La bozza del programma di governo presentata al premier è stata pubblicata e si parla di innovazione nel lavoro: riduzione delle tasse, salario minimo, abbattimento della differenza degli stipendi di uomini e donne sonoi alcuni dei temi caldi.
Nel corso della mattina è stata finalmente pubblicata la famosa prima bozza del programma di governo su cui il Partito democratico e i 5 Stelle si stanno confrontando per arrivare a un giusto compromesso.
Il programma raggiunto dalle due forze politiche è intanto in queste ore oggetto di valutazione dagli iscritti al partito pentastellato che sono stati chiamati a votare sulla piattaforma Rousseau la fattibilità di un esecutivo giallorosso e del programma di governo che intendono portare avanti.
Il programma definito come una “bozza di lavoro che riassume le linee programmatiche che il Presidente del Consiglio incaricato sta integrando e definendo”, potrebbe insomma essere ancora oggetto di modifiche.
I punti sono in tutto 26, appena due pagine di programma contro il plico da 58 pagine consegnato alla nascita del precedente governo gialloverde, e al suo interno trova posto una politica votata all’espansione, che preme sulla messa a punta della fatidica e più che mai necessaria legge di bilancio 2020.
All’interno del documento trova posto accanto alla volontà di attuare una politica di investimenti pubblici per la sostenibilità ambientale, il tema del lavoro e dei diritti del lavoratore: salario minimo e parità di genere nella retribuzione sono solo alcuni degli aspetti messi in luce dalla bozza del programma di governo.
Il tema del lavoro risulta di fondamentale importanza e la bozza del programma evidenzia una serie di punti che meritano finalmente attenzione da parte del governo. Vediamo di capire in che modo il programma di Pd e M5S intende agire per andare a innovare il sistema lavoro in Italia.
1) Riduzione tasse sul lavoro
Il primo punto che la bozza del programma di governo in tema di lavoro affronta riguarda la riduzione delle tasse sul lavoro con l’obiettivo di avvantaggiare il lavoratore. per farlo si renderà necessario agire sul cuneo fiscale che grava sul datore di lavoro.
Non è un segreto che l’Italia sul fronte tasse sul lavoro risulti come il terzo Paese al mondo tra quelli più sviluppati con il cuneo fiscale più alto.
Società, aziende e in generale gli imprenditori italiani, si trovano davanti a grosse difficoltà nel fronteggiare il peso di imposte e contributi previdenziali che per legge devono versare per ogni lavoratore.
Secondo il rapporto Taxing Wages dell’Ocse 2018, in Italia il peso del cuneo fiscale è pari al 47,7% per lavoratore single; un valore leggermente in calo ma decisamente lontano dalla media Ocse del 35,9%.
Meglio in caso di famiglia con un unico percettore di reddito che porta il cuneo fiscale al 38,6%; ad incidere positivamente sono ovviamente le agevolazioni per figli a carico. Certo anche quo siamo lontani dalla media Osce è del 26,1%.
2) Salario minimo
Proseguendo troviamo il secondo punto che preme nel piano di innovazione del settore lavoro del nostro Paese ed è la necessità di individuare un salario minimo, o giusta retribuzione, che vada a tutelare i lavoratori.
A differenza degli altri Paese dove il salario minimo è garantito da anni, in Italia se ne è cominciato a parlare ai tempi del Jobs Act quando l’allora governo Renzi aveva lanciato l’idea basando il compenso minimo garantito tra i 6,5 e i 7 euro l’ora.
In Italia, al momento, il salario minimo non esiste e la paga minima oraria garantita a lavoratore è controllata quasi esclusivamente, all’84% circa, dalla contrattazione sindacale; in altre parole i livelli minimi retributivi e suddivisi per aree lavorative sono fissati all’interno dei Ccnl, Contratti collettivi nazionali di lavoro.
3) Legge rappresentanza sindacale
Tra i punti di intervento il possibile nuovo governo giallorosso intende agire anche verso l’approvazione di una legge sulla rappresentanza sindacale che ad oggi non esiste.
La rappresentanza sindacale aziendale, o RSA, è prevista sia nel settore pubblico che in quello privato e fa riferimento a un organismo collettivo iscritto a un sindacato e riconosciuto dalla propria realtà lavorativa, che rappresenta i lavoratori.
Non esistendo una legge specifica sulla rappresentanza sindacale, ad oggi la materia viene regolata dal Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale, il cui punto più importante fa riferimento al raggiungimento da parte di un sindacato della soglia di rappresentanza del 5% a livello nazionale che garantisce il diritto a partecipare alle trattative contrattuali con i Ccnl nazionali.
4) Giusto compenso ai lavoratori non dipendenti
Altra misura che risultava già sul tavolo del governo gialloverde e che torna a infiammare anche il programma di Pd e M5S è la necessità di individuare un compenso minimo garantito ai lavoratori non dipendenti per evitare che si creino forse di abuso e sfruttamento, soprattutto ai danni dei giovani professionisti.
L’equo compenso fa riferimento ai professionisti, quali avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro,professioni sanitarie e professioni tecniche, e indica il diritto a un compenso minimo al di sotto del quale non si può scendere, proporzionato in base alla qualità e quantità del lavoro.
Il compenso minimo è stabilito tramite decreti ministeriali che identificano i parametri di riferimento per ciascun professionista. Dopo l’eliminazione delle tariffe ad opera dell’ex ministro Bersani, si rende necessario anche per i professionisti avere un metro di comparazione.
Nello specifico bisognerà lavorare per stabilire un nuovo sistema di calcolo e per allargare la platea dei soggetti nei confronti della quale l’equo compenso deve essere applicato; nel contempo sul tavolo anche l’ampliamento della clientela, basandosi su quanto succede negli agli Paesi dell’UE.
5) Prevenzione infortuni sul lavoro
La bozza del programma di governo di Pd e M5S pone l’attenzione anche sul tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro con la necessità di individuare un piano strategico che si occupi anche dei casi delle malattie professionali.
Nello specifico si vuole andare a lavorare per aumentare la cultura aziendale in materia di prevenzione sul lavoro, sia dalla parte del lavoratore che dalla parte del datore di lavoro, cercando di creare un ambiente di lavoro collaborativo dove ognuno sia a conoscenza dei rispettivi diritti e doveri.
6) Parità di genere nelle retribuzioni
Ultimo, ma non certo per importanza, è la necessità di individuare una legge che finalmente regoli la parità di genere in tema di retribuzione. A questo, seguendo le linee direttive europee, si aggiunge anche il congedo di paternità e l’individuazione di una conciliazione tra lavoro e vita privata.
L’Italia, insieme ad altri paesi dell’UE, si trova infatti indietro sul tema della parità salariale tra uomini e donne, vedendo i primi percepire stipendi più alti a parità di posizione lavorativa anche nei gradi manageriali e dirigenziali.
Il problema, generale in Europa fatta eccezione per Paesi come Lituania, Finlandia e Svezia, è che le donne continuano a essere sottopagate e meno occupate rispetto alla compagine maschile.
Secondo i dati Eurostat 2019 l’occupazione femminile tra i 20 e i 64 anni rimane inferiore di 11,5 punti rispetto ai colleghi; in Italia solo il 19,5 % delle donne sono occupate.
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