noi uomini vissuti e destinati a morire in questa tragica stagione del dolore dovremo serenamente creare nella Costituzione lo strumento per aprire alla giustizia sociale le vie di un domani che noi possiamo soltanto intravedere».

Proprio quello che è accaduto martedì 8 febbraio alla nostra Costituzione, apertasi finalmente ai temi della sostenibilità ambientale.

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