Referendum costituzionale: schierandosi per il Sì, Romano Prodi è stato l’ultimo a sciogliere le riserve. Ecco cosa voteranno il 4 dicembre gli ex presidenti del Consiglio.
Il referendum costituzionale del 4 dicembre vede contrapposte due visioni del futuro del Paese molto distanti tra loro, espressione di due blocchi - quello del Sì e quello del No - dalla composizione piuttosto eterogenea.
Il fronte del Sì, guidato dal premier Matteo Renzi e dalla maggioranza del Pd, partito di cui è segretario, va dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al ministro dell’Interno Angelino Alfano, passando per Denis Verdini, senatore ex forzista a capo del gruppo parlamentare ALA, che sostiene l’attuale governo.
La compagine del No vede in prima fila M5S, Lega Nord, Forza Italia e Sinistra Italiana, ma include anche diversi esponenti della minoranza Pd che si riconoscono in Massimo D’Alema.
D’Alema non è l’unico ex presidente del Consiglio ad aver preso posizione sul referendum costituzionale. Oltre a Silvio Berlusconi - leader di FI, partito contrario alla riforma targata Renzi-Boschi, nonostante l’iniziale “Sì” ai tempi del Patto del Nazareno - gli altri ex inquilini di Palazzo Chigi schieratisi apertamente in vista della consultazione di dicembre sono Enrico Letta, Mario Monti, Lamberto Dini e, da ultimo, Romano Prodi.
Referendum costituzionale: Prodi scioglie le riserve
Proprio ieri, tramite una nota, l’ex leader de L’Ulivo ha sciolto le riserve dando il suo sostegno alla causa del Sì. Tuttavia, Prodi non ha mancato di avanzare alcune critiche al progetto di modifica della Costituzione promosso dal governo:
“Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”.
Prima di pronunciarsi sul referendum costituzionale, Prodi - da sempre scettico nei confronti del governo Renzi - aveva affermato di avere “le idee chiarissime” su cosa votare. Al punto da spingere tanti a ritenere che l’ex leader dell’Ulivo avesse abbracciato la causa del No.
Referendum costituzionale: Letta vota Sì
Nonostante Renzi gli abbia soffiato il posto nel febbraio di due anni fa, Letta ha dichiarato che appoggerà la riforma voluta dall’ex sindaco di Firenze:
“Al referendum voterò sì, lo ribadisco con forza, perché mi sono impegnato a far nascere il percorso delle riforme e perché ne sono convinto”.
Referendum costituzionale: Monti e Dini per il No
Di tutt’altro avviso Mario Monti, che qualche settimana fa, in un’intervista al Corriere della Sera, ha reso nota la sua posizione contraria al ddl Boschi:
“A me risulta impossibile dare il mio voto ad una costituzione che contiene alcune cose positive e altre negative, ma che - per essere varata - sembra avere richiesto una ripresa in grande stile di quel metodo di governo che a mio giudizio è il vero responsabile - molto più dei limiti della costituzione attuale - dei mali più gravi dell’Italia: evasione fiscale, corruzione, altissimo debito pubblico”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Lamberto Dini, che al quotidiano Libero ha illustrato le ragioni per cui il 4 dicembre apporrà una croce sulla casella del No:
“Nel metodo, credo che non si possa cambiare la Costituzione, che è la legge di tutti, a colpi di maggioranza. L’aveva detto pure Renzi che le regole si modificano insieme. Nel merito, la legge sbilancia i poteri a favore dell’esecutivo, perché la maggioranza dei parlamentari diventa di fatto di diretta nomina del segretario del partito che vince e perché il Senato, anziché abolito, viene umiliato. E il Senato è la nostra storia, l’abbiamo da 2.000 anni”.
Referendum costituzionale: la posizione di Amato
Sembra propendere per il Sì, invece, Giuliano Amato, attuale giudice della Corte Costituzionale.
L’ex premier ha più volte sottolineato l’esigenza di una revisione della seconda parte della Costituzione, e si è detto favorevole al superamento del bicameralismo perfetto e alla modifica del rapporto tra Stato e Regioni.
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