Cosa fare in caso di mancato riconoscimento dell’invalidità civile (oppure per una percentuale d’invalidità inferiore alle attese): l’unica possibilità è il ricorso giurisdizionale.
Nel caso dell’invalidità non riconosciuta è possibile fare ricorso: bisogna fare però una distinzione tra ricorso giurisdizionale e ricorso amministrativo, in quanto per la mancata invalidità solo uno di questi è possibile.
Come noto, per essere riconosciuti come invalidi civili è necessario sottoporsi a un controllo da parte di una commissione medica incaricata dall’Inps.
L’Istituto descrive gli invalidi civili come quei “cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo [...] che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età”.
Serve appunto che durante la visita venga riconosciuta sia la patologia invalidante che la percentuale di riduzione permanente della capacità lavorativa. È possibile, dunque, che al termine della visita non ci sia il riconoscimento dell’invalidità civile (caso possibile specialmente nell’ambito delle malattie rare), o comunque che la percentuale riconosciuta sia inferiore alle aspettative.
Cosa fare in tal caso? Il ricorso è una possibilità.
Ricorso amministrativo per invalidità non riconosciuta: facciamo chiarezza
Nel caso in cui la commissione medica non riconosca una percentuale d’invalidità che vi soddisfa non potete fare ricorso amministrativo.
Questo è una possibilità nel caso di assegno d’invalidità non riconosciuto. Il ricorso amministrativo, infatti, può essere ammesso esclusivamente contro un provvedimento di rigetto o revoca di un beneficio economico.
Quindi, qualora l’invalidità sia già stata riconosciuta ma l’Inps non vi conceda il diritto all’assegno mensile (ad esempio per la mancanza del requisito reddituale, oppure per la cittadinanza) allora sarà possibile presentare il ricorso di tipo amministrativo. Questo, dunque, è una possibilità solo quando il provvedimento non attiene a requisiti di tipo sanitari.
In tal caso è anche più semplice presentare il ricorso. Esiste, infatti, una procedura direttamente sul sito dell’Inps (nell’area servizi del portale trovate la voce “Ricorsi online”), alla quale possono accedere i cittadini in possesso di PIN o SPID. Qui, questi possono fare ricorso presentando la documentazione necessaria per far valere le proprie motivazioni.
In alternativa è possibile presentare ricorso amministrativo tramite gli enti di patronato, o comunque avvalendosi del supporto degli altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Istituto.
Ricorso giurisdizionale per mancato riconoscimento dell’invalidità
Nel caso del mancato riconoscimento dell’invalidità da parte della commissione, dunque, l’unica possibilità è quella del ricorso davanti al giudice. Sia nel caso d’invalidità non riconosciuta, come pure per percentuale inferiore alle attese, il verbale della commissione può essere impugnato entro 6 mesi dalla notifica.
Prima di presentare ricorso giurisdizionale, vista la complessità della procedura, conviene però accertare se ne sussistono i presupposti. Conviene, quindi, rivolgersi a un avvocato, il quale ad esempio verificherà se la vostra patologia dia diritto all’esenzione per malattia rara o cronica, prima di decidere se ricorrere contro il mancato riconoscimento da parte della commissione.
E ancora, sarebbe opportuno, anche prima di recarsi da un legale, raccogliere quanta più possibile documentazione scientifica sulla vostra patologia.
A questo punto potete presentare ricorso di tipo giurisdizionale entro 6 mesi dal provvedimento. Al termine dei 6 mesi il ricorso sarà inammissibile: l’unica possibilità sarà allora quella di presentare una nuova domanda di riconoscimento dell’invalidità.
Il primo passo - richiesto per tutte quelle controversie in cui si fanno valere diritti in materia di invalidità civile - è quello di proporre al giudice l’istanza di accertamento tecnico preventivo per la verifica preliminare delle condizioni sanitarie del soggetto al fine di valutare la legittimità della pretesa.
La richiesta va effettuata dal cittadino che impugna il verbale della commissione sanitaria e per farlo è necessario rivolgersi a un avvocato (esperto preferibilmente in materia di diritto previdenziale).
A questo punto, il giudice nomina un consulente tecnico d’ufficio che si occuperà dell’accertamento; questo verrà assistito da un medico legale dell’Inps nelle operazioni peritali.
Terminata questa fase di “consulenza tecnica”, il giudice fissa un termine entro il quale le parti devono dichiarare se intendono o meno contestarne le conclusioni. Questo termine non deve essere superiore ai 30 giorni.
Senza alcuna contestazione allora quanto stabilito dall’accertamento viene omologato e di conseguenza non è più né impugnabile né modificabile. In caso di contestazione, invece, il giudizio si apre con una prima fase di ricorso introduttivo.
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