Il prezzo dei prodotti alimentari ha raggiunto il livello più alto degli ultimi sei anni. Una minaccia all’economia globale, secondo gli osservatori, che potrebbe spuntare le armi delle banche centrali nella lotta alla pandemia.
A dicembre il prezzo del cibo ha raggiunto il picco degli ultimi sei anni e, nelle previsioni per il 2021, il rialzo non è destinato a rallentare.
Un trend allarmante che secondo la FAO – l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura - potrebbe avere delle forti ripercussioni sui consumatori, la cui situazione finanziaria ha già registrato un sostanzioso deterioramento a causa della pandemia, e sull’efficacia delle manovre a sostegno dell’economia globale delle principali banche centrali.
Secondo l’economista della FAO Abdolreza Abbassian, inoltre, l’inflazione alimentare rischia di mettere in ginocchio i Paesi con un potere d’acquisto ridotto, già fiaccati dieci anni fa dall’aumento del prezzo delle commodity agricole.
Prezzo del cibo ai livelli più alti degli ultimi sei anni
L’indicatore della FAO che misura l’oscillazione del prezzo dei prodotti alimentari ha registrato un incremento del 18% dallo scorso maggio ad oggi: i livelli attuali sono i più alti degli ultimi sei anni, e – secondo gli economisti dell’agenzia delle Nazioni Unite – sono da attribuire principalmente alle avverse condizioni meteorologiche, alle manovre protezionistiche dei Governi e alla crescente domanda di commodity agricole da parte della Cina.
A pagare il conto, secondo la FAO, saranno soprattutto quei consumatori che negli ultimi dodici mesi hanno visto il loro reddito contrarsi a causa delle misure restrittive tese a contenere la diffusione del virus, ma anche – ovviamente – i Paesi che sono tradizionalmente esposti alla scarsità di cibo.
Le previsioni per il 2021
Ma l’aumento del prezzo dei prodotti alimentari minaccia soprattutto di ingigantire i livelli dell’inflazione, riducendo consequenzialmente le probabilità di ulteriori interventi delle banche centrali in favore dell’economia, quest’ultima ancora dipendente dai pacchetti di stimoli economici approvati sin dalla prima ondata della pandemia.
Le attuali circostanze, ad ora, non lasciano presagire un rapido mutamento di scenario nel 2021: il prezzo del mais e della soia ha raggiunto le quote più elevate dal 2015 a causa della siccità che minaccia le colture in Sud America e della crescente domanda cinese, mentre le misure protezionistiche – soprattutto in Argentina, dove i contadini stanno preparando uno sciopero contro i provvedimenti del Governo che vietano l’esportazione del mais – continueranno con ogni probabilità ad alimentare il rialzo dei prezzi.
Non si dovrebbero raggiungere, tuttavia, i picchi del triennio 2008-2011. Di questo avviso Tim Benton, direttore della Chatham House di Londra, che interrogato sulla questione ha chiosato: “Sono abbastanza sicuro del fatto che l’attuale situazione non porterà agli stravolgimenti di dieci anni fa”.
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