Il Movimento 5 Stelle ha completato la sua trasformazione, passando dal partito del vaffa a una “forza europeista, moderata e liberale”, come dichiarato da Di Maio. Quali conseguenze per i grillini?
La trasformazione del Movimento 5 Stelle dal vaffa alla svolta moderata è completata. Questo è quanto certificato da Luigi Di Maio in un’intervista a Repubblica, nella quale l’ex capo politico ha affermato come ormai il Movimento sia diventato una “forza europeista, moderata e liberale”.
Una mutazione profonda di quello che doveva essere un partito anti-sistema e che nel 2013 si era presentato in Parlamento per “aprirlo come una scatoletta di tonno”, rifiutando al tempo stesso la definizione di essere di destra o di sinistra.
Proprio Di Maio, d’altronde, è passato dall’annunciare l’impeachment nei confronti di Sergio Mattarella nel 2018, a ricoprire la carica di ministro nel terzo Governo consecutivo, di cui per la seconda volta alla Farnesina, potendo contare su un rapporto diretto con lo stesso presidente della Repubblica.
Adesso, quindi, i militanti e gli elettori, che alle scorse politiche hanno premiato i grillini con il 33% dei voti, dovranno affrontare il nuovo corso del Movimento 5 Stelle, il quale sembra aver scelto definitivamente di far parte di un’alleanza di centrosinistra con il Partito Democratico e Liberi e Uguali.
Trasformazione completata per il Movimento 5 Stelle
La base, come ha dimostrato l’ultima votazione sulla piattaforma Rousseau riguardante il sostegno al Governo Draghi, appare ormai spaccata tra le due anime governista e ortodossa. A certificarlo è stato il risultato che ha registrato meno del 60% di iscritti favorevoli, con uno scarto sui voti contrari mai così esiguo.
L’abbandono di Alessandro Di Battista, tra le figure più seguite dai militanti, ha lasciato orfana la componente più legata alle origini, la quale ora spera nella nascita di un nuovo partito su impulso di Dibba.
Sull’ex compagno di strada, Di Maio ha rivelato di continuare a sentirlo, avendo “imparato a dividere l’amicizia dalla politica”, dichiarando però che, nonostante il dispiacere personale, “doveva andare così”.
Così come è andata con gli espulsi, i quali hanno contestato un’alleanza di Governo che questa volta include anche l’acerrimo nemico delle origini: Silvio Berlusconi, apostrofato da Beppe Grillo con l’epiteto di “psiconano”.
Dal vaffa alla svolta moderata, ora si aspetta l’ingresso di Conte
Sono in molti comunque ad apprezzare il processo di maturazione, che ha portato il Movimento 5 Stelle a diventare una forza di Governo. Tuttavia, per completare questo passaggio, secondo diversi osservatori, diventa necessario eleggere Giuseppe Conte come capo politico.
Una prospettiva in grado di mettere d’accordo, se non tutti, almeno una larga maggioranza di eletti ed elettori, con lo stesso Grillo pronto a spingere in questa direzione.
L’ostacolo maggiore è però rappresentato dalla confusione delle regole interne del Movimento che allo stato attuale prevedono la creazione di un direttorio collegiale composto da 5 personalità. Una formula approvata da un’altra recente consultazione online.
Per permettere all’ex premier di guidare i 5 Stelle, bisogna quindi cambiare nuovamente in pochi mesi la struttura, magari con la trasformazione in un partito guidato da un leader scelto dagli iscritti.
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