Terremoto politico in Regno Unito: Dominic Cummings, consigliere capo di Boris Johnson lascia il suo incarico. Le sue dimissioni potrebbero cambiare le sorti della Brexit, ecco perché.
Nel Regno Unito c’è aria di cambiamento politico.
Le dimissioni - per alcuni analisti un licenziamento anticipato - di Dominic Cummings di venerdì 13 novembre hanno riacceso i riflettori su una nazione in crisi su più fronti. In primis sulla tenuta di Governo e sull’agenda politica traballante del premier.
E poi sulla questione complessa e ancora irrisolta della Brexit, per la quale l’ormai ex consigliere capo di Johnson aveva strutturato la politica intransigente del no-deal.
Cosa significa per i rapporti con l’Europa l’uscita di scena di Cummings da Downing Street? C’è davvero un cambio di rotta nel Regno Unito sul divorzio dall’UE?
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Dopo una serie di litigi nei quali si è messo in dubbio chi stesse veramente guidando il Regno Unito, venerdì 13 novembre il primo ministro ha licenziato il suo più potente consigliere da Downing Street.
Per molti si è trattato, in realtà, di dimissioni anticipate, visto che già era stato annunciato un abbandono del ruolo a dicembre.
Con i colloqui su un accordo commerciale con l’Unione Europea in stallo e una situazione epidemia allarmante, le dimissioni di Cummings irrompono come un vero terremoto nella cerchia ristretta di Johnson, alle prese con un momento critico per il Paese.
Cummings, 48 anni, era denominato “Rasputin”, per la sua capacità di influenzare le decisioni di Johnson.
A quanto si apprende dalla stampa nazionale, i suoi rapporti con più moderati dei conservatori hanno iniziato a incrinarsi, proprio perché non c’è stata condivisione sui metodi e sulle idee piuttosto rigide del consigliere.
Un parlamentare britannico ha così commentato le sue dimissioni: “Cummings è brillante in quello che fa, ma è uno stratega in tempo di guerra e abbiamo bisogno di uno stratega in tempo di pace”.
A lui si deve l’ideazione del voto sulla Brexit del 2016, con la spinta verso la strategia del no-deal, incentrata sulla convinzione di non farsi umiliare dall’Unione Europea.
Se Johnson ha quindi sposato in pieno questa impostazione della politica nei confronti di Bruxelles, la sua approvazione per Cummings ha cominciato a vacillare dopo la controversia sul suo viaggio in violazione delle norme sul lockdown.
L’ex consigliere si era recato a Durham durante il blocco, quando le regole del Governo imponevano alle persone di rimanere a casa per salvare vite umane. L’episodio non era affatto passato inosservato, alimentando malumori tra la popolazione e nello stesso Governo.
Ora, l’uscita di scena di Cummings è diventata ufficiale. Il focus resta su due punti: la capacità di Johnson di cambiare il tiro sull’agenda politica, cercando di avanzare nella popolarità in netto calo e i negoziati Brexit.
Cosa cambia per la Brexit con le dimissioni di Cummings?
Ora che il più intransigente sostenitore della Brexit dura ha lasciato il suo incarico di consigliere, molti analisti prevedono un cambio di rotta nella strategia del Regno Unito con l’Unione Europea.
Lo stallo dei negoziati e l’avvicinarsi della data di dicembre per la transizione stanno deteriorando le prospettive già deboli dell’economia britannica. Una linea più accomodante con l’UE potrebbe essere un vantaggio e sortire in un accordo cruciale per le controversie commerciali.
Inoltre, l’elezione di Biden, determinato a difendere la posizione dell’Irlanda del Nord da qualsiasi tentativo di rompere gli accordi in vigore da parte del Regno Unito, potrebbe stimolare ancora di più Johnson a cercare l’intesa.
Tuttavia, alcuni ministri temono che il Regno Unito perderà il suo vantaggio con l’UE e che un’amministrazione già moribonda andrà semplicemente alla deriva senza il dinamico Cummings.
Il momento è rischioso per Johnson. Con l’ex collega Lee Cain, assistente di lunga data del premier, Johnson e Cummings hanno formato il trio che ha preso molte delle decisioni politiche più delicate al Governo. Entrambi ora non ci sono più e alcuni conservatori temono che il vuoto lascerà il premier senza un vero obiettivo. Anche per la Brexit.
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