Licenziamenti sospesi, ma non per tutti. Ecco chi rischia secondo il parere dell’Ufficio Legislativo del ministero del Lavoro riportato dal messaggio INPS 2261 del 1° giugno 2020.
Licenziamenti sospesi, ma non per tutti: vediamo chi rischia secondo i chiarimenti INPS in merito alla misura prevista dal decreto Rilancio che va a modificare quanto già previsto dal decreto Cura Italia.
Il testo in Gazzetta Ufficiale dal 19 maggio 2020 prevede la sospensione dei licenziamenti per cinque mesi, dal 17 marzo fino al 16 agosto 2020.
I licenziamenti però non sono sospesi per tutti dal momento che alcuni lavoratori restano non tutelati. INPS ha chiesto un parere all’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che ha risposto con nota n. 5481 del 26 maggio 2020. La risposta è riportata nel messaggio n. 2261 del 1° giugno 2020 dell’Istituto.
Il parere riguarda l’articolo 46 del decreto Cura Italia, poi modificato dall’articolo 80 del decreto Rilancio sulla sospensione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e in particolare i casi di restituzione della Naspi da parte del lavoratore licenziato e che viene reintegrato.
Possibilità che si determina anche nel caso di reintegra del lavoratore e accesso alla cassa integrazione secondo quanto previsto dal comma 1-bis all’articolo 46 del Cura Italia (nel dl Rilancio).
Il parere riguarda anche lavoratori domestici e titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Sono loro che rischiano il licenziamento nonostante l’emergenza COVID-19 e il decreto Rilancio.
Licenziamenti sospesi, ma non per tutti. Ecco chi rischia
Licenziamenti sospesi, ma non per tutti dal momento che c’è chi rischia nonostante la misura del decreto Rilancio n.34/2020 che, modificando quanto previsto dal Cura Italia n.18/2020 convertito nella legge n.27/2020, copre i mesi dell’emergenza fino alla metà di agosto.
In questo frangente i datori di lavoro sono tenuti a non licenziare per giustificato motivo oggettivo, motivazioni economiche, e possono senza alcuna penalità revocare anche procedure avviate tra il 23 febbraio e il 17 marzo 2020 (giorno in cui il Cura Italia è entrato in vigore) e chiedere contestualmente la cassa integrazione.
I lavoratori domestici e i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa sono esclusi dalla norma sui licenziamenti sospesi e rischiano. Per loro è previsto rispettivamente il bonus 500 euro e 600 euro.
I chiarimenti in merito arrivano con il parere che INPS ha chiesto all’Ufficio Legislativo del ministero del Lavoro e che l’Istituto ha riportato nel messaggio del 1° giugno. Si legge pertanto:
“Si fa presente che l’Istituto, nel formulare la richiesta di parere al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha altresì chiesto se la disposizione di cui al citato articolo 46 possa trovare applicazione anche nell’ambito del rapporto di lavoro domestico, nonostante la libera recedibilità insistente su tale tipologia di rapporto di lavoro. A tale ultimo riguardo il predetto Ministero, nella richiamata nota del 26 maggio 2020, ha chiarito che l’articolo 46 di cui al decreto-legge n. 18 del 2020 non trova applicazione al rapporto di lavoro domestico, soggiacendo quest’ultimo - quanto al regime di libera recedibilità - ad una peculiare disciplina. Infine, si precisa che la disposizione di cui all’articolo 46 del decreto Cura Italia non trova applicazione per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto l’ambito di applicazione del medesimo articolo è limitata ai soli rapporti di lavoro subordinato.”
Non solo i lavoratori domestici, ma anche i co.co.co essendo parasubordinati non sono tutelati dalla misura che disciplina il solo rapporto di lavoro subordinato, precisa INPS, rischiando pertanto in via eventuale il licenziamento nonostante l’emergenza COVID-19.
Licenziamenti lavoratori domestici
Come si legge nel messaggio INPS i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non sono sospesi per i lavoratori domestici, quindi colf e badanti per fare un esempio, oltre ovviamente ai co.co.co.
INPS nel messaggio parla di regime di libera recedibilità del rapporto di lavoro domestico in quanto questo soggiace a una disciplina particolare. Essendo quello di colf e badanti lavoro svolto presso famiglie e privati questo è regolato da norme più blande rispetto al rapporto subordinato, anche e soprattutto quindi in materia di licenziamenti.
I datori di lavoro possono licenziare liberamente colf e badanti “ad nutum”, come indica la giurisprudenza, quindi senza la necessità di fornire un giustificato motivo o giusta causa.
Nonostante la libera recedibilità dal rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a dare un preavviso alla colf o badante, non nel caso della giusta causa e qualora il licenziamento sia avvenuto in assenza di preavviso, ma non per giusta causa, a pagare l’indennità sostitutiva e anche, in tutti i casi:
- Tfr;
- ferie maturate e non godute;
- la tredicesima maturata fino al licenziamento.
Per quanto riguarda il preavviso nel caso di licenziamento di lavoratore domestico per giustificato motivo oggettivo o soggettivo, questo è:
- di 15 giorni per un contratto di oltre 25 ore settimanali e con un’anzianità di servizio di massimo 5 anni;
- di 30 giorni per un contratto di oltre 25 ore settimanali e con un’anzianità di servizio che supera i 5 anni;
- di 8 giorni per un contratto di un massimo di 25 ore settimanali e un’anzianità di massimo 5 anni;
- di 15 giorni per un contratto di un massimo di 25 ore settimanali e un’anzianità che supera i 5 anni.
Se il licenziamento avviene entro il 31esimo giorno successivo al termine del congedo di maternità della lavoratrice domestica, i termini del preavviso sopra descritti vengono raddoppiati.
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