C’è una spiegazione molto semplice dietro il picco di contagi delle ultime ore. Ve la illustriamo in modo chiaro, contestualizzando numeri.
Probabilmente in queste ultime ore la notizia del picco di positività registrate sarà rimbalzata su diverse fonti di informazioni assumendo, agli occhi di chi non ha la possibilità di andare a fondo nella questione, una spaventosa anomalia capace di riportare il Paese nello sconforto tipico del 2020.
I più scettici poi puntano su questi dati per rileggere le statistiche in una chiave no vax e tentare a tutti i costi di screditare i vaccini per la loro scarsa efficacia.
La realtà dei fatti però è ben diversa da questa narrazione e, anche se non è inusuale leggere frasi come «più contagi dello scorso anno» o ancora «numeri pre-vaccini», ci sono delle motivazioni più razionali per contestualizzare i report dell’ISS in questi giorni di festa.
E no, non si tratta soltanto di un intensificarsi dei contatti diretti nelle case con pranzi e cenoni natalizi. C’è anche dell’altro.
I dati del contagio il 26 dicembre
Un rapido sguardo alle statistiche prima di commentarle.
Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati rilevati 24.883 casi positivi da coronavirus e 81 morti. I ricoverati sono invece 10.309 (346 in più di ieri) ma di questi solo 1.089 si trovano nei reparti di terapia intensiva e sono 18 in più di ieri. Il tasso di affollamento per i restanti reparti è di 9.220 persone (328 in più di ieri).
Per una suddivisione regionale possiamo dire che le zone che hanno registrato più casi in queste ore sono in ordine:
- Lombardia (4.581 casi);
- Lazio (3.665 casi);
- Toscana (3.075 casi);
- Emilia-Romagna (2.921 casi);
- Veneto (2.093 casi).
Per quanto invece riguarda il tracciamento dei positivi il 26 dicembre sono stati analizzati 114.179 tamponi molecolari e 102.873 test rapidi antigienici. Il dato più interessante si riferisce proprio a questo parametro visto che il tasso di positività tra i tamponi è del 19,73 per cento tra i molecolari, considerati anche i più attendibili, e del 2,29 per cento per i tamponi rapidi.
Quest’impennata di positivi è risultata allarmante, ma il fenomeno deve essere scomposto e analizzato criticamente.
I motivi dell’impennata dei positivi
Nel giorno di Natale molte meno persone sono andate a fare un tampone un po’ perché tante strutture erano chiuse e un po’ perché probabilmente si è recato in farmacia o nelle ASL e nelle strutture preposte solo chi aveva già il forte sospetto di aver contratto il virus.
Il risultato è che sul totale dei test processati la percentuale di quelli che hanno dato esito positivo è schizzata alle stelle, falsando in parte la curva settimanale.
Il 24 dicembre, proprio per evitare il contagio durante le cene in famiglia e vivere un Natale libero, quasi un milione di persone si era recato a fare il tampone. In quel caso però, data l’affluenza, per molti era solo una precauzione o non un timore. Nel giorno clou delle festività invece, il numero di chi ha scelto di mettersi in fila per una verifica è crollato portando a galla solo i veri sospetti.
Con l’avvicendarsi dei giorni poi si ampliano le catene di trasmissione tant’è che oggi le persone in isolamento domiciliare sono 506.530 mentre il 25 dicembre erano 490.503.
Non è possibile infine tracciare nessuna connessione tra casi e vaccini perché, a parità di diffusione, dovuta poi alla variante Omicron che per sua natura riesce a circolare con maggior facilità, i morti e i ricoveri stanno scendendo progressivamente. L’incidenza sui vaccinati in questi casi è irrisoria rispetto al flagello che colpisce chi non si è ancora sottoposto a nessuna delle fasi di immunizzazione.
Il picco finora descritto, in estrema sintesi, è fisiologico e dato dal contesto in cui il tracciamento sta avendo luogo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA