Il lavoro autonomo trova la sua definizione nel Codice Civile e ben si distingue dal lavoro subordinato. Ecco alcuni dettagli sul funzionamento del meccanismo.
Se ne sente spesso parlare come alternativa al lavoro subordinato, ma forse non tutti hanno ben chiaro che cosa la legge intenda effettivamente con l’espressione ’lavoro autonomo’.
Anticipiamo che il lavoro autonomo si caratterizza in particolare per l’autonomia del lavoratore nella scelta delle modalità di esecuzione della prestazione di lavoro. E questa è una sostanziale differenza rispetto al lavoro subordinato.
Ma di fatto cos’è in concreto il lavoro autonomo e come si articola in concreto? Inoltre, come come si individua il compenso? Vediamolo di seguito.
Lavoro autonomo: di che si tratta? La distinzione dal lavoro subordinato
Il lavoro autonomo trova la sua definizione normativa nell’art. 2222 del Codice Civile. In particolare, si parla di questa tipologia di attività “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.
Come accennato, il lavoro autonomo comporta la libertà del lavoratore nella scelta delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per giungere al risultato richiesto.
In altre parole, il lavoratore autonomo si assume un’obbligazione di risultato verso il committente, e dunque si obbliga a compiere un’opera o un servizio, in base alle caratteristiche a suo tempo concordate. Ciò al fine di consegnare al committente quanto realizzato nelle modalità pattuite.
Il lavoro autonomo si differenzia dal lavoro subordinato in quanto il lavoratore autonomo non è in una posizione gerarchicamente subordinata rispetto al datore di lavoro, come invece succede – ad esempio – a un impiegato d’ufficio o a un operaio. Non sussiste infatti il cd. vincolo di subordinazione, vale a dire la situazione per la quale il lavoratore dipendente deve sempre rispettare le direttive del datore di lavoro, nell’esecuzione dei compiti affidati.
Insomma, nel lavoro subordinato il lavoratore si impegna a svolgere la propria prestazione lavorativa sotto la direzione e il controllo del datore di lavoro. Tecnicamente, nel lavoro dipendente il lavoratore assume una obbligazione di mezzi e non di risultato come nel lavoro autonomo. Il dipendente si impegna a mettere a disposizione dell’azienda le sue energie per un certo lasso di tempo nel corso della giornata, rispettando il cd. orario di lavoro, di cui si trova traccia nel contratto.
Le tipologie del lavoro autonomo: quali sono e come individuare il compenso
Onde non rischiare di confondersi e per aver chiaro a quali categorie di soggetti ci si riferisce quando si parla di lavoro autonomo, vediamo di seguito chi sono i lavoratori autonomi, ovvero come si articola in concreto il lavoro autonomo e, in linea generale, qual è il meccanismo dei compensi.
I lavoratori autonomi sono suddivisibili nelle seguenti macro-categorie:
- commercianti/artigiani (ad es. i parrucchieri e gli acconciatori): conducono di persona in veste di titolari l’impresa e svolgono il proprio lavoro anche manuale nell’iter produttivo. Il compenso è calcolabile sulla scorta dei proventi derivanti dall’attività (pensiamo al caso dell’artigiano che vende un vaso da lui realizzato). In altre parole, il compenso è determinato dal costo della prestazione svolta nei confronti del cliente (ad es. vendita di un certo prodotto con versamento del prezzo);
- imprenditori (edili, informatici ecc.): svolgono un’attività economica organizzata, mirata alla produzione o allo scambio di beni o servizi e, per questo scopo, utilizzano il lavoro di lavoratori dipendenti e i mezzi di produzione opportuni. Sul piano del calcolo del compenso, si rileva che l’imprenditore è colui che utilizza, organizza e dirige i fattori produttivi per trarne profitto. In altre parole è un produttore di ricchezza che scambia i beni per conseguire profitto che poi sarà utilizzato altresì per produrre nuova ricchezza;
- liberi professionisti (avvocati, architetti, commercialisti ecc.): svolgono un’attività lavorativa di tipo intellettuale ed hanno ottenuto una specializzazione alla fine di un articolato percorso formativo. Il loro compenso è determinato dal numero e dalla tipologia di prestazioni svolte a favore dei clienti. Pensiamo al parere dell’avvocato o alla compilazione della dichiarazione dei redditi da parte del commercialista;
- agenti o rappresentanti di commercio: si tratta di lavoratori autonomi che si impegnano a promuovere gli affari per un certo committente in una zona delimitata. Il compenso è assegnato (oltre alla parte fissa mensile) sotto forma di provvigioni. In particolare, la legge prevede che l’agente ha diritto alla provvigione per tutti gli affari conclusi nell’ambito del contratto di agenzia, a patto che l’operazione sia stata andata in porto per effetto del suo intervento.
Ovviamente sui compensi saranno da applicare le regole vigenti, di natura fiscale e previdenziale, in quanto ogni lavoratore autonomo è tenuto al pagamento delle tasse e dei contributi previsti.
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