Usare le casse per supplire al vuoto delle privatizzazioni e alla dura realtà? Meloni e i suoi ci pensano. Ma toccare la previdenza è un rischio. Vediamo perché.
Usare le casse di previdenza come “mucca” da mungere per coprire il previsto flop delle privatizzazioni e i rischi legati a una manovra che rischia di non centrare i target di crescita e sviluppo previsti? Giorgia Meloni e il suo governo ci pensano. E lavorano per spingere a far partecipare ai destini economici del Paese i diciotto enti di previdenza integrativa, riconosciuti come soggetti privati alle cui fila vige l’obbligo di iscrizione per i cittadini facenti riferimento a precisi albi professionali.
Come abbiamo avuto modo di raccontare, il governo intende privatizzare asset per 20 miliardi di euro dal 2024 al 2026 per abbattere il debito pubblico di un punto di Pil e favorire un percorso di ripresa dalle secche dell’era Covid, ma tale target appare a dir poco lunare a patto di non vendere sul mercato quote dei «gioielli di famiglia», da Cassa Depositi e Prestiti a Ferrovie dello Stato. Scelta tutt’altro che sovranista, potremmo dire a Giorgia Meloni. Per ovviare alla cui possibilità il governo spinge da diverse settimane con la sua moral suasion sulle casse perché comprino parte degli asset che si intendono mettere sul mercato o, in alternativa, aumentino la loro copertura del debito.
Il ruolo delle casse nell’investimento nazionale
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