L’indennità di disoccupazione contribuisce ad aumentare l’ISEE: ecco quando va indicata nella DSU 2021 (e cosa fare nel caso in cui nel frattempo sia cessata).
È tempo di rinnovo dell’ISEE: dal 31 dicembre, infatti, è terminato il periodo di validità dell’ISEE 2020 ed è per questo motivo che per continuare a fruire delle prestazioni di sostegno al reddito erogate dall’INPS bisogna procedere al più presto con il rilascio della nuova DSU.
A tal proposito, vogliamo fare chiarezza su quali redditi vanno indicati ai fini ISEE. Dopo aver fatto chiarezza sul Reddito di Cittadinanza, qui vogliamo concentrarci sull’indennità di disoccupazione. Ci si chiede, infatti, se anche la NASPI va indicata ai fini ISEE e se questa potrebbe comportare l’innalzamento dell’indicatore.
Facciamo chiarezza in merito, soffermandoci anche sulla possibilità di intervenire una volta che - cessata la NASPI - si sente la necessità di abbassare nuovamente il valore dell’indicatore.
La NASpI va nell’ISEE?
Come prima cosa è importante sottolineare che la natura dei redditi derivanti dall’indennità di disoccupazione è la stessa rispetto al reddito che la stessa sostituisce. Quindi, dal momento che la NASpI - che non è una vera e propria misura assistenziale in quanto per percepirla viene richiesto di soddisfare determinati requisiti contributivi - va a sostituire i redditi da lavoro dipendente, anche questa fa reddito a tutti gli effetti.
Anche l’indennità di disoccupazione, quindi, è assoggettata all’IRPEF ed entra a far parte del reddito complessivo del contribuente. E trattandosi di un reddito pienamente imponibile non ci sono dubbi sul fatto che la NASpI vada indicata anche nell’ISEE.
A tal proposito, ricordiamo che nella DSU 2021 vanno indicati i redditi percepiti due anni prima dalla data di presentazione della stessa. Quindi, si fa riferimento al 2019: qualora nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2019 ci siano delle mensilità NASpI percepite, allora queste andranno indicate nella DSU. E di conseguenza, essendo un reddito a tutti gli effetti, contribuirà ad innalzare il valore dell’ISEE.
Potrebbe succedere, però, che nel frattempo l’indennità di disoccupazione sia cessata e di conseguenza il nucleo familiare si trovi in una situazione economica meno vantaggiosa rispetto a quella indicata nell’ISEE 2021. Cosa fare allora? Una soluzione per evitare che la NASpI percepita per qualche mese e ormai cessata vada ad influire negativamente sulla possibilità di percepire altre prestazioni di tipo assistenzialistico esiste; vediamo di cosa si tratta.
ISEE corrente dopo l’ISEE 2021: perché conviene
Una volta aggiornato l’ISEE 2021 vi è la possibilità di richiedere l’ISEE corrente con il quale si tiene conto dei redditi dell’ultimo anno - quindi del 2020 - anziché di due anni prima.
In questo modo, chi nel 2020 non ha percepito alcuna indennità di disoccupazione - e nel frattempo non ha avuto altri redditi - potrebbe avere vantaggio a richiedere l’ISEE corrente. Nel dettaglio, si può richiedere un nuovo ISEE che non tenga conto dell’indennità di disoccupazione cessata solo nel caso in cui sussista almeno una delle seguenti condizioni:
- una variazione della situazione lavorativa ovvero un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari non rientranti nel reddito complessivo (dichiarato ai fini IRPEF) per uno o più componenti il nucleo familiare;
- una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo familiare superiore al 25% rispetto alla situazione reddituale individuata nell’ISEE calcolato ordinariamente.
L’interruzione della NASpI, quindi, è una delle motivazioni che legittima la richiesta dell’ISEE corrente; ecco, quindi, che si tratta di una possibilità da prendere in considerazione qualora l’ISEE 2021 risulti essere troppo alto a causa dell’indennità di disoccupazione percepita nel 2019.
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