MiniBot: emetterli non genera nuovo debito ma potrebbe farlo in seguito

Dimitri Stagnitto

02/06/2019

La misura dei MiniBot, parte del contratto di governo in quota Lega, è finalmente sul tavolo. La sola notizia ha creato allarmismi sulla creazione di nuovo debito, sono fondati?

MiniBot: emetterli non genera nuovo debito ma potrebbe farlo in seguito

I Minibot sono finalmente all’ordine del giorno e subito scatta la polemica sul debito pubblico: i Minibot ne generano di nuovo?

La risposta corretta è «no, ma se la scommessa che rappresentano non dovesse funzionare potrebbero generne».

Personalmente, credo che la scommessa sia ben pensata e valga la pena piazzarla. Il Paese è in evidente crisi di liquidità e il vizio dello stato di essere un cattivo pagatore è una parte importante dei tanti piccoli e grandi problemi che in Italia disincentivano, quando non soffocano, l’imprenditorialità.

Al netto delle opinioni personali andiamo però a vedere perché ad oggi chi annuncia a spron battuto che i Minbot aumentino il debito pubblico mente e al contempo potrebbe finire per aver ragione se si verificasse il peggiore degli scenari.

I Minibot aumentano il debito pubblico?

No, i Minibot sono una formula «furba» per liquidare un debito dello stato verso un soggetto privato (impresa o cittadino) il cui credito verso lo Stato è riconosciuto e contabilizzato, ma non viene pagato.

Le modalità per cui lo Stato non paga sono essenzialmente due:

  1. Rateizza il suo debito per legge, è il caso per esempio degli incentivi fiscali per ristrutturazioni o l’ecobonus per la riqualificazione energetica in cui a fronte di una spesa sostenuta oggi si riconosce un incentivo in credito fiscale che si recupera però in 10 rate annuali. Così si hanno ben 10 occasioni di dimenticarsi di mettere il credito in dichiarazione e comunque 10 anni per smarrire la documentazione che da diritto al credito o per avere un anno di incapienza e perdere così parte o tutto il credito verso lo Stato.
  2. Buca semplicemente le scadenze: deve dei soldi, lo riconosce (con i suoi tempi), si da delle scadenze e poi non le rispetta.

Perché lo Stato si comporta così? Semplicemente perché è a sua volta in crisi di bilancio e di liquidità anche a causa di regole acriticamente accettate da contesti internazionali e cerca in tutti i modi di raccogliere soldi da imprese e cittadini con i più intricati bizantinismi pur di ottenere il risultato con il minore impatto negativo sul consenso politico, anzi possibilmente accrescendolo.

Insomma il problema di fondo è che le famose «parti sociali» di cui si parlava un tempo si stanno allegramente prendendo per i fondelli a vicenda. Ininterrottamente da anni.

I Minibot sono un piccolo elemento volto a spezzare almeno un anello di questa catena andando a liquidare in una forma di cui non può esserci carenza perché viene direttamente prodotta dallo Stato i crediti che imprese e cittadini hanno verso la PA e quindi verso lo Stato.

Nel momento in cui i Minibot vengono prodotti e consegnati ai creditori non si crea nessun debito pubblico aggiuntivo, si paga un debito che si aveva già.

Come possono allora i Minibot creare nuovo debito pubblico?

Emettendo i Minibot lo Stato si impegna ad accettarli come forma di pagamento per tasse e imposte. Se non lo facesse sarebbe obiettivamente impossibile farli accettare a chi li riceve alla pari del loro valore nominale in Euro.

La scommessa del Governo è che i Minibot non vengano usati solo per pagare le tasse ma che entrino in circolo nell’economia e si comportino come una valuta nel loro ciclo di vita che comunque si cocluderà sempre con un pagamento allo Stato.

Se i Minibot circoleranno come da aspettative del Governo renderanno possibili più scambi economici tra cittadini e imprese che diversamente non verrebbero eseguiti per mancanza di liquidità.
Questo produrrà aumento del PIL e quindi maggior gettito fiscale e quindi alla fine al netto dei Minibot restituiti lo Stato vedrà entrare nelle sue casse anche più Euro con cui estinguere, se ritenuto opportuno, del debito pubblico rinunciando a emettere nuovi titoli di Stato quando le vecchie emissioni vanno a scadenza e richiedono quindi il rimborso del valore nominale.

Se invece il Governo perderà la sua scommessa chi riceverà i Minibot li terrà in cassa e li userà alla prima occasione per pagare i suoi debiti con lo Stato. In questo caso l’emissione dei Minibot equivarrebbe a rendere compensabili nell’immediato tutti i crediti fiscali mandando in giro pezzi di carta e riprendendoseli invece di rendere valida la compilazione di un F24 con delle righe che si annullino.

La scommessa in definitiva verrebbe persa solo se i Minibot venissero percepiti come ennesimo «pacco» che lo Stato prova a rifilare ai cittadini e quindi da non accettare mai in pagamento al posto degli Euro anche a costo di rinunciare a una vendita.

Se lo Stato incassasse tutti i Minibot emessi senza nessun effetto sul PIL per mancanza di circolazione degli stessi si troverebbe a dover emettere nuovo debito, stavolta sì, per far fronte alla crisi di liquidità ulteriore data dalle mancate entrate dovute all’aver accettato in compensazione tutti i debiti che erano rateizzati o semplicemente «appesi» in attesa di un pagamento a data da definire.

C’è da dire che la stampa si è messa subito all’opera per creare un clima di sfiducia sull’iniziativa ma è anche vero che una buona parte del Paese ha dato forza e fiducia alle ultime elezioni Europee proprio alla forza politica che aveva nei Minibot uno degli elementi centrali della sua proposta politica in campo economico.

Se il tacito patto tra la Lega e i suoi elettori reggerà si potrebbe avere quella base di fiducia che potrebbe portare i Minibot a iniziare a circolare ed essere percepiti come denaro contante a tutti gli effetti. A quel punto l’esito della scommessa non sarebbe più in discussione e potremo ricordare l’introduzione dei Minibot come un passaggio importante della Storia del nostro Paese.

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