Il sogno di Martin Luther King era una società fatta di individui rispettosi davanti alla legge che è sempre uguale per tutti. L’America ci è riuscita?
L’ultimo episodio di ipocrisia politica mostrato dai Democratici è stato l’attacco al senatore afro-americano Tim Scott (Sud Carolina). Scott è il solo Repubblicano nero in Senato, ed era stato incaricato dal partito di fare il tradizionale commento di replica della opposizione a Joe Biden, che ha tenuto il suo primo discorso davanti al Congresso unificato. Il messaggio più forte del senatore di colore? “Ascoltatemi chiaramente: l’America non è un paese razzista”, e ha offerto al pubblico una visione ottimistica imperniata sulla dignità del lavoro, la libertà individuale contro la dipendenza dal governo e la fiducia nel principio delle uguali opportunità per chiunque di crescere e migliorare la propria condizione.
Non l’avesse mai detto. Sul web è diventato virale l’hashtag #UncleTim (Zio Tim, greve allusione allo Zio Tom della famigerata Capanna), perché per i liberal della sinistra USA non è concepibile che uno possa essere nero e conservatore. Se lo è, diventa automaticamente uno scomodo disturbatore della narrazione dei Democratici e del mainstream, nelle redazioni e nelle università, che hanno scaricato la lezione di riscatto individuale e di integrazione di Martin Luther King e la stanno via via sostituendo con la Critical Race Theory, la Teoria Critica della Razza.
La Teoria Critica della Razza
Nata nelle università d’elite negli Anni 70 (l’attivista e professore nero della Harvard School of Law Derrick Albert Bell Jr. è accreditato come uno dei suoi fondatori) la CRT si basa su due sostanziali capisaldi. Il primo è che esiste la ‘supremazia bianca’ che è fonte di razzismo sociale e conserva il suo potere attraverso le leggi. Il secondo è che si deve e si possono trasformare le relazioni fra la legge e il potere razzista, e raggiungere l’emancipazione razziale e l’anti-subordinazione.
Come, non è dato saperlo. Per capire e combattere il fenomeno delle discriminazioni e della violenza della polizia, per esempio, la CRT non si basa su prove e numeri, che misurano la realtà e i trend. Conta l’episodio eclatante e simbolico, come la tragedia della morte di George Floyd ucciso dal poliziotto bianco, dichiarato colpevole, ma anche gli altri neri morti per mano di agenti poi assolti per aver agito in legittima difesa. Nulla, invece, pesano le migliaia di vite di giovani neri uccisi da altri giovani neri nelle città governate dai Democratici.
Le vite nere contano ma solo se sono monetizzabili politicamente. La teoria della razza nera schiacciata dalla supremazia bianca è lo strumento della sinistra per mantenere in eterno uno stato di tensione nel paese , che (per ora) paga politicamente alle elezioni ma nulla fa per migliorare concretamente, efficacemente, le condizioni di vita o il “benessere” culturale e sociale delle minoranze. La massima ed evidente debolezza della tesi sostenuta dai seguaci odierni di una teoria razziale di mezzo secolo fa, insomma, e’ che non tiene conto, sfacciatamente, della realtà.
Negare che ci sia stata una oggettiva evoluzione in America nel corso degli ultimi due secoli, ma in particolare dal 1965 (anno della legge dei diritti civili pari per tutte le razze, per la quale votò in Congresso una percentuale di Repubblicani più alta rispetto ai Democratici) è assurdo. La sinistra irrideva già Colin Powell e Condoleeza Rice, i due segretari di Stato afro-americani, e repubblicani, di George Bush, così come oggi sbeffeggia Scott.
Conservatori, quindi “non veramente neri”. Ma per ignorare le due elezioni di Barack Obama nel 2008 e nel 2012, e l’elezione di Kamala Harris vicepresidente nel 2020, occorre sfoderare una immortale sfrontatezza dialettica che si affida alla connivenza dei media, e dell’establishment woke (politicamente corretto) di Hollywood, e dell’Accademia. Da ultimo, perfino dello sport professionistico e delle corporation codine.
Recenti casi usciti nelle pagine di cronaca dei giornali di New York hanno tolto il velo all’opera di indottrinamento di presidi e professori in atto nelle scuole superiori e medie, e persino alle elementari. Prima il professore di matematica della Grace Church High School Paul Rossi, che ha perso il posto per la sua testimonianza pubblica contro il nuovo lavaggio del cervello inflitto agli studenti. Poi il genitore di una studentessa della scuola femminile (dall’asilo alla maturità) Brearley, Andrew Guttmann, che ha mandato una lettera agli altri genitori uscita sul New York Post. Entrambi hanno denunciato la deriva della CRT, applicata nelle aule a studenti minorenni da docenti “militanti”.
La denuncia di Andrew Guttmann e il Progetto 1619
Questo stralcio della denuncia di Guttmann esprime a fondo la gravità della degenerazione in atto. “L’ossessione della Brearley per la razza deve finire. Dovrebbe essere abbondantemente chiaro a qualsiasi genitore pensante che la Brearley ha completamente smarrito la sua strada. L’amministrazione e il Consiglio di istituto hanno mostrato una vigliacca e spaventosa mancanza di leadership nell’assecondare un movimento anti-intellettuale e illiberale e permettendo poi alla scuola di esserne preda. Io mi oppongo all’idea che dovrei essere giudicato dal colore della mia pelle. Non posso tollerare una scuola che non solo giudica mia figlia dal colore della sua pelle, ma la incoraggia e la istruisce a pre-giudicare gli altri in base al loro colore. Osservando ogni elemento dell’educazione, ogni aspetto della storia e ogni aspetto della società attraverso la lente del colore della pelle e della razza, stiamo dissacrando l’eredità di Luther King e violando completamente il movimento dei diritti civili per il quale i leader credettero, combatterono e morirono. Mi oppongo all’accusa di razzismo sistemico in questo paese e nella nostra scuola. Il razzismo sistemico, propriamente inteso, è costituito da scuole separate e banchi separati. È l’internamento dei giapponesi e lo sterminio degli ebrei. …Non abbiamo avuto un razzismo sistemico contro i neri in questo paese dalle riforme dei diritti civili degli anni ’60”. La CRT è quindi già parte del curriculum “spontaneo” di tante scuole. Ma ora il governo Biden la vuole promuovere “materia federale”. Il Dipartimento dell’Istruzione ha infatti segnalato la sua intenzione di imporre le forme più radicali di teoria della razza alle scuole americane, riporta la National Review. E cita il “Progetto 1619” e il cosiddetto anti-razzismo di Ibram X. Kendi.
Il “Progetto 1619” è stato concepito dal New York Times per riscrivere la storia americana. Il 1776 andrebbe cancellato quale origine degli Stati Uniti, anche se e’ quello della rivoluzione per l’indipendenza. E’ invece il 1619, anno di arrivo dei primi schiavi in Virginia portati dai trafficanti dall’Africa, a segnare per i woke del New York Times il DNA dell’America nel segno dell’oppressione razziale eterna. La teoria è storicamente aberrante ed è stata respinta da voci insospettabili, che vanno dal sito web del socialismo mondiale al riconosciuto storico del periodo, Gordon Wood, che ha smontato la tesi centrale nel progetto insieme ad altri studiosi.
Secondo il New York Times, infatti, una ragione fondamentale per cui i coloni cercarono di essere indipendenti dalla Gran Bretagna era di proteggere la schiavitù. «Non conosco nessun colono che abbia detto di volere l’indipendenza per preservare i propri schiavi», ha scritto Wood. "Nessun colono ha espresso l’allarme che la madre patria voleva abolire la schiavitù nel 1776”. Nello stesso filone della irreparabilità della natura razzista dei bianchi, siano coloni di 400 anni fa o razzisti in erba nei licei di Manhattan di oggi, nel 2019 è uscito il libro “Come essere un anti-razzista”, del professore attivista nero Ibram X. Kendi.
Il suo “antirazzismo” è un concetto di trasformazione - e uso le parole ufficiali di presentazione della sua teoria su Amazon - che “ri-orienta e dà nuova energia alla conversazione attorno al razzismo. E, anche più fondamentalmente, ci indirizza alla liberazione di nuove strade per pensare su noi stessi e su noi stessi verso gli altri. Al suo cuore, il razzismo e’ un potente sistema che crea false gerarchie di valori umani. La sua distorta logica si estende al di la’ della razza, dal modo con cui guardiamo a gente di differente etnicita’ o colore della pelle, al modo in cui trattiamo gente di diverso sesso, di diverso genere, di diversa corporatura. Il razzismo si interseca con la classe, la cultura e la geografia e cambia pure il modo in cui vediamo e valutiamo noi stessi”.
Come dire: il razzismo che combatteva King in realtà non esiste più tra di noi, ma con una opportuna campagna di rieducazione culturale in stile maoista si può ri-modellare l’“uomo nuovo” per un marxiano-terzomondista futuro. Ispirandosi ai campi di lavoro del dittatore cinese Xi Jinping con il popolo uiguro. La chiave della nuova ideologia “razzista buona” è fare leva sul “senso di colpa” degli occidentali che devono sempre sentirsi razzisti, dei maschi sempre anti-donne, degli eterosessuali sempre contro gli omosessuali.
Se sembra che esagero, leggete le parole di Ibram X. Kendi : “Il solo rimedio alla discriminazione razzista è la discriminazione antirazzista. Il solo rimedio alla passata discriminazione è la presente discriminazione. Il solo rimedio alla presente discriminazione è la futura discriminazione”. Il nuovo “anti-razzismo” di X. Kendi e della sinistra democratica, avallato da Biden, va direttamente contro lo sforzo costante, e largamente riuscito, della gente comune americana di migliorarsi secondo il sogno di King per una società colorblind, cieca davanti al colore della pelle, e nella quale gli individui sono rispettosi davanti alla legge uguale per tutti, secondo la miglior tradizione liberale.
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