Il Parlamento non senza polemiche ha approvato la riforma del MES: ecco cosa prevedono le modifiche licenziate dall’Eurogruppo ora ratificate anche da parte dell’Italia.
La riforma del MES ha superato la prova del Parlamento, ma non sono di certo mancate le tensioni con 13 deputati e 11 senatori del Movimento 5 Stelle che hanno votato contro, con la maggioranza che si è salvata anche grazie ad alcune assenze tra le fila di Forza Italia.
Grazie al disco verde da parte del Parlamento, Giuseppe Conte si può presentare così al Consiglio Europeo con il via libera dell’Italia alla ratifica, un particolare non da poco vista anche la complessa partita del Recovery Fund.
La risoluzione di maggioranza ha specificato il ruolo del Parlamento in sede di ratifica, accontentando così il Movimento 5 Stelle anche se alcuni irriducibili pentastellati hanno ugualmente votato contro.
Ma cosa prevede questa riforma del MES che da tempo sta spaccando la nostra politica? Vediamo quali sono le modifiche approvate dall’Eurogruppo e che ora sono state ratificate anche dal nostro Paese.
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La riforma del MES
Dopo le comunicazioni da parte di Giuseppe Conte, prima la Camera e poi il Senato hanno approvato la riforma del MES votando la risoluzione presentata dalla maggioranza.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità è una organizzazione internazionale con sede in Lussemburgo nata nel 2012, allo scopo di dare sostegno economico ai Paesi dell’Unione in difficoltà finanziaria grazie a una capacità di oltre 650 miliardi: chi richiede l’attivazione del Fondo, deve però sottostare a una serie di strette condizioni come accaduto nel caso della Grecia.
Lo scorso 30 novembre l’Eurogruppo ha approvato delle modifiche al MES che da tempo erano bloccate a causa della pandemia. Il Parlamento italiano così comequelli degli altri Stati membri, si è dovuto esprimere sul ratificare o meno questa riforma.
Il punto principale della riforma è quello del backstop comune nel Fondo unico di risoluzione per le banche, che invece dal 2024 verrebbe introdotto in maniera anticipata nel 2022. Si tratta di una sorta di paracadute che, grazie a risorse presenti nel MES, andrà a garantire l’operatività di banche in dissesto scoraggiando così eventuali speculazioni.
Una parte molto discussa è quella delle Clausole di azione collettiva sul debito (Cacs) esistenti dal 2013. In caso della presenza di una maggioranza qualificata dei creditori, in un unico voto e non come avviene oggi con un doppio voto che rende più facile la possibilità di bloccare una ristrutturazione del debito, un Paese può decidere di modificare i termini dei bond che ha emesso.
C’è poi la questione delle linee di credito che con la riforma verrebbero semplificate. Un Paese richiedente oltre alla già esistente verifica preliminare della sostenibilità del debito, dovrà così superare anche la verifica della capacità di ripagare il prestito.
In quest’ottica il dibattito molto si basa sul chi dovrà fare queste valutazioni: per i critici tutto sarà in mano ai tecnici che compongono il MES, mentre i sostenitori della riforma affermano che alla Commissione Europea rimarrebbero sempre i compiti di sorveglianza e verifica.
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