È veramente finita la crisi in Grecia, che qualche anno fa aveva messo a rischio la stessa solidità della intera area euro?
Ha destato sensazione la notizia che la borsa di Atene nel 2019 ha avuto la migliore perfomance del mondo, con un guadagno di quasi il 50%. Questa notizia ha fatto gridare subito al miracolo della ripresa economica della Grecia, grazie al programma di aiuti da parte dell’Europa.
Ma è veramente finita la crisi in Grecia che qualche anno fa aveva messo a rischio la stessa solidità della intera area euro?
Il PIL in Grecia è in salita, ma...
Sicuramente molti dati mostrano che il paese è uscito dalla fase più acuta della crisi e la fine del programma di aiuti nel 2018 ha permesso nuovamente l’accesso al mercato dei capitali per i titoli di Stato ellenici. Il PIL in Grecia nel 2019 è cresciuto del 2,1% e la Commissione europea prevede per il 2020 una crescita del 2,2%. Questo recupero è stato certificato anche dall’OCSE che in un recente report ha affermato che il paese è ormai fuori dalla fase acuta della sua crisi e che i suoi “immani sforzi non sono stati vani”.
Ecco, il punto forse sta proprio nel termine “immane” che rappresenta come il paese, se da un lato possa considerarsi fuori dal rischio default, abbia comunque ancora moltissima strada da fare per potere dare al suo popolo ormai stremato una speranza di vita decente.
Basti pensare che il reddito pro capite è ancora di quasi il 30% inferiore al periodo pre-crisi. La disoccupazione rimane al 20%, mentre il rischio di povertà ad esclusione sociale è al 31%. Dal 2011 al 2018 la popolazione è calata di 380.000 unità. Questo anche perché il tasso di natalità è fra i più bassi al mondo. E ciò inevitabilmente ha ripercussioni sulla situazione economica e la vivibilità della principali città greche.
Agelus Mitrokavis 36 anni, laureato in ingegneria robotica, ha dovuto emigrare in Francia due anni fa, perché “qui in Grecia non si trova nessun tipo di lavoro. La situazione è assolutamente invivibile. Vedo mio padre che dopo una vita di lavoro deve convivere con una pensione di 520 euro al mese. La Grecia non è assolutamente uscita dalla crisi. Certo i dati economici sono migliorati, ma non certo le condizioni di vita dei suoi abitanti, che anzi continuano a peggiorare”.
Il tasso di suicidi con una impennata del 40%, rispetto al 2010, dimostra quanto l’insoddisfazione dei cittadini abbia ormai superato il livello di guardia.
L’apertura della Grecia alla Cina
Le elezioni di luglio hanno dimostrato che la misura è colma e la sconfitta di Tsipras ai danni della destra di Kyriakos Mitsotakis ne è stato un chiaro segnale. Ecco allora che il nuovo premier, dopo aver sottolineato il distacco dal suo predecessore, accusato di aver venduto il paese a Francia, Germania, ha imposto una nuova linea, che guarda con sempre maggiore interesse alla Cina piuttosto che all’Europa.
Ne è chiara dimostrazione il nuovo accordo siglato l’11 novembre con il presidente cinese, che dovrebbe essere un monito a tutti quelli che anche nel nostro paese, cinque stelle in testa, guardano con favore al dragone cinese. Il neo premier greco, infatti, ha offerto agli investitori cinesi l’accesso privilegiato nei settori energetici e infrastrutturali del Paese ottenendo in cambio più esportazioni agricole e rotte turistiche. Xi Jinping ha definito l’accordo “un modello di cooperazione sino-europea”. Questo vuol dire che dopo aver svenduto il porto del Pireo ai cinesi della Cosco, ora la Grecia potrebbe cedere, in cambio di un po’ di esportazioni e di turismo in più, importanti strutture strategiche come quelle energetiche.
Il fatto che l’Europa come al solito assista a tutto ciò senza batter ciglio dimostra ancora una volta come questa Unione Europea così come è stata concepita, stia facendo acqua da tutte le parti.
La Grecia oggi rappresenta il ventre molle di un’Europa che sempre più dimostra tutta la sua debolezza e inadeguatezza di fronte ai due giganti mondiali USA e Cina. Il programma di austerità imposto al paese ellenico ha avuto l’effetto di ridurre la Grecia allo stremo e in balia dei giganti dell’economia mondiale che possono sfruttare la Grecia come porto di ingresso in Europa.
Il bottino ellenico di Germania e Francia
Certo, occorre dire che anche la Germania ha avuto la sua parte, acquistando gli undici aeroporti principali del paese grazie alla Fraport, interessata alla gestione di flussi turistici nell’isola che nel 2018 hanno registrato il record di 33 milioni di arrivi. Ma non si ferma qui l’ingresso tedesco in Grecia: la Deutsche Telekom possiede, infatti, il 45% più un’azione della Hellenic Telecommunications Organization (Ote), l’ex monopolista ellenico e ora maggior compagnia di telefonia del paese mediterraneo che conta 8 milioni di clienti nella telefonia mobile e 14 milioni nell’Europa sud orientale.
Il 30 maggio 2018 la Deutsche Telekom ha sborsato 284 milioni di euro al Fondo per le privatizzazioni greco Hellenic Republic Asset Development Fund (HRADF) per un 5% di azioni Ote così da raggiungere l’attuale 45% complessivo.
Ma certo la Francia non è stata a guardare considerando che, già ai tempi di Manuel Valls, siglò alcuni importanti accordi con la Grecia per l’ingresso delle aziende pubbliche francesi nel settore energetico e idrico. Il 20 luglio 2018, il governo greco ha accettato di vendere il 66% di Desfa Sa (gestore della rete di gas naturale) a un consorzio europeo composto da Snam, Enagas International e Fluxys Sa per 535 milioni di euro. Tenuto conto che, come scrive Bloomberg, il governo ellenico ha già selezionato Glencore Energy U.K. e Vitol Holding BV per l’acquisto di una quota del 50,1% del più grande raffinatore del paese, Hellenic Petroleum, il quadro è completo e rischia di assumere i contorni di una vera e propria svendita di stato ai ricchi investitori esteri.
Non esiste alcun miracolo greco
Ecco allora che parlare di miracolo greco grazie al programma di austerità europeo, appare quantomeno fuorviante. La crisi sta ancora facendo sentire i suoi morsi fra le centinaia di migliaia di greci sotto la soglia della povertà, e il piano di privatizzazioni corre il rischio di impoverire ancora di più il paese greco, riducendolo sempre più come una sorta di succursale delle grandi potenze mondiali, che non a caso stanno lavorando per far diventare l’Europa sempre più conflittuale e debole per renderla aggredibile dal punto di vista economico.
Ma tutto questo ai burocrati di Bruxelles sembra non interessare e sono disposti a cedere parte della sovranità dei paesi membri in nome del controllo dei deficit e del debito pubblico. Altri paesi come gli Stati Uniti, tornati a una robusta crescita da un decennio, sembrano aver optato per ben altre politiche di sviluppo.
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