Reddito di cittadinanza per chi lavora? Regole e come funziona

Redazione Lavoro

06/03/2020

Reddito di cittadinanza anche per chi lavora. Il sussidio infatti non è riservato solo ai disoccupati, l’importante è che si rispettino delle regole e si abbiano i giusti requisiti.

Reddito di cittadinanza per chi lavora? Regole e come funziona

Reddito di cittadinanza anche per chi già lavora. Già perché il sussidio spetta non solo ai disoccupati, l’importante è non superare l’ISEE stabilito dalla legge. Cerchiamo infatti di spiegare come funziona nel caso in cui nel nucleo familiare vi sia un lavoratore.

Esistono infatti delle regole da rispettare che determinano pertanto i requisiti per ricevere il reddito di cittadinanza e per non perderlo.

A un anno dall’entrata in vigore della misura sono moltissimi i beneficiari del reddito di cittadinanza. Molti hanno già trovato lavoro secondo i dati Anpal, altri sono stati convocati dai centri per l’impiego per firmare il patto per il lavoro.

Molti nuclei familiari presentano un componente che lavora e molti che stanno per fare la domanda in questo mese di marzo si chiedono quali debbano essere le condizioni. Il reddito di cittadinanza si compone di due parti:

  • un’integrazione al reddito familiare per i quale il limite massimo è di 6.000 € annui;
  • un contributo per l’affitto che non supera i 280€ mensili.

Il reddito di cittadinanza si calcolerà sulla base del reddito familiare e dell’ISEE. Facciamo di seguito un esempio per capire quando il reddito di cittadinanza spetta anche a chi lavora e quali sono le regole da rispettare.

Reddito di cittadinanza per chi lavora: un esempio

Vediamo un esempio per capire come chi lavora possa prendere il reddito di cittadinanza:

Tizia e Caio sono sposati, vivono in affitto (500,00€ al mese) ed hanno entrambi un lavoro part-time da 400€. Il loro reddito familiare (in assenza di altri redditi e trattamenti assistenziali in corso di godimento) è pari a 9.600€ annui, mentre l’ISEE - pari a 8.000€ - è inferiore alla soglia prevista dal decreto 4/2019. La soglia del reddito familiare da non superare nel loro caso è pari a 13.104€, ossia 9.360€ (visto che vivono in affitto) moltiplicato per il parametro di scala di equivalenza (1,4).

Il reddito di cittadinanza, quindi, gli spetta. Per il calcolo del reddito di cittadinanza, invece, bisogna considerare:

  • integrazione del reddito familiare (differenza tra il reddito familiare e il limite di 6.000€ moltiplicato per il parametro di scala di equivalenza): pari a 0,00€ in questo caso;
  • rimborso dell’affitto fino ad un massimo di 280,00€ mensili.

Quindi, nel caso di specie Tizia e Caio hanno diritto al reddito di cittadinanza nonostante lavorino entrambi, per un importo pari a 280,00€ da spendere per pagare l’affitto (tramite bonifico) utilizzando la Carta RdC.

Questo esempio ci serve per fare chiarezza sul fatto che possono fare domanda per il reddito di cittadinanza anche quei nuclei familiari dove tutti i componenti risultano occupati.

D’altronde, come rilevato dall’Istat, si stima che solamente un terzo dei beneficiari del reddito di cittadinanza avrà l’obbligo di sottoscrivere il Patto per il Lavoro con il centro per l’impiego.

Tuttavia, per coloro che lavorano ci sono delle regole precise da rispettare quando si fa domanda per il reddito di cittadinanza: a tal proposito l’Inps ha messo a disposizione due moduli da utilizzare per inviare le comunicazioni necessarie ai fini del mantenimento del diritto al RdC, dei quali vi parleremo nel proseguo dell’articolo.

Reddito di cittadinanza per chi lavora da prima del 2018

Qualora l’attività lavorativa (sia come subordinato che come autonomo) sia stata avviata prima del 1° gennaio 2018 non dovete darne alcuna comunicazione all’Inps (questo vale per ogni componente del nucleo familiare).

I dati sugli stipendi percepiti, utili ai fini del calcolo del reddito familiare, infatti sono recuperati dall’Inps associando l’ISEE aggiornato alla domanda per il reddito di cittadinanza.

In tal caso non vi resta che sperare che, nonostante nel nucleo familiare ci siano uno o più componenti che lavorano, il reddito familiare sia inferiore alla soglia prevista per beneficiare del reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza per chi ha iniziato a lavorare nel 2018

Nel caso presentiate la DSU tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2020, dovrete comunicare all’Inps se ci sono dei componenti del nucleo familiare attualmente occupati che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 2018. In questo caso, infatti, l’Inps non riesce a desumere i redditi percepiti dall’ISEE.

Qualora invece la DSU venga consegnata tra il 1° settembre e il 31 dicembre 2020, bisogna dare comunicazione delle attività lavorative iniziate successivamente al 1° gennaio 2019.

La comunicazione va data rispettando i seguenti adempimenti:

  • compilando il Quadro E del modulo SR180 per la domanda RdC/PdC;
  • compilando il modulo Com-Ridotto (SR182) per ogni componente del nucleo familiare che lavora a partire dalle suddette date.

Nel modulo SR182 bisogna comunicare anche qual è il reddito percepito dall’attività di lavoro subordinata o autonoma; in questa guida trovate le informazioni su come fare e per non commettere errori.

Reddito di cittadinanza per chi inizia a lavorare dopo la domanda

Potrebbe essere che uno dei componenti del nucleo familiare inizi a lavorare dopo il riconoscimento del reddito di cittadinanza. In tal caso bisogna dare comunicazione all’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa, utilizzando il modulo SR181 Com-Esteso (qui una guida su come compilarlo). Il modello Esteso, una volta compilato, va consegnato al CAF.

Nel dettaglio, utilizzando il modulo Com-Esteso (da presentare per ogni componente del nucleo familiare che inizia un’attività lavorativa dopo il riconoscimento del RdC) bisogna indicare:

  • lavoro subordinato: reddito previsto per l’anno solare di avvio dell’attività;
  • lavoro autonomo: la comunicazione viene data ogni trimestre e il reddito è individuato dalla differenza tra ricavi/compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività.

Una volta ricevuta la comunicazione l’Inps valuterà se visto l’inizio di una nuova attività lavorativa da parte di uno o più componenti il reddito familiare è ancora inferiore alla soglia prevista per beneficiare del contributo. A tal proposito è importante precisare che:

  • il maggior reddito da lavoro autonomo concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell’80% (a decorrere dal mese successivo a quello di variazione). Ad esempio, se un componente viene assunto con contratto da lavoro subordinato con una retribuzione annua di 8.000€, il reddito familiare si incrementa di soli 6.400€;
  • nel caso del lavoro autonomo il beneficiario continua a percepire, senza alcuna variazione, il reddito di cittadinanza nei due mesi successivi all’inizio dell’attività, dopodiché l’Inps effettuerà un ricalcolo in base ai redditi dichiarati.

Reddito di cittadinanza in caso di dimissioni

Prima di concludere è bene fare chiarezza su altri due concetti:

  • il reddito di cittadinanza non spetta qualora nel nucleo familiare ci siano dei componenti che negli ultimi 12 mesi hanno presentato le dimissioni volontarie (eccetto se per giusta causa). Di conseguenza, qualora le dimissioni siano state presentate successivamente al riconoscimento del reddito di cittadinanza bisogna comunque darne comunicazione all’Inps (utilizzando sempre il modulo SR181);
  • il reddito di cittadinanza è compatibile con la Naspi. Tuttavia, l’indennità di disoccupazione percepita da uno o più componenti del nucleo familiare contribuisce al calcolo del reddito familiare.

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